:: Claudio Di Scalzo: Giovanni Boine TU proprio TU nel gioco dei dadi vieppiĆ¹. Con ricordo della Robert Ford nel dicembre 2017. |
BOINE TU PROPRIO NEL GIOCO DEI DADI VIEPPIÙ + IO-MIO FORMAGGINO MEZZA DISDETTA DESTINO GIOCANTI OGNUN CONVINTO DADI DOPPIO RITRATTO DIPINTO. DA “LA STORTA VITA. DIALOGO SULLA TOMBA DI GIOVANNI BOINE”. PER IL CENTENARIO DELLA MORTE 16 MAGGIO 2017
Quest'interezza che cigli-cigliata pupilla dilatata; e mi rassodi, nel Porto Maurizio, tutt'anse in geroglifica memoria. Con stecco nell’acqua a ripa: l’arrotondi dipoi l'accovacci cencio zuppo di parola. Cos’hai in gola Giovanni? Istessa gora di Keats a Roma. Morte pomona. Neh! Propongo scherzo macabro-scabro sul labbro glabro dell’eternità. Rime col TU proprio tu come da rimata canzonetta per Sanremo. A me l’Io-formaggino mio da spalmare senza fretta sulla tomba come fetta! A te sguardo-prigione, a me istinto di liberazione: Nodoso groviglio d'illuminazione. Anche col sublime come solleone in Porto et Imperia. Diamo il via allo svolgimento in FranGrumi. Corto circuito senza sapé ove sarà ito. Gracida vento: son di pezza contento: m'attorciglio attorno al tuo nome con rimate-ritmate moine. Muta tomba-tua, ci danzo osseo pranzo fischiate tibie. Fermenti disapprovazione. Dalle verdi colline ulivate ulivaia snocciolata mattina scalza gaia; gli ossigenati spazi-presto-riverbero di gioia; gioioso anelito bimbo-parola. Morirà presto il giovanotto cresciuto lungo-magro? Ecco plana la vertigine: si gira: rimpolpa rumore-rumorino-sasso fino dell’ore: il salto-dissoluzione. Gioco di dadi vale poco. Giallo Celeste Rosso Verde Rosa. Rotolano senza posa. Fermi sul cinque. Poesia frantumata cinque sensi perde mai vince. Tu che con me dialoghi a ciò ci pensi? O il ritratto in-dadato è sol morto-datato? Biche come sure distinte-incatenate finte nel catarro disciplinate; febbri inforcano inferno intercalato sterno; il male è infermo, la santità radice vana. Sol così Musa m’incanta abbandonandomi di sanapianta. Esto ir muro mi dice. Crudo scolo. Crudità febbrante mèlici abbandoni: esto nel notturno doni. Fòri dalla tana polmone t'inoltri ner mi’ nome. Scambiamoci tossente trombone: scandisce pagliaccesco accesso. Dove? Lo sai! Dei due son io il fesso! Ridacchio sulle spine malmesso. Le mordacchio. Di soprannome fo Accio. Rivoli dallo sguardo scapicollar d'asciutte lacrime ‘ome rime sanza niuna gioia dar. Tutta secca corteccia che m'avvolge: crescono in filari vanenti soluzioni: l'occhio spilla cielo. Sulla capocchia dello spillo reggo la filosofia che mi’ mastica. Sismici sistemi della fede rantoli di buio-scoli; Cof cof coff calati voli. S'ammolla voce nel girovago laudare. Fuor dalla storia s'ammala il tempo; dentro, si tramuta-starnuta in tormento. Muta temporalità m’annusa mi rifiuta in scorciato calendario a me si dà. Diario paga Diaria. A me-mi manca l’aria. Tossisco sul mio sesso moscio un tempo ritto-vispo. Quando, dalla chiesa in Oneglia, ebbro-ozioso pieghi al mare, è tutt'intorno molle frusciare d'ulivi; per forza di scorza ci son ulive; come quando carezzi col baffo-velluto col ruvido ciglio dei baffi la carne rosa del collo. Vedute dai vari nomi che ti presto-regalo. In me saran presto morti Segui il sentiero con argine dell'alveo notturno. Si sfa neo dolce intorno la sera: sovra solido corpo delle mitologie. Io mogio lor vive cogli sputi le pive nel sacco che mi dà scacco! I rospi, vedrai, gonfi limacciose voci di fantasmi; gracidare lento-ansioso gorgogl’io d'agonia a notte. Bel tempo senza tisi si spera. Son abbastanza gotico? Son bastante nel tragico-commedia? Son scemo come un remo nel mar umorismo nero? Ma poi lampeggia improvviso in guizzo, s'adagia nella coscienza in bigio scodinzolare: affanno di fedele amico frantumato dai terrazzamenti d'ulivi giù giù lo senti abbaiare. Tu Dio menti io senza redenzione nei tormenti. Rima stolta la portan via i venti. Le biciclette i livornesi. ‘Onosco ‘ome senti la ghigna batter denti dei proverbi pisani. Dio… nel guazzabuglo di tèpida verità, è luglio epperciò sfarfuglio catarro, ti vedo danzare! Nel profetico sudore mistamore: calcagno batti nome intento della resistenza al dolor-spavento! Plaudo silenzioso gemito: mossa dell’anca-sangue ai capei spine coronati! La pingue danza in tutte le lingue giunge a tutti i nati. Scodinzola il cane della solitudine: gratta pulci di misticismo in elenco. Ad esso rovesciato mi tengo. E giù giù pel capicollar d'ulivi, giù tra ciuffi di misticanza il rotto passo affann’ultimo avanza; passo rotto di rotti sistemi formule logiche invertebrate, giù giù al frantoio dell'animo-anime dirette. L’io il Tu-tù il Voi-Ohi rivevon patetiche disdette.
POSTFAZIONE
Quanto in esergo pubblicato è parte di una complessa opera progettata, e mai presentata, a Imperia, per il CENTENARIO DELLA MORTE DI GIOVANNI BOINE il 16 Maggio 2017. Parola in vari generi. Pittura. Fotografia. Il tutto custodito sulle vele dell’OLANDESE VOLANTE nelle sue stive e nel weblog GIOVANNI BOINE da me curato. Con a lato i DISCORSI MILITARI (da me traversati in maniera transmoderna) e scritti semi-inediti ripresi da giornali dell’epoca mai più ristampati editi dalla Fondazione del Museo Trentino. A lato di quanto pubblicai sulla rivista di carta TELLUS (1989) e poi on line TELLUSfolio TELLUSfoglio (2005) OLANDESE VOLANTE c’è quanto scrisse KAROLINE KNABBERCHEN (1959-1984) in LA RESURREZIONE DI GIOVANNI BOINE
nel 1983 e il viaggio, ancora alla tomba di Boine, con SARA ESSERINO/CARDELLINO a Imperia il 29 Marzo 2011. In esergo rimandi a Karoline Knabberchen che scrisse “LA RESURREZIONE DI GIOVANNI BOINE” (inedita) e a Sara Esserino con me ad Imperia, Cimitero di Porto Maurizio, nel marzo 2011 mentre scrivevo “LA STORTA VITA DI GIOVANNI BOINE. MONOLOGO SULLA TOMBA (rimasta inedita)”. |