:: Sara Cardellino: Voglio dirti tutto con questo quartetto. Ad Accio. Settembre 2011 |
Poi ritrovo queste carte di Sara scritte per me nel settembre. A meno di due mesi dalla nostra separazione a Villa Malcontenta il 20 novembre 2011. “Aggiungici titoli: sei titolista nato. Se ancora ti sembrano utili al nostro amore”. Ecco come nell’ultimo giorno di settembre, dopo dieci anni, ancora so del talento di Lei. Parole perdute e ritornate in vista. A me affidate. Che non intesi per salvare il nostro legame seppure oggi rileggendo come allora ne seppi il valore stilistico. Il “duro d’orecchio” oggi lo possiede sonoro; il “Cacciatore faceto” sa riconoscere il Tragico e distinguerlo dalla Commedia: grazie a Sara tornata nell’aprile 2017. Le due espressioni di Sara temperano il sublime delle prose, danno sbocco al Quartetto. Se non esistessero non ci sarebbe lo stile. Ma neppure io oggi come titolista ieri come fotografo delle sue mani sfioranti vetri. Stile che se esiste è perché rimanda nella quarta parte: “Sogno ad occhi aperti con Gustav Mahler” al fondatore dei sogni trascritti prosa poetica che fossero con palpebre chiuse o pupille dilatate cioè Coleridge; alla poesia che nasce dalla perdita incolmabile dell’amata cantata nella notte da Novalis. In “Quartetto per due amanti...”, infatti, Sara Cardellino pone i Mendelssohn. Quanto poi la follia, lo “scervellamento”, possa influire su sposi inanellati nel sublime perché uno dei due non è battezzato nella logica ecco Robert e Clara Schumann. Per Amore e Religione non poteva mancare BACH. Sara sulla scorta di Gould lo considera il più grande tra i compositori. Quello che interpreta al flauto fin da piccina. Con Bach ha insegnato Religione Musica Dio all'uomo che ha 25 anni in più e cervello con 25 anni in meno di lei. Anche questo è stile. Nevvero?
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1 TUTTO INIZIA CON BACH Voglio dirti che nella dolce sera più dolce del dolce litorale pisano piegato sul tuo sopracciglio, in approdo v’è il suono: conobbe la crescita custodendo in sé seme dal confine concertante. Nelle notti avanzate a Sebastian Bach, calcate sulle partiture che ci riguardano, fronti si colmarono nel contrappunto suggerendo abbagli sul rapporto verso Dio. Al caldo della giovinezza, che non è un'età, esse si rabbuiano nella facile didattica per poeti inesperti per amanti duri d’orecchio: sei fra quest’ultimi? Affidati a me devota al Kappelmaister.
Accio: Seni in pericolo nella grotta di camera. Sttembre 2011
DUETTO PER DUE AMANTI IMPOSSIBILI PER DUE CHE LO DIVENGONO Questa ora sospesa agostana e le sottili ali della cicala sono stessa identica cosa: la materia di cui son fatte si ripete sullo schermo delle nostre pupille. Dietro a esse, felici e sconvolti dal loro amoroso legame Felix e Fanny Mendelssohn guardano me e te. L'era dell’amore impossibile perfettamente vergine e innocente ci ha attraversato. Lo possiamo rivelare a noi stessi tentare se sia possibile realizzarlo: ma se morissi come Fanny so che tu non mi sopravviveresti. Ascolti la pace nella Grotta di Fingal vedi scintillare il filo di chissà quante spade impazienti: sono i guerrieri scozzesi forgiati dentro il calco del suono che fu di Bach. Bisogna dirlo ancora con la sinfonia: implorano Fanny e Felix: imporlo a ogni epoca mentre l'una barocca si stratifica sulla classica diventando romantica: accettare che quanto amiamo è Nostalgia. Mi prese per mano la colomba dalle ali vermiglie. Chiese tre volte in giro il mio nome, nessuno mi conosceva, ma ognuno ebbe modo di ribattezzarmi secondo la sua volontà. Poi mi distese sulla sabbia calda, e mentre tornava al volo costruì intorno al mio ombelico un vuoto che servisse da cassa di risonanza: allora in me si radunarono le onde che poco più in là sgambettavano come giovani naiadi. Il sole prese a pulsare medusa: luce poteva esplodere solo attraverso l'universo del mio pertugio. Un cordone invisibile mi legava e scioglieva alla vita senza forma, finché una forma non sceglieva quando e dove apparire, per poi ritornare in me. Dentro la mia voce parlavano le Ondine benedicenti. La materia sonora era zuccherina e non apparteneva a nessuno.
