:: Karoline Knabberchen: Esclusività. Claudio Di Scalzo: Il Cosmonauta Accio - La tekne retorica non è poesia bensì musata cadendo dal nido! Rimando alle gesta di Robert Ford |
LETTERA A FABIO SULL’ESCLUSIVITÀ IN AMORE IN POESIA Caroilmiofabio… ti scrivo dalla neve d’Engadina felice bambina (rima gioiosa),... e questa lettera voglio somigli a una riga rossa che ti raggiunge… ehi! Non equivocare non è una linea bolscevica… ma linea di febbre d’amore tanto estesa che non si può misurare… e che soltanto quando divento la tua bambina ranocchietta posso inventare e spedirti… ma questa fantasia fiabesca si regge su dati reali inoppugnabili e, per farti felice, sul materialismo dialettico tanto caro al Barbuto di Treviri che hai nominato tuo nonno protettivo perché ti senti, unico, nel rispettarne i dettami dei “Manoscritti economico-filosofici” del 1844, quando s’inventa un comunismo che non conceda neppure alle cose d’arte un valore di scambio ma d’uso, e cioè nessuna vendita monetizzazione feticismo alienazione, ma godimento puro in comunità comunista. Mi fa sorridere questa tua convinzione e fedeltà, lo sai, tanto che ti chiamo “L’ultimo Mohicano Marxista” in una città, come questa di Pisa, dove tutti nella cultura son marxisti e comunisti e nell’università non trovi un liberale neppure a pagarlo oro. Però basterebbe entrare alla Feltrinelli con tutto quel marxismo comunismo in vendita per capire che per te la vedo ardua. Andrai incontro ad amare delusioni mio bel fotografo!... ma io divago… la linea rossa mi richiama alla linearità d’amor freccia per il tuo cuore a Vecchiano! Prendo la mira… Domenica mattina, tu eri andato a Carrara per un servizio fotografico sugli ultimi anarchici, bravo Fabio offri click e cornice a chi forse più dei comunisti marxisti ha avuto una sua coerenza rispettabile anche nella cultura!, e allora al Caffè dell’Ussaro sul Lungarno Pacinotti, mentre bevevo il mio tè alla menta, mi s’è avvicinato il potente accademico comunista che insegna pure alla Facoltà di Filosofia, sì quello che ha scritto il saggio su “György Lukács e il realismo possibile del novecento”, e sedendosi al mio tavolo si è presentato cortesemente, in modo molto inglese, e mi ha informato che avendo avuto notizia di certi miei interventi sull’idealismo di Schelling al seminario tenuto dal suo assistente a Filosofia, avrebbe avuto piacere che collaborassi alla sua rivista Dialettica Allegoria: filosofia e letteratura contemporanea; che lei certamente conosce, ah bene, non ne dubitavo, come lei sa è rivista molto diffusa nell’ambiente culturale italiano, e pubblicando, accanto ai testi in italiano, parti in varie lingue europee, ha pure una caratura internazionale, dunque, probabile sia nelle biblioteche e nelle università della sua Svizzera; m’informo sempre sulle mie future redattrici, non si stupisca!, per la mia offerta, non collaborazione episodica, ma redazione!, dove interloquirà con me e con alcuni fra i maggiori studiosi filosofi e scrittori e poeti in circolazione, ha degli occhi magnifici nel dilatarli, sì sì, aggiungo che essere redattrice nella mia rivista le aprirà, se scrivesse dei libri, la pubblicazione presso importanti case editrici, io stesso la antologizzerò con altri autori, come può immaginare ho creato una linea filosofico-letteraria originalissima!, con la mia prefazione quando curo la mia collana presso l’editore pisano ETS, ogni anno esco con un volume poi studiato anche dagli studenti in varie facoltà,… posso considerare il suo ingresso cosa fatta, vero?