:: Claudio Di Scalzo: Giovanni Boine cerca la sua tomba

 
Foto Fabio Nardi 

 

 

 

Claudio Di Scalzo

BOINE CERCA LA SUA TOMBA NEL CIMITERO DI PORTO MAURIZIO

(16 maggio 2017, centenario della sua morte)
 

Signora tomba senza lapide senza nome senza volto avrei una cortesia grande da chiederle. Mi sembra lei sia la più adatta ad aiutarmi. Vago da ore nel cimitero e non so più trovare la mia tomba. A volte quando mi assento poi le gambe vanno dove pare a loro e un emisfero cerebrale o quel che ne resta mantiene una certa logica per tenermi eretto, stiamo molto sdraiati noi morti lo sa per certo signore o signora senza lapide senza nome senza volto, e l’altro emisfero vaneggia cattiverie sul mondo che mi è dato di vedere e a volte, da non crederci, sulla futilità della letteratura. Me la prendo, in queste passeggiate senza costrutto nel cimitero ma a volte vado anche per la città e tra gli ulivi però ci soffro troppo a vedere il mare e le vele e le piante che ebbi amiche contorte e sofferenti che accolsero Cristo nel Getsemani con le loro olive che se schiacciate danno olio, qualcosa di buono, un po’ come a me non è accaduto, mi hanno schiacciato per amore o per astio verso la mia poesia, e ne è venuto fuori olio rancido, me la prendo, di sfuggita, pochi minuti neh, con i vizi dei letterati dei poeti dei critici dei giornalisti dei politici che s’affidano alla letteratura per rendere la propria vita inimitabile, vado sul sicuro, perché gli eredi di esaltati del nazionalismo o del socialismo scientifico ci saran pur’oggi vivi in giro, chissà quanti di questi mi stanno attorno in queste tombe, ma li scansavo da vivo figurarsi se vado a chiedere a loro come tornare alla mia tomba. Potrei chiedere a qualche mio lettore di un tempo o curatore o antologizzatore però mi danno il nervoso, sanno troppe cose, che manco mi sognavo scrivendo di accostare alle parole frantumate che buttavo giù tra un colpo di tosse e l’altro, son morto tisico sa Signora tomba senza lapide senza nome senza volto, e non è una passeggiata morire in questo modo fra l’altro solo come un cane, peggio! senza neppure una mano a lisciarti la collottola, dimenavo la coda dell’affetto perso dell’amore perso del bene perso sulle lenzuola ma nessuno mi vedeva, morente ammalato grave, quanto fossi buono, dolce, bisognoso di una sola carezza sola parola solo pensiero per me, che morivo innamorato dell’amore che non avevo mai vissuto fino in fondo, ma con queste ciarle le impedisco di aiutarmi e di rispondermi su dove in questo cimitero è la mia tomba, sa oggi è un giorno speciale per me, sembra siano passati cento anni da quando sono morto, e verranno a trovarmi almeno dei devoti del mio magistero che poi, eh eh, è un mistero parecchio nero, non ci ‘apisco nisba manco io, figurassi chi mi legge, ma la critia move le pulegge dell’interpretazione che mira farsi legge, e se sei morto di tutto questo che ti frega chi lo regge?, capisce Signora Tomba senza lapide senza nome senza volto che anche da morto sono un tipo scherzoso: plaudo e bastono, ma da morto soprattutto me stesso che fui fesso come un pesce lesso, ordunque, se l’ò divertia mediti su dove può essere il mio marmo con ceppo inutile del male contornato delle spine del Cristo, che lo scultore si sentì d’interpretare, e, veh, di tanti che han scritto di penna su di me questo scrittura di scalpello è quella che mi garba, quindi ora Signora tomba senza lapide senza nome senza volto si sarà fatta un’idea di dove sia il mio giaciglio o no? L’aiuto un poettino, c’è anche un cipresso accanto, e attraverso esso filtra la luce che io come fosse un telegrafo potrei trasmettere, nella ricorrenza che mi festeggia morto e vivo nella poesia, a chi m’avvicina che sento, potrei scoprire, in coppia, innamorati, di un amore che intuisco sulla terra e più in là che non finirà, e con la luce del mattino darei loro la mia benedizione e trasmetterei loro la maniera per superare litigi crudeltà