:: Claudio Di Scalzo: Frammenti di critica su Giovanni Boine in progress |
Giovanni Boine illustra la sua ribelle estetica cds - 50 x 70
PREFAZIONE UMORISTICA Clikka Il disgusto di Giovanni Boine. raccontino per il centenario della morte il 16 maggio 2017 Giovanni Boine evocato ectoplasma per il cenetnario della morte il 16 maggio 2017
Claudio Di Scalzo
FRAMMENTI SU GIOVANNI BOINE DEL CRITICO COVATO POCO (per il centenario della morte il 16 maggio 2017 - Come un racconto ) Il “covato poco”, a Pisa, è un individuo che non ha maturità e logica per vivere come gli altri. Essendo stato covato poco nasce pulcino sgraziato. E così sarà come pollo o anitra o fagiano. Se applico a me stesso il “covato poco” in materia di critica letteraria diventa quanto leggerete. Insomma una maniera figurata per non sfigurare con la semplice affermazione che sono un “critico ignorante” che scrive a sproposito sopra un autore come Giovanni Boine. Meglio rivendicare il candore del covato poco... Questi “Frammenti covati poco” saranno in progress…
1 Giovanni Boine è un ribelle da provincia. Scarta di ramo in ramo come la cincia. Ha del pathos alato il perticone di Porto Maurizio. Il suo manto si forma linguisticamente in opposizione al costume ufficiale. Ribelle che conosce le marce indietro e gli slanci con passo più lungo della gamba che pure aveva chilometrica. Prassi dialettica tra ulivi e telline sgusciate sulla spiaggia. Ma dove porta questo saliscendi? 2 Intanto alla convinzione che l’esistenza con le sue cose animali persone non sia un reale adatto a nidificare nel pensiero e che soprattutto l’estetica possa descriverlo. Ah Boine Giovanin! ma del reale ti cale non ti cale? Gli chiede la cincia! E anche parecchi amici sull’altalena del crocianesimo e dell’anti-crocianesimo! E lui a rispondere con i baffi elettrici: il reale brava gente è una parvenza in noi di forze contraddittorie che se le danno spesso di santa ragione. 3 Se strizzi il limone e ne bevi il succo ti si “allighiscono”, Boine a volte parla pisano chissà perché!, ma se lo spargi sulle fragole col limone ti godi l’insieme! Che ne ricaviamo Giovanni da questo esempio ristoratore? Ne traiamo la scoperta, e s’aggiusta il nodo alla cravatta, che ogni invenzione di forme sono sforzi sterili della volontà e dell’immaginazione se non si amalgama il tutto. S’aggroviglia l’apparentemente non aggrovigliabile. Chi avrà scoperto che sulle fragole il limone ci sta d’incanto se, in più, spargiamo qualche granello di zucchero sull’acre. Ma il SINGOLO è ovvio! Pertanto colti amici che state qui ad ascoltarmi come un bravo pasticcere io scrivo sul mio quaderno la scoperta sennò me la scordo. 4 Come ad ogni artista a me, Giovanni Boine di Porto Maurizio con la letteratura come sfizio, affermo che coscientemente non mi resta che esprimere me stesso. Questo e nient’altro. Avete inteso? Caspita siete duri come le pigne verdi, ma a PIsa si dice pine, posso esprimere soltanto la simultaneità della mia vita interiore parecchio variabile. Avete inteso ora? Bravi! Anch’io mi sono inteso. 5 La critica letteraria è un giochetto di reazioni. Una posizione contro l’altra. Di una personalità contro l’altra. Non c’è colloquio possibile. Ognuno dietro alla sua bandiera. Intanto però l’opera d’arte in pittura o scritta vive la sua solitudine perché non è possibile rappresentarla al pensiero in sintesi o con dimostrazioni formali ineccepibili come il succo di limone con granelli di zucchero sulle fragole! Insomma gente! il sentimento è un accidente della simultaneità dell’essere mio come il vostro, non certo della cincia sul ramo!, e ciò esclude ogni concretezza di formalità espressiva. Da insegnare. Da divulgare. Da formarci una scuola metti