… e mi consenta di offrirle il tè, ne prendo uno anch’io con questi ottimi biscottini che ingolosivano anche il poeta della Natura Matrigna, Matrigna non nella dolciaria pisana, credo. Signor Gualtieri, la sua offerta è molto gentile e potrebbe lusingarmi, ma io già sono in una Redazione, di più, siamo due direttori, non abbiamo né redattori né collaboratori, stranamente i comunisti non gradiscono l’avventura che proponiamo di un’arte e di una letteratura del tutto gratuita, Pro Bono, per il bene di tutti. La conosce questa locuzione?, è usata di rado, per descrivere un “impegno” continuo facendosi carico volontariamente e senza la retribuzione di alcuna somma, come servizio, per me e Fabio Nardi fotografo di un servizio verso il popolo. E adesso le faccio la proposta, a lei e ai suoi amici, di collaborare a questo foglio ciclostilato che si chiama “Il Foglio di Lalo” dedicato al padre del mio fidanzato, Libertario Nardi detto Lalo, ex partigiano, e morto l’anno scorso. L’accademico mi ha guardato irritato e poi sprezzante, dicendo: non conosco questo “volantino”, ha detto proprio questo volantino!, né la vostra attività politico-culturale; signorina Karoline Knabberchen, mentre la mia era una cosa seria, la sua è per me una presa in giro! Interrompo la conversazione, consideri quanto le ho detto mai pronunciato. Ma scusi, lei non è comunista? Sì, e so capire al volo quando mi trovo davanti alla solita stupidaggine anarcoide e pseudo marxista messa in atto da dilettanti. La nostra rivista ciclostilata composta da un solo foglio è rimasta sul tavolo tra le briciole dei pasticcini di Leopardi. Che se fosse stato lì forse avrebbe apprezzato il nostro sforzo. In fin dei conti riveliamo quanto “le magnifiche sorti e progressive” (La Ginestra) siano in mano ad astuti intellettuali che si sistemano nella cultura agendo remunerati in vanità e cattedra benedicente la vera cultura la vera poesia la vera filosofia la vera letteratura per cambiare la società con loro a gestirne da dotti gli esiti. Un incubo di sapienza onnicomprensiva! E che se domani finisse la mammella comunista del PCI potrebbero scoprirsi idealisti e neo-ellenici decantando l’aristocrazia che da Agamennone vien fino ai finanzieri in borsa. Gualtieri, lo ricordo perché è successo l’altrieri, ridi pure ti sto superando nell’uso delle rime umoristiche!, se ne andato in un fulgore funebre mentre sui lungarni sfavillavano i ghiaccioli di gennaio. Nel pomeriggio sono dovuta rientrare a Guarda perché mia madre cadendo si è fratturata un braccio, e, ora tutto risolto, accudisco la linea rossa. E DICHIARO (faccio la compagna da Terza Internazionale, eroina di John Reed! o di Majakovskij!): provo per te un grande amore, mio compagno vecchianese, non scordarlo mai! DICHIARO che sono felice di stare alla pari con te – tu fotografi e disegni io scrivo di filosofia e poesia - in questa avventura ciclostilata e dattiloscritta, e ti offro ogni “esclusività-esclusiva” affinché il nostro “comunismo anarcoide” possa durare finché ne avremo voglia. E se ho voglia potrò, di mia scelta dialogare con chi mi pare, e offrire addirittura scritti ad altre riviste – a Pisa c’è l’imbarazzo della scelta – però tu hai L’ESCLUSIVITÀ di me alla guida di questo “FOGLIO DI LALO”. Che poi in pochi leggono e considerano. Salvo i tuoi paesani. Ma è bello non avere seguaci, gerarchie, interpretazioni, commenti a guastare la festa dell’assoluto comunista in estetica e politica vivendo l'amore libertario. Lo scopri cosa si può ottenere con un ciclostilato dattiloscritto?! Tua Ranocchietta. Che domani l’altro sarà ancora da Elvira a mangiare crostini e poi ripartirà con i limoni in tasca che le dona. Abbracciala... Spedita questa lettera le telefono perché so che ha problemi di cuore! Stai accosto a questo cuore compagno Fabio! che è da lì che ricevi fiori e spine. Per essere quello che sei.
