:: Claudio Di Scalzo: Confessione natalizia sul soprannome di Accio. A Sara nel dicembre 2024 |
-Claudio me lo fai un regalo in questo Natale 2024? -Dipende da quanto mi 'osta, Cardellino. -Ah ecco che sei già sulla difensiva. Ti garantisco che te la cavi senza spendere un euro con un racconto breve confidenziale. Vorrei scoprire come s’è generato il tuo soprannome… Accio. -Ci sono nato! Fine del racconto! -Dai Claudio… ti prego. Non vuoi accontentare la tua Sara? Sii buono… è Natale fra poco. -Mi tocca, Cardellino, tirà fili che non portino siuramente buonumore. Come vuoi sappia il perché del soprannome?!… -Lo sai… se non lo riveli a me a chi altra? Sono convinta che Fabio Nardi confidò a Karoline Knabberchen come chiamavano fin da piccolo Claudio Di Scalzo. -Sì,… Karoline seppe. Racconterò anche a te quello che so. Su Accio. -Ti ascolto. Accanto al grande camino acceso stiamo come una coppia a fine ottocento. Con me, Claudio, puoi vivere atmosfere raccontate dai tuoi amati scrittori toscani. -Che non legge più nessuno! Avessi un briciolo del loro talento perlomeno. La storia l'è esta, Sara. Almeno 'osì potrebbe esse andata. Siccome nacqui di sette mesi per l’Immacolata dalla Nada, e per poo non moio, proprio qui al primo piano duve c’era il ‘amino per riscardà l’ambiente, nonna Messinella disse che potevo entrà, tant’ero piccino, in una scatola di scarpe; e Lalo mi pa’ aggiunse che sembravo un “conigliolo spellato”. A sapé doppo este definizioni ce n’era già abbastanza per avé compriazioni freudiane nel freddo, o no? Di siuro venne usata reale crudezza proletaria al diminutivo. Che stava nella lessicologia pisana. Nella parola che materialismo cola. ‘Ara la mi’ Sara che sgrani l’occhi belli. Devo continua?! Vo avanti. E arìvo a scola. Con la maestra Bertoni. Corpulenta e severa. Che seondo ir mi’ babbo Libertario era una reazionaria di prima categoria. Entravamo nella classe in fila per due in piedi la salutavamo dietro alla cattedra col sonante "Bongiornomaestra"! Qualche decennio prima aggiungeva Lalo i Balilla facevino il saluto al Duce: "Canta il gallo Mussolini monta a cavallo," e la Bertoni stava a braccio teso. Li rionosco al volo fascisti e fasciste oggi camuffati nella Diccì o espriciti nel Misse! Un giorno la maestra, dato ch’ero parecchio vivace in classe, e beccavo bacchettate sulle dita stese sul banco, che a mi-pà non lo dicevo sennò avrebbe fatto quarche sfracello; mi disse guardandomi e leggendo “Malpelo, un monellaccio che nessuno avrebbe voluto vederselo davanti” che pur’io era un “Monellaccio”; e proseguì: “Malpelo faceva un visaccio” come te imbrattato di rena rossa Claudio Di Scalzo. Facendomi coraggio le risposi che non avevo capelli rossi che non avevo lentiggini né rena rossa addosso: “Si sbaglia signora maestra Bertoni”. Mi guardo con occhi carichi di cattiveria beffarda e aggiunse: “Lentiggini e rena Claudio ce l’hai addosso, perché tutti nella tua famiglia sono comunisti a parte tua nonna Messinella. Pertanto sei un monellaccio!”. I compagni risero! E diffusero lo spregiativo. Che divenne, penso, Sara, Accio. Lo seppero anche le bambine, allora in classi separate. Dove la maestra Bertoni mi spediva palmi esposti a far vedere le mani macchiate d’inchiostro: s’usava pennino e calamaio. Sentii qualcuna che disse: "È Accio… cosa vuoi aspettarti”. Chi arrossi abbassando lo sguardo e sorridendomi era la bambina che mi voleva bene. Era bellissima. Fui felice lo stesso seppure umiliato. E quasi mi sarei macchiato ancora per tornare. Rivedere quel sorriso complice che mi diceva vorrei aiutarti. Confusamente in quinta elementare capii che essere Accio mi rendeva un personaggio. L’episodio di Claudio battezzato “monellaccio” anche per la rena rossa lo raccontai, stavolta, a mio padre. Comprese le bacchettate sulle mani. Il giorno dopo entrò alle elementari di Vecchiano. Andò nell’ufficio del direttore e fece convocare la maestra Bertoni. Raccontò i fatti. Disse, e