fratture che, a me mi, lo so che non si dice a-me-mì però i poeti morti con la grammatica fan come gli torna comodo, mi tormentarono più della tosse e che inasprirono l’inutilità del ceppo sofferente sul mio petto; non ebbi un amore che durasse per sempre! Il poeta o lo scrittore pensa alla sua opera che duri per sempre invece di preoccuparsi di vivere sentimenti che non scadano come il latte!, che scemenza, vero? affidarsi alla fama letteraria, Signora tomba senza lapide senza nome senza volto, poi una volta morti per l’eternità ti giri i pollici nella solitudine, non hai chi attendere, chi ritrovare, e te ne stai a modellarti ancora una volta letterato a pensare ad amori che tragici andarono fino in fondo nel binomio amore e morte, da Giulietta e Romeo a Modigliani e Jeanne Hébuterne, che sono quelli che ho più cari anche per il tempo in cui vissero che fu il mio stesso, avessi avuto io una Jeanne figurati se non mi carezzava agonizzante o se mi lasciava solo come un cane tra le lenzuola a battere la coda sui colpi di tosse!, o sperso nelle mie scissioni tra Incuba e Realtà, ah Incuba è la mia madrina dei sogni terribili che facevo da vivo e anche ahimè da morto, ne ho trascritti nel retro del marmo della mia tomba un intero dizionario, sarebbe l’opera mia più preziosa, ci son tutti coloro che conobbi uomini edonne e anche quelli che avrei voltuto conoscere, è un perfetto inedito al sicuro, a chi mai verrebbe l’idea, neppure nel centenario l’avranno, di scoperchiare la mia lapide e leggere quanto vi ho scritto stando in ossea postura tanto per ingannare il tempo! Ma se può interessarle, se mi aiuta a tornare a casa, qualche volta vengo qui e le racconto di Incuba, sa l’ho vissuta e la rivivo nei luoghi più diversi, che le mie biografie non ricordano anche perché ho mantenuto il segreto: tipo Lucca o Monza o Padova o Marina di Pisa o Vicenza o L’Engadina ci sa che ci son stato? Nessuno, ci torno ahimè con Incuba, ma resisto, sa, perché da morti ogni dolore non ti sfracella come da vivo, si cauterizza in fretta, e poi forse centenario o non centenario non sono ancora in paradiso ma vivo anche da morto una qualche mia condanna infernale da scontare!, parliamoci chiaro Signora Tomba senza lapide senza nome senza volto anche questo mio mancato orientamento nel cimitero non mi sembra una santificazione bensì una condanna che spero transitoria da scontare!, comunque sia, e per tornare alla coppia dai colli lunghi, un livornese di mare ha avuto una fortuna in amore, seppur tragico e intriso di sofferenza, che uno di Porto Maurizio non ha avuto e l’ho cercato come una bestia e a volte come poeta ma non l’ho trovato, segno che non lo meritavo e Modigliani sì, a volte penso che m’abbia rovinato per trovarlo la troppa teoria anti-crociana che divulgai e le tiratere di Rinnovamento col Casati che poi pur’esso mi lascerà solo come uno stoccafisso morente!, tempo buttato a star coi colti! A portammi un brodo caldo a cambiammi le lenzuola erano gente che a malapena aveva la terza, e morto, non ho avuto tempo di ringraziare con qualche scritto, ma, non si sorprenda, per scappare da Incuba, anche ora, se ripenso a loro riesco a svicolare, mi amavano emi volevano bene nel modo adatto e non l’ho capito, o vovedé che non son ancora in Paradiso per questo! Lei Signora tomba senza lapide senza nome senza volto l’ha avuto un amore che poi nell’eternità stia con lei benedetto dal Cristo? È popolare o intellettuale? Non voglio impicciarmi della sua vita privata, per carità, è per smuoverla alla collaborazione verso me, ho una certa premura, di raggiungere la mia tomba, basta mi dica, il cimitero non è grande, lo sa benissimo: svolti a destra faccia trecento metri, ci son tombe dei suoi amici liguri curatori del malloppo inedito, e poi può vedere il suo marmo con volto, la foto mi rappresenta discretamente, il ceppo, le spine, il cipresso telegrafo d’amore assoluto,… si concentri e mi aiuti una buona volta!