3 GIUNGO DOVE CLARA WIEK MI SOSPINGE TUA AMANTE NON SPOSA Le battaglie sulla rivista per Schumann fervono al mattino, dentro la primissima luce con testimoni uccelli e alberi tedeschi con la fonte che Clara Wiek registra nel pianissimo. C’è il viola del mare dove Eusebio e Florestano giocano a scambiarsi spiaggia e onde senza alcun bagnino Maestro Raro. Venga il Carneval: ove tu matto sul Serchio io paziente interprete alla tastiera del pianoforte veneziano raccolgo nel salotto parola figliata ouverture: scagliandola pietra sulla carta da musica (non procede così il genius loci per pochi?) scopriremo quanto in profondità riverbera suo reale nome: e fino a dove seguendola nel biancore che toglie il fiato siamo disposti a giungere per pronunciarci così come siamo. Senza alcuna estetica che porti a qualche manicomio di scelte errate. A te destinato. M’avevano insufflato talmente tante volte nel linguaggio polifonico il SÌ e il NO che non ebbi bisogno di precetti rigidi cattolici. Cercai di ripetere la mia verginità in quella delle note: unica salvezza. Quando, attraversati strati e strati di piccole sonate per pianoforte, mi parve di riconoscere l'uomo che l’aveva composte: cioè tu che avevi l’occhio stupito e gonfio di Schumann; m’abbandonai alla novelletta gioia potente: ero sempre stata al sicuro, poiché la verginità di tutte le note era già riversata in me. Tu al massimo la custodivi in attesa di violarla col mio consenso.
4 SOGNO A OCCHI APERTI CON GUSTAV MAHLER La sabbia fiorì lungo il litorale del Lido di Venezia: lillà impazziti dal vento stagionale danzavano scuotendo in vibrazioni perpetue i nostri molti corpi. Mi parve di riconoscere tutta la mia coscienza in un granello rimasto seme: protetto dalla cupola del pube. I fulmini non infiammarono il cielo e pure le nuvole nascondevano la mia consistenza. L'ultimo Mahler che non terminò la Decima sinfonia stava celato dietro al più piccolo granello di sabbia che i lillà avevano fatto approdare nello spazio tra me e la casupola in legno dove il maestro malato di cuore componeva. Ero ancora distesa mentre possedevo ogni cosa nascosta dietro la forma di qualche espressionismo vocale incipiente. Fu come lo schiudersi d’uovo con membrana del cuore mio in quello di Mahler pulsante nel tempo in luogo infinito. Il denso il fluido si confusero: la morte fu vinta nell'atto di resistere: ma l'atto si ripeteva senza che esistesse ripetizione: la morte non esisteva più. Presi tra le mani le voci nel lieder che mi sfuggivano come schiuma frizzante. Erano le testimoni divine (angeli? sante?) che ridevano del mio sconcerto accosto al miracolo corpo sinfonia voce in programma. Sono entrata nella storia d’amore stringendo tra le dita un rametto della Sinfonia n 1 di Gustav Mahler. Così voglio andare con te Cacciatore nel bosco mentre canticchi il linguaggio degli animali selvatici. Lasciando lampade di camera vibranti mareggiata all’alba e l'ombra fuori nel mezzogiorno con qualche metafisica di troppo. Mi sforzai a lungo nell’esprimere il totale disappunto per un mondo che rifiutava a priori la mia anima espressionista. Persi quel po' di destino che Dio ci permette di conoscere nella partita a dadi con la materia sonora. Scambiai l'esultanza del creato per la mia sconfitta. Ciò che non comprendevo era l'assoluta lungimiranza d’ogni singolo filo d'erba che calpestavo scappando in lacrime. Piangevo lacrime di Mahler. L’interprete venne medicata dal dottore del suono viennese. Oggi lo ratifico perché il Cacciatore faceto che sei, in contrasto con quanto sono e fui, me lo rivela. Il che non ti mette a riparo dal Tragico però non lo distinguerai dal resto se t’acchiappa. Non hai orecchio. Temo. Presi a filosofeggiare. Pratica Resurrezione? Ti detto dei frammenti perché so che li scorderai. Neppure il suicidio compromette il ritmico alternarsi di vita e morte dentro di noi; come il vitalismo non offusca la notte perfettamente stellata del Nulla. Come dietro l'inverosimile si nasconde il verosimile, così dietro l'infinità della nostra coscienza si nasconde Casa. Qui scelgo di stare con te. Qui rimarrò seppure fuggissi. Passo le giornate buttata sullo straccio d’abortite composizioni come il cane slogato: in questo tempo sperimentale rifiuto di cercare altrove qualche dodecafonia o ritorno al classico incedere: scopro che tutti gli indizi fabbricati dalla natura portavano, e hanno sempre portato-me: qui. Appena scuoto spalle come cane bagnato scordo la preoccupazione di dare un esito al mio vissuto nella musica. Accetto il silenzio scorbutico. Vado a baciare qualche fiore da spedirti.
Il fatto che attenda sull'uscio l’amore tuo paventato infedele lo considero vezzo incauto della musicista tentata dalla poesia ma se scrivessi diario sarebbe più esatto; tu in questa allucinazione mahaleriana a occhi aperti esprimi la paura del viandante a doversi, prima o poi, fermare. Quanto qui trascrivo, me l’ha dettato il Maestro crepacuore. Per far quadrare la frase in poesia che abbia parentela con la musica non serve alcuna grammatica o riduzione in scala geografica dell’io: serve cristallina corrispondenza della coscienza con tutte le cose necessitanti di suono.
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