poetica o del romanzo o della pittura. Personalità queste che stanno assieme per riverenze editoriali, non accettata solitudine, possibili carriere, interessi con gallerie e aule universitarie… ma la concretezza estetica proposta è un’idiozia. Buona per esercitare qualche dominio. Cosa che fanno tutti i miei amici con le riviste del resto! io no... io non lo farò mai. E morirò spiumato peggio d'una cincia o impallinato. Si! cari amici! impallinato e quel ch'è peggio da chi dice di volermi bene o d'amarmi. Vedrete. Perché m'accadrà questo?... ma perché le dosi di fragole limone zuccherò non le rivelerò a nessuno. Tutti ridono e Boine pure. (CCP l'11 maggio 2017)
Claudio Di Scalzo
GIOVANNI BOINE MUORE RACCONTO POLIFONICO
LA MORTE COME NECESSITÀ PER L’ASSOLUTO
(Nei tempi della Rivoluzione Digitale)
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"Giovanni Boine muore" nel racconto polifonico vive perché il tempo, come scriveva Agostino (Confessioni, Libro XI) non esiste. Quindi date del personaggio Boine, del Boine autore dentro nascita e morte, possono aprire capitoli poematici-narrativi con assoluta libertà garantita dalla Rivoluzione Digitale. Però in questo caso sfruttata in modo rivoluzionario. Lo strumento di produzione basato su tecnologie informatiche pone centrale il fattore corpo e il fattore spazio rendendo il narratore (a volte lui stesso personaggio) il primo spett-attore della vicenda.
L’agonia in questo teatro poematico viene proposta sul piano cristiano per accostare chi legge-vede a una vicenda che pure lui riguarda. La Morte.
Soggetto fondante è il corpo umano in questo caso di Giovanni Boine che si spoglia d’ogni orpello letterario aiutato in questo dalla malattia mortale detta Tisi e da vicende sentimentali che lo hanno “martirizzato” mentre lui stesso martirizzava.
MALATTIA MORTALE e AMORE CHE PORTA MORTE i poli dialettici di “GIOVANNI BOINE MUORE NEL MAGGIO 1917"
Conoscere, entrare detto meglio, nel corpo attraverso i sensi telematici e poi della tradizione novecentesca (con le sue estetiche molteplici: dal Fumetto all’Espressionismo alla Body art alla Narrative Photo, questo l’andamento delle immagini nel libro transmoderno “Giovanni Boine Muore-16 MAGGIO 1917”) e della tradizione duemila: Post-Umano Post-Ideologico, consente la rappresentazione di un mondo poetico-biografico (quello di Boine ma anche quello di chi organizza il libro) come simulacro dove sia possibile, per il lettore e ancora per gli evocati personaggi, sperimentare una vita parallela. Romanzesca. Dove l’agito, il sentito, il conosciuto-negato, la narrazione sia figurativa-scritta vive un’altra pienezza sensoriale. Proprio quando sul palco del racconto “Giovanni Boine” c’è la Morte.
Giovanni Boine appare e scompare, si moltiplica, si riassume, in una ALLUCINAZIONE grafica PRESA IN PAROLA e PER IL COLLO BIOGRAFICO che rivela la molteplicità dell’esistente in amore e arti per proporre reale approdo, immodificabile, assoluto che è la Morte dell’autore e del poeta che beffati nel non aver raggiunto l’assoluto sono travolti dagli eventi. Eraclito del tutto scorre anche nella telematica-vita vince su Parmenide. Su quanto è immutabile. Sacro. Perché l’assoluto in Amore e in Poesia, che Giovanni Boine cercò - e chi ne racconta l'agonia di questo riceve lezione, e ciò si impegna a perseguire - necessita semplicemente della MORTE. Solo allora, varcando la Morte, chi cerca l'Assoluto può trovarlo. Viverlo. Non perderlo. Nella gioia finalmente che non verrà più insediata da quanto scade - scadenza anche nei linguaggi che l'assoluto custodirono - si perde, si rivela illusione. (Critico Covato Poco 14 maggio 2017)
...CONTINUA
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