POST SCRIPTUM BASILARE DI KAROLINE PER FABIO Tu con amore hai liberato le idee nella mia testa. Che come vitelle felici saltano sui prati. Tutti coloro che dicevano di amarmi hanno strozzato le idee nella mia testa. Tu no. Chi passerebbe di continuo giorni a fotografare e disegnare chi ama se non uno che libera le idee in chi ama. E che essendo solo - hai solo me Fabio, lo so! - vuole tenere accosto chi ha l'alfabeto adatto per decifrare per gioire per spaventarsi nel mondo assieme. E io incornicerò quanto inventi per me con tutta la filosofia e poesia che posseggo. E ti prenderò “tutto intero”, anche con la tua selvaticheria paesana senza misure nei litigi. L’amore è fatto per migliorare e salvare chi si ama se lo si ama nell’assoluto. E l’assoluto comprende il Buio e il Male. C’è anche in Dio. Come scrive Schelling. Il mio amore sarà per sempre. Impossibile, semplicemente impossibile!, che un acculturato vanesio come Gualtieri, rotto a ogni intrallazzo culturale e politico, potesse scatenare in me un’ambizione culturale accademica. Neppure se m’offrissero la direzione del New York Times lascerei la cura con te del nostro ciclostilato “Foglio di Lalo”! sapendo di perderti, di darti ferita che non si rimarginerebbe più!
Claudio Di Scalzo IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.
La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.
CDS: "KK all'ultimo sole"
PERSONAGGI PRINCIPALI KAROLINE KNABBERCHEN Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984 FABIO NARDI Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica LIBERTARIO NARDI Babbo sempre evocato senza tomba fissa ELVIRA SPINELLI Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva ETEOCLE SPINELLI Nonna di Fabio ANDRI KNABBERCHEN Padre dei pomeriggi in barca GERDA ZWEIFEL Madre severa, signora degli incubi RUT ZWEIFEL Nonna dei garofani rosa UGO SENTITO Filosofo misteriosofico
PIANO DELL'OPERA
Libro-Introduzione "Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato" Telegrammi sott’acqua. Candele spente. Karoline disegna. Libro Nono. Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,
CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"
SULL’OLANDESE VOLANTE - Barra Rossa - ALCUNI CAPITOLI DEL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
KAROLINE KNABBERCHEN D'ENGADINA
Claudio Di Scalzo IL COSMONAUTA ACCIO Entrò nell’ECCELSO RITIRO DEI COSMONAUTI IN POESIA. Lì stavano cosmonauti che non avevano mai volato con l’astronave nello spazio. Ne avrebbero avuto la voglia. Ma poi o perché non avevano il fisico adatto, o perché temevano i rischi di quel viaggio solitario e angosciante ed era più comodo spiegare lo Spazio in quel loro laboratorio poetico spaziale, dove l’ego-cosmico di uomini e donne danzava simulazioni sulla bellezza e l’immensità dell’universo, convinti di catturarlo, nessuno era mai partito né aveva lasciato la Terra e quel coriandolo di Space Center con relativa libreria e galleria e cattedre e targhette coi nomi in stampatello degli istruttori di poeti e poetesse. Nessun viaggio nel sistema solare. Tantomeno oltre Nettuno e Plutone. E le galassie più lontane. Accio, sciagurato e coraggioso, invece aveva navigato dalla fine del 2014 ad inizio 2017, nell’universo. A suo rischio e pericolo. Aveva trasmesso alla sua fidanzata rimasta a terra, fotografie, pitture, e ogni genere di letteratura su quanto vedeva sui pianeti in cui scendeva, sulle meteoriti e gli asteroidi che scansava, sui buchi neri che lambiva, sulla geografia delle galassie, delle stelle che s’accendevano e si spegnevano, sempre solo, senza mai cedere all’angoscia di quella solitudine, della mancanza di una carezza, di una parola da vicino. Rimediava persino alla mancanza d’eros descrivendo e pitturando un formidabile Kamasustra spaziale. Adesso era tornato. Ed entrava in quel palazzotto di periferia scrostato. Pochissimo frequentato. Da nessuno ricordato. Perché degli astronauti che non volavano e soltanto simulavano non importava niente a nessuno. E della vicenda spaziale di Accio, che avrebbe suscitato