:: Fabio Nardi scrive a Karoline sul Buon Ladrone, su se stesso, su Boine - KK risponde - Fabio Nardi il 23 giugno col salmo 102 ricorda a KK che "tutto può essere perdonato"; rammenta la maestra che volle umiliarlo e come sia più sereno a non scrivere né fotografare più - La Resurrezione di Giovanni Boine, II, di Karoline Knabberchen, 1983 |
Karoline mia, quando siamo andati a visitare la Tomba di Boine, nel cimitero di Porto Maurizio, mentre mi dicevi che la luce del mattino tra le fronde, del cipresso, era la parola del poeta per te, e io subito ho aggiunto che era anche per me!, anche se ammetto che sei più metafisica e mistica di quanto possa esserlo io per capire cosa accade oltre il reale oltre l’alfabeto solito con cui ci avviciniamo alle cose allo spirito, ho pensato, e ora non mi sembra più tanto strano, a quanto mi disse la maestra alle elementari dandomi una punizione esemplare con sospensione scolastica. E poi ho immaginato che Giovanni Boine negli ultimi giorni della sua vita, mentre moriva, avesse letto il Vangelo di Luca dove viene narrata la vicenda del Buon Ladrone. So già che a questo punto tu mi penserai con affetto. Che cosa aveva combinato il mio Fabio per essere punito così tanto? E questo me lo domanderai appena tornata a Vecchiano. Una monelleria cattiva che ora più non ricordo. Però, adesso tu, come se ti vedessi, posando la lettera, con la tua sensibilità un po’ visionaria, ti chiedi con che parole la maestra avesse giustificato verso me tanta severità. Te lo sei chiesto? Presi la mia cartella, vi infilai quaderno e sussidiario, e penna stilografica e astuccio delle matite, e stravolto dal dolore, ma senza chinare il capo, uscii di classe. Seguito dallo sguardo verde cupo della maestra che col braccio e col dito m’indicava la porta. Chissà perché ho pensato che Giovanni Boine custodisse nei suoi ultimi giorni questo episodio del Vangelo. Ma al di là di quanto la psicologia in me mi ridà frammento d’esistenza dolorante, Boine, son convinto, in questo dramma sul Golgota cercava la salvezza. Essendo stato un ladrone nei sentimenti e spesso maldestro e creante dolore in amore, seppure ricevendone di fitte!, lui per questa sua “ladroneria” riconosciuta nel dolore agonico del maggio, voleva sperare che Cristo avendo lui riconosciuto i suoi errori la sua colpa, potesse salvarsi! Io, Karoline mia, ero un bambino e non un uomo fatto con la tisi, però l’atto della maestra seppi che mi aveva fatto ammalare; troppo alto il dolore e sopportare che la mia colpa non fosse redimibile. Allora corsi e credo d’aver sparso nel vento forte quel giorno nella via, lacrime, da Don Gino Barzacchini. Il parroco che mi accoglieva chierichetto anche se ero un terribile monello e cattivo. E per il quale anni dopo alle medie avrei scritto, come sai, “Il Posatore di Croci” (dal "Canzoniere di Karoline Knabberchen", pubblicato sull'annuario Tellus, con il titolo "Manuale cattolico", nel 2007 ndc), l’antologia di poesie religiose incentrata sulla preghiera del Credo. Suonai il campanello all’impazzata. E lui mi aprì. Capì subito che ero sconvolto e devastato nel mio piccolo cuore. Un cuoraccio. Mi fece sedere, mi diede un bicchiere d’acqua e ci aggiunse l’idrolitina, sapeva che mi piaceva, poi mi fece sedere sul divano e mi disse, Fabio raccontami cosa ti fa stare tanto male! E io gli raccontai l’episodio e la sospensione e anche la cattiveria compiuta. E le parole della maestra che mi ricordavo perché ormai incise nel mio collo sussultante. “Devi farti una ragione del fatto che non tutto ti viene perdonato così come se nulla fosse!” Stavo col capo chino e con le mani tra le gambe. Sentii la sua carezza sulla testa scarmigliata sui riccioli. Mi disse, ora leggiamo assieme, l’episodio del Buon Ladrone dal