:: Claudio Di