:: Claudio Di Scalzo: Accio e Sara Cardellino a Vecchiano a Lucca Comics 2018. La fionda spezzata e risaldata. Con Ricordo di Karoline Knabberchen. E di chi disse ad Accio: Vado alla Polizia!


Sara Cardellino e Accio sul Baluardo di San Colombano a Lucca dopo aver riposto la fionda





Claudio Di Scalzo

Accio e Sara Cardellino a Vecchiano, a Lucca Comics 2018.

La fionda spezzata e risaldata.

Con Ricordo Di Karoline Knabberchen.

E di chi disse ad Accio: Vado alla Polizia!

 

Oggi, a Vecchiano, nel cascinale, curiosando nelle stanze tra scatole carte libri tele cassapanche, trovo nell’armadio di sua nonna Messinella, una fionda, la sua di monello, spezzata nella forcella V del legno. Stava in un cassetto coperta da decini di altri oggetti, fumetti, giocattoli rotti, soldatini.

Accio! Perché la conservi? Cosa rappresenta per te? E poi azzardosa gli chiedo se anche Fabio Nardi l’aveva usata e se Karoline Knabberchen l’aveva vista spezzata.

Sì, l’ha tenuta tra le mani, Nardi le raccontò il suo dolore di ragazzino, quando un amico o che si diceva tale, entrò nel nascondiglio sul Serchio, lungo l’argine, e la spezzò assieme agli aquiloni lì custoditi per farli volare nel vento. Karoline ci scrisse un giuramento in poesia per Fabio Nardi. Convinta si potesse tornare nel passato con l’amore assoluto, il cerchio di Schelling credo, per proteggere l’amato dal dolore ingiusto subito bambino. il fotografo e vedovo dall’agosto 1984 tiene questo scritto come l’ostia nel tabernacolo. Condensa il Patto tra loro d’amore che nessuno, neppure la Morte, ha spezzato. Ebbe tutto un rituale che a raccontarlo, e crederci, si può esser presi per matti o incapaci di distinguere il fiabesco dal reale, come la mano sul petto per togliere il dolore che marchia, la convinzione romantica di essersi già incontrati in altre vite precedenti,… io credo a questo melodramma infinito. Anch’io, dico ad Accio. E sulla fionda spargo lacrima venuta giù a fiotto. Sono matta anch’io e il fiabesco è casa mia. 

Questa lacrima la farà tornare come nuova. Dice il mio Signore dell’Anello. E quando Accio coglie questi momenti… è veramente il mio Eroe da libro senza libro!

Mi porta con sé al Campo della Barra in prossimità del Lago Puccini. Geografia non a caso adatta. Sceglie un ramo a V. Lo taglia col coltello. Lo sbuccia lo modella. Toglie le gomme elastico dalla fionda spezzata, sono nere vengono dai pneumatici del camion di Lalo, s’allungano il doppio di quelle da bicicletta. Aggiunge nastro all’impugnatura e incide una A sul manico. Accio o Amore. Gli carezzo i ricci grigi intenerita.

Ora andiamo a provarla. Sull’argine del Serchio. Dove fu spezzata. Dice.

 

-Se il sasso raggiunge l’altra riva vuol dire che è tornata precisa come prima. Di più… con le braccia mie di ora a tendere la gomma elastica.

-Come facciamo a sapere se giunge il sasso di là? Chiedo.

-Nun mi fa’ la grulla, ‘Ardellino. Guarda le ‘anne sulla riva. Se si mòvino il sasso l’à sfrascate! Se poi vòi la provo sul Brenta e su quarche ‘anale veneziano.

-Mi basta questa dimostrazione. Ci multerebbero e la flautista non avrebbe buona vista!

 

Ride divertito Accio. Aggiunge nel nostro gioco in rima: l’interprete barocca direbbero che sbrocca.

Ci sommo la mia risata.

Ora andiamo a provarla a Lucca sulle Mura. Sarà il nostro fumetto non disegnato ma fiondato.

Ancora allegria. Fidenti occhi brillìo in scambio. Che parte di Lucca?, chiedo.

Sul Baluardo di San Colombano. Dove mi portava Lalo a mangiare il gelato e correre con la fionda appresso.

Arriviamo a Lucca rapidamente passando da Ripafratta. Con il castello del Conte Ugolino della Gherardesca sulla collina a rammentare la torva tresca cantata da Dante.

 

-Se il sasso raggiunge l’altro baluardo che vedi da qui, quello vicino a Porta Elisa, è segno che la fionda funziona. Che ho ancora mira! Mi spiega Accio come se dal medioevo fantasy fosse passato a qualche variante risorgimentale contro gli austriaci!

-E come facciamo a sapere se “ci cogli”!

-Sara... non fa’ ancora la grulla!, vedrai i piccioni alzarsi in volo!

 

Così è stato. Accio è radioso! Provo la sensazione di vivere con un personaggio da fumetto, da racconto popolare uscito dalla Via Paal che lo segue, ancora adesso uomo maturo, rivelando la sua vita grazie alla fionda che da spezzata è tornata nuova.