Vangelo secondo Luca. Karoline mia te lo trascrivo. Finita la lettura, Don Gino mi sollevò il mento, e aggiunse: Fabio, piccolo chierichetto peccatore, hai inteso? Io avevo inteso vagamente ma volevo mi parlasse ancora. E dissi che non tutto mi era chiaro! Lui prosegui dicendo che la maestra non era stata misericordiosa, forse troppo ligia alla severità del regolamento; e che se Gesù scoprendo un cuore buono nel carbone dell’esistenza del ladrone lo perdona, secondo lui, anche un bambino come me poteva essere perdonato. Che tutto se il cuore poi è buono può essere perdonato. Questa è la Parola di Cristo caro Fabio. E credo valga più di quella della tua maestra con tutto il rispetto. Poi io, che ti conosco, che so del tuo cuore, che sono il tuo confessore, io ora ti perdono, tutto!, e assolvo il tuo peccato. E ora vai, dopo che ti sei tranquillizzato, a casa, dai tuoi genitori. Ci parlerò io perché siano comprensivi anche se conoscendoli so che lo saranno; nei giorni della sospensione starai con me in chiesa abbiamo tanti lavori da fare e alcune letture da approfondire insieme. La lettera a questo punto è diventata lunghissima Karoline. Me ne rendo conto. Ma spero tu capirai il mio stato di dolore a ricordare quell’episodio. E anche a pensare al dolore del nostro poeta Giovanni Boine a cui non perdonarono nulla di quanto aveva commesso. Chi diceva di amarlo! Sono stato scemo a fare questo accostamento amore mio? Pensi che la luce di Boine alla sua tomba perché ho sofferto da bambino a scuola sia un po’ anche per me? Spero la tua risposta sia postitiva. So che stai scrivendo un poema che chiamerai (clikka) "La Resurrezione di Boine". Che mi leggerai. Spero possa aiutarti nella tua fatica così. Tuo Fabio Nardi
Casa di Fabio Nardi a Vecchiano
KAROLINE KNABBERCHEN RISPONDE A FABIO CON LE SUE LACRIME Mio amore, mio monello che fosti bambino, mio uomo di ora,… ti stringo a me in tutte e due le date. Questa mia lettera non sarà estesa come scrittura ma lo è vasta, immensa, se oltre la grafia della penna tu noti sulla carta l’impronta delle mie lacrime. Sono state tante e dolcissime per te, mio Ladrone Fabio. Ti bacio e ti bacio e ti bacio e piango, e ringrazio il Signore Cristo di averci fatto incontrare. Queste lacrime le dono anche a Giovanni Boine. Perché anche lui, come mi riveli, era un po’ Ladrone. Scrivere assieme a te, inventare il nostro gioco nei segni nelle immagini, è il dono più alto a cui potessi ambire. Se mi sei accanto io scrivo se non ci sei non lo faccio! E so che per te è lo stesso! - Possa questa lettera stanotte darti un sonno lieto prima che ti raggiunga per abbracciarti a Vecchiano. Tua Karoline Knabberchen Ranocchietta
Mia Ranocchietta Karoline, oggi sono entrato nella Chiesa di Sant’Alessandro a Vecchiano. Mi sono fatto il segno della Croce con l’Acqua Santa e poi ho notato il libro aperto sul leggio. Mi avvicino. C’è la Liturgia per il 23 giugno 2017. Dal Deuteronomio. Salmo 102. Salmo responsoriale. L'AMORE DEL SIGNORE È PER SEMPRE Benedici il Signore, anima mia,
Mi s’è accelerato, Karoline mia, il battito cardiaco. Il Salmo dice che “L’AMORE DEL SIGNORE È PER SEMPRE” – Ecco dove posa il nostro “per sempre"! Sulle letture di me Chierichetto con Don Gino. Sulle tue nella chiesa protestante di Guarda. Ripenso ancora una volta alla maestra che tanto mi ferì,"Fabio Nardi! devi farti una ragione del fatto che non tutto ti viene perdonato così come se nulla fosse!"; trovo ancora quelle lontane parole di una volgarità e superficialità inaudite! Perché mi fece del male senza starci a pensare due volte! Bastò infatti buttare fuori dalla classe il "cattivo". Non averlo più intorno. Sospenderlo. E continuare il dialogo e il programma con chi restava nel gruppo. A ripensarci, fu lei a continuare