anche entusiasmo, come un romanzo d’avventura, nessuno sapeva nulla, perché a lui non interessava divulgarne gli episodi. Li aveva mandati soltanto alla cosmonauta fidanzata. E a breve si sarebbe scandalizzato per come lei li aveva messi in comune, in quell’Eccelso Ritiro Poetico, per farli analizzare, dai suoi amici in ritiro perenne dal volo vero. Nessuno lo riconobbe tra i colleghi cosmonauti imbellettati nella moda finto-trasandata degli intellettuali spaziali, e non come lui dentro una sdrucita e maculata tuta spaziale che ne annullava i lineamenti. Stavano spiegando com’è lo spazio, com'è il tempo poetico in esso, la vita in esso, insomma l’astronomia poetica completa senza averla mai visitata. Maestri senza esperienza. Nominatisi tali. Lo riconobbe la donna? Forse sì forse no. Lui però vide i disegni che lei aveva ricavato da quanto in immagine spediva da lassù, e ascoltò i versi ricavati dalle sue descrizioni dai generi che le aveva affidato. Su quell’immensità. Da cui lei aveva estratto la sua idea terrestre e pedestre di poesia spaziale. Il cosmonauta Accio provò, dinanzi a quegli scarabocchi di lei, che si riferivano ai due anni che le aveva affidato, a quelle parole umbratili ed enfatiche assieme che pensavano di raccontare l’universo, ed invece erano una delle tante simulazioni per poeti senza volo, una nausea alta, tanto da vomitare nella sua tuta. Dal suo naso prese ad uscire sangue. Un’epistassi dettata dall’angoscia dallo sconcerto dall’amarezza anch’essa infinita. Poi capì che di quel luogo di chi stava recitando il ruolo di poetessa, del corpo che ne sorreggeva le gesta non gli importava più niente. Un’immagine sbiadita in un attimo. Ripensò, lui che non citava mai i libri letti, anche perché aveva letto soltanto quelli di uno scrittore ebreo austriaco morto alcolizzato alla vigilia della seconda guerra mondiale a Parigi, a come stava apportando, col suo episodico ritorno, una variante al romanzo “Fuga Senza fine”. Quando Tunda Cosmonauta guarda la fotografia della fidanzata custodita in quegli anni e cucita nella giubba di lui nomade e perseguitato in una guerra insensata con esiti tragici, scopre che immagine e reale figura ritrovata erano per lui del tutto indifferenti. Voltò le spalle. Ma prima i loro occhi si incontrarono, si riconobbero. Uscì. La tuta aveva un meccanismo perfetto di estrazione di quanto era indesiderato. Come il vomito o il sangue sul mento sul petto. La tuta nettò il suo corpo. Ed espulse il materiale in un sacchetto trasparente. Il cosmonauta Accio aprì la busta, prese una tela che aveva bianca nell’astronave, e dal vomito dal sangue ricavò dipinto e parole. Un'ultima opera. Geniale? La firmò. La dedicò alla figura che aveva rivisto. E se ne andò lasciandola sulla porta. Accese i motori dell’astronave. E ripartì tenendo in sé la destinazione. Non avrebbe più scritto o disegnato o fotografato l’universo che visitava. Però ora sapeva dove andare e tornare. Sarebbe stato un cosmonauta diverso. Perché gli esiti scoperti nell’Eccelso Ritiro Poetico lo riguardavano come una colpa o un errore. Che vivendo come aveva vissuto aveva incrementato. La scoperta nauseante provata, una sorta di Getsemani e di Croce, ora poteva condurlo a una possibile salvezza. Grazie all’amore. A dove dirigeva il suo bolide spaziale già oltre l'atmosfera terrestre. Sfiorante la luna.
NOTA NECESSARIA 2 LA TEKNÉ RETORICA NON È POESIA BENSÌ MUSATA A TERRA CADENDO DAL NIDO (Ci sono poeti e poetesse che pensano di esistere in poesia con la tekné del loro linguaggio nutrito da teoria superlativa filosofica, metti come la ROBERT FORD, e propongono, scartando l’avventura genuina nelle fratture imposte dal male e dall’ideologia, poesia retorica trasformandosi in retorici uccelletti implumi che senza ali, illudendosi di averne forti e piumate, cadono dal nido senza volo: morendo ridicoli tanto quanto aspiravano al sublime letterario. Perché la letterarietà e la tekné non è poesia né mai lo sarà. Poveri poeti e poetesse che battono “musate” al suolo sfracellando la loro lingua!) |