lo so a memoria Sara, perché più volte me l’ha raccontato andando col camion nella piana verso il mare a caricare il grano mietuto. Al mi’ figliolo, Claudio, è stato detto ch’à un brutto muso e rena rossa addosso ‘ome nel racconto dello scrittore Verga perché comunista come tutta la su’ famiglia. Allora ve lo dio, e lo fo una volta sola, so chi siete, direttore maestra maestri, siete ex fascisti, lo siete rimasti, nel M.S.I. o camuffati con la tessera della DC, e avete umiliato un bambino che più di tanto non si po’ difende. Troppo facile! Sappiate che dietro di lui c’è su pa’, Libertario di nome e di fatto; e sono un ex partigiano. Nel paese sanno e lo sapete anche voi ‘ome ‘o ‘ombattuto e battuto fascisti e nazisti. Stando rimpiattato in una tomba nel cimitero. Se ir mi’ bimbo viene ancora trattato com l’altro giorno ritorno a trovavvi e non sarò pacifìo ‘ome ora. Riordatevelo. Fa la quinta fra poi mesi à finito. La maestra non vedrà più ir su muso che non gradisce: che invece è bello come ello della Nada su mà ‘ome ir mio… e voi, con tutto rispetto, siete brutti ‘ome l’anima politìa che avete addosso. Quando un figliolo à un padre ‘osì è per sempre. Non lo si scorda. Sul camion mi disse che a lui il fascismo aveva imposto all’anagrafe che il suo nome fosse cassato perché registrato ‘ome Libertario; ho scelto il nome Lalo che avevo 'onosciuto a Marsiglia ascoltando un disco del compositore francese da amici emigrati per lavoro. La Sinfonia Spagnola. La musica non si può imprigionare, chiosò. E se ti chiamano Accio essine fiero come io lo sono di Lalo. Così da allora ho fatto, Cardellino. Ma devo ancora dirti che il soprannome Accio per alcuni all’oscuro dell’episodio scolastico venne dal fumetto che compariva sul "Monello" in edicola dove c’erano protagonisti CUORICINO, ch’era buono, e ACCIO ch’era dispettoso e cattivo. Non è escluso, poi, che a volte per i troppi dispetti monellerie disastri che combinavo, alcuni vicini avendo sentito il rimprovero ad alta voce della Nada verso di me che scappavo dagli scapaccioni che diceva: “Vai vai che tanto è meglio perditi che trovatti” si siano convinti che più Accio di così bambino non c’era. Ci furono altre risonanze, Sara,per me istruttive, dell’accaduto. La prima fu che Lalo mi informò che i locali dirigenti del PCI di Vecchiano e quello pisano gli avevano fatto sapere che certi “metodi” non era più il caso di usalli verso le istituzioni scolastiche democratiche. Che avrebbe dovuto usare carta e penna invece di profferire minacce. Che potevano configurare una denuncia ai carabinieri. Ma che per la loro intercessione ciò non era successo. Mio padre mi disse: “Hai capito Accio? Questi si definiscono comunisti! Adesso sono per la via parlamentare. Son ‘ontento di pensammi a favore di Trotskij ancora; e credo sia ner giusto anche se non mi ci intendo ner ‘omunismo anco ir tu’ zio Alvaro rimasto fedele a Stalin contro Kruscev. Probabile che il più furbo sia però ir tu’ zio Lenino, di Bordiga, che à fatto per sé l’accumulazione socialista, ‘ome ‘onferma la penna che t’à regalato. Io non è che ‘apissi tutto esto ‘omunismo in rena rossa diversa ma seppi che stavo dentro un’avventura tragìa e di rivoluzione. Probabile che dispetti scherzi ribaltamenti andassino proseguiti ‘ontro elli che mi pà chiamava "classe dominante". Duve di siuro c’erino con più alta cattedra gli amici della Bertoni e del Direttore scolastico.
Ir mi’ zio Lenino, ir nome glielo mise ir mì nonno Angiolo che andò nel '21 a Livorno alla fondazione del PCd'I e che poi venne ammazzato dai fascisti sulla via per Pisa, da Lenin, ribattezzato a forza come Beppino dai fascisti, diventato albergatore, saputa la vicenda, mi regalò una penna stilografica, una delle prime, l’Aurora 88 con bocciolo d’oro. Con essa scrissi gli ultimi compiti per la maestra Bertone. Sia lei che i miei compagni di classe sepperò che in famiglia c’era un comunista devoto a Bordiga che si era arricchito. |