a spiegare la poesia e l'italiano "come se nulla fosse accaduto". Del resto con me hanno sempre agito così. Che lo facesse la giovanissima maestra, a cui mi sentivo tanto legato!, non me lo sarei mai aspettato. Ma accadde. E a distanza di 55 anni ancora mi ferisco a ricordarlo! Perché fu violenza a freddo verso il mio candore la mia innocenza. La maestra sapeva, glielo avevo confidato, con ogni titubanza, quando mi coinvolgesse, fino a picchiare le nocche delle dita sul muro per punirmi, la possibilità che alcuni miei peccati fossero irredimibili. Sapeva! e lo stesso agì in quella maniera. E subii una delle violenze più grandi di tutta la mia vita. Perché amavo quella maestra. Don Gino però conosceva bene il SALMO 102! Ecco perché mi diede il perdono, mi accolse consolandomi e con l’idrolitina. Ora torno dall’Elvira, Karoline, è tornata bambina impaurita, e curarla e stare con lei, accompagnarla nei ricoveri in ospedale, senza più occuparmi né di scrivere né di fotografare mi rende sereno. Tanto ho già scritto e disegnato fotografato abbastanza per te, amore, mio, e sono convinto che a te il Canzoniere basta e avanza. Ti Amo e sarà per sempre
Tomba di Giovanni Boine - Luce traversa il cipresso Primavera 1983 - Porto Maurizio Karoline Knabberchen e Fabio Nardi Karoline Knabberchen LA RESURREZIONE DI BOINE – CIPRESSO TRASMETTE (1983) (dal Libro transmoderno Giovanni Boine Muore-maggio 1917)
La resurrezione di Giovanni Boine, giunta alla sua tomba, la concepisco in forma di sacra anamnesi. Io domando nel suo silenzio, nella luce che mi viene dal cipresso a certe ore, le sue risposte. Che pure a ritroso gli faccio per la sua agonia solitaria di tisico. Cerco su questo marmo e cosa lo valica: Speranza. C’è in questo poeta una delle mie origini e la fine del mio tempo terrestre, e se voglio fuggire quanto mi attende, che mi imporrebbe l’incomprensione sul mio viaggio, devo scrivere sui tempi della fine, che è mia e degli esseri viventi, perché avendo dissacrato la morte abbiamo dissacrato la fine seria del mondo. Rendendo fatuo e superficiale il dolore la malattia la morte. Le apocalissi che abbiamo attorno nella storia nella geografia delle idee non vi ravvisiamo più alcun intervento divino. Boine invece ha vissuto la sua apocalisse da camera dialogando col sacro. Io Karoline Knabberchen sono qui per racimolare quanto s’elevò di utopia religiosa nella morte del poeta quanto da essa può risorgere.
Tra le croci s’alza in spazi di spersa luce rada Muta trina di muschio – sono cosa divisa Sono ancora io attesa dove stare già posso –
Resurrezione come crepa nell’immaginario che il reale detta, in quella credenza che l’occidente chiama poesia, ma che è un paradosso irrisolvibile perché sfugge il sacro e non sa definirsi senza farvi ritorno. La fede non è un effetto del linguaggio bensì l’utopia possibile che Santità e Anarchia si reggano a vicenda. Il ceppo inspiegabile del Male troverà dove ardere. Sento questa illusione cimiteriale come se stessi scolpendo il suono. Non più semplice accordo bensì ampliamento sonoro del vissuto oltre la morte che ritorna vissuto altrove, ampliamento temporale, auscultando il petto malato di Boine morto, il mio da viva ma ammalato, anch’esso per trovare l’assoluta interiorità. Il modo con cui nasce la parola poetica sacra coincide con la maniera con la quale essa si svolge nella sua durata. Io qui oggi e nell’inconsumabile amore del rito che tiene in sé ogni principio etico perché bagnato col sangue dolorante di Cristo, col dolore mortale del poeta, con la mia sofferenza per il paradiso perduto dell’amore assoluto. Dove ci si ammala a non averne scaglia terrestre.
Divora lapidi quanto geme verso l’alto Compianto nocciolo di calore Ove indugia il pari e dispari della ferita
FINE |