Che l’abbia ritrovata io, per consegnargliela, ha qualcosa di “simbolico”, indubitabile; una simbologia semplice, umile, appunto da fumetto. Con protagonista allora un bambino, da tutti ritenuto cattivo, e chiamato spregiativamente Accio. E oggi un uomo a cui vedono spesso soltanto i difetti.

Raccontami, più estesamente, la natura di chi fu a spezzartela e perché. Ora puoi capirne meglio i moti.

Accio, scuote il capo reticente, vuoi proprio che aggiunga altro a quanto successe?

Sì! Dico esclamativa. Tanto da non ammettere silenzi.

Allora siediti qui sull’erba.

Quel ragazzo, si chiamava Giulio, per tutti Giulietto, si legò molto a me. Viveva anche lui una sorta di esclusione per la sua gracilità. E una malattia che gli dava dolori e paralisi quasi alle braccia alle gambe. Probabile fossero dolori somatici. O organici che la medicina non riusciva a trovarci rimedio. Oggi la chiamano Fibromialgia. Sentii affetto protezione amicizia verso la sua vicenda e la sua voglia di costruire fionde fucili a gommini aquiloni. Ad un certo punto forse fu preso da frustrazione e invidia verso me. Cosa avesse da invidiarmi poi proprio non riuscivo a spiegarmelo. Forse l’amore e l’amicizia a volte conducono ad atti sconsiderati e tristi. Ma potrebbe anche darsi, Sara, che l’abbia offeso senza rendermene conto con la mia esuberanza e postura da monello incorreggibile. Chissà! Io però mai gli avrei rotto le fionde sue, gli aquiloni di nascosto, e addirittura portato una fionda, nella banda a me nemica, che mi tormentava, dicendo che l’aveva modellata lui. Con gli altri a celebrarla come arma incredibile con quelle gomme nere da camion che si tendevano per un metro e più. E la forcella di frassino incisa corredata di biglie colorate come proiettili. Perché i sassi volavano storti!

Ci soffrii molto Sara. Infinitamente.

Giorni dopo lo affrontai. Era spalleggiato dai suoi amici a lato. In cagnesco.

Gli dissi che aveva compiuto un atto scellerato, leggevo Salgari e Dumas a tutto spiano, e disumano!

Giulietto mi rispose gelido, con un sorrisino a presa in giro, ma bianco come uno straccio: “Se non la smetti di perseguitarmi vado alla Polizia e ti denuncio!”. Alla cintura portava la mia fionda.

Era un linguaggio burocratico che dovevano avergli suggerito. Da adulti su quel corpo mingherlino. I suoi compari della banda sghignazzavano mostrando canne e fionde.

Provai una pena una malinconia come se il cavallo der mi' zio Alvaro m’avesse scarciato il petto. E anche furore. Vampe m’arrossarono le guance le braccia. E dissi andandogli incontro a lui alla sua truppa: non farti più vedere qui sull’argine, né te né i tuoi amici. Con me non potete farcela nemmeno se foste il doppio! Si ritrassero. Se ne andarono offendendomi e l’ultima cosa che vidi furono gli occhi di un ragazzetto disperato e smarrito. Che mi aveva minacciato evocando la polizia. Istruito in casa da genitori democristiani che sapevano di mio padre anarchico e dei miei parenti tutti rossi!

Ir mi’ Babbo completò infervorandosi il quadro ideologico. Dove mi metteva. È un povero sottoproletario il tuo ex amico Giulietto; senza coscienza di classe come i suoi genitori. Usano e ripudiano le persone per barcamenarsi e farsi una posizione con meno toppe ai gomiti! Compie un’ingiustizia verso di te, e ti minaccia rammentando gli organi repressivi dello stato borghese e capitalista. Ti ci devi abituare figliolo. Ne incontrerai di codardi, o deboli simili, se segui le orme di tu-pà e der tu nonno Angelo! Ma avrai anche amici e amiche che ti faranno scordà le miserie che genera l’oppressione. Comunque non son quelli come Giulietto che devino fatti mòve alla lotta ma chi li spinge a questi gesti brutti, chi li imbaucca d’idee farse, usa per il tu’ amio che amio non l'era… un po’ di pietà di quella che t’à insegnato Don Gino e ir Cristo. In fin dei ‘onti non sanno quer che fanno a chi più bòno è di loro. E noi anarchici siamo più bòni e meglio di loro nella ‘oscienza der bene ‘omune,

Lo guardo. Il vernacolo ha reso il dramma stavolta, non la commedia. Appare segnato come se la vicenda l’avesse rivissuta intera con l’età di adesso. Lo scopro così indifeso ir mi’ Accio. Ieri come oggi nonostante tutte le sue fionde e le sue picaresche avventure d’uomo sventato e coraggioso. Ha bisogno di me, d’un Cardellino, ha solo me.

Accio dammi un “bacio di quelli belli”. Il fumetto che m’hai fatto vivere da Vecchiano a Lucca deve avere il suo sigillo! L’albo è concluso. Ma lo rileggeremo assieme tutte le volte che la fionda spezzata e poi ricostruita con la sua biglia amorosa ci coglierà nel cuore!

Sei più brava di me, nel melodramma, amore mio. Sara mia. L’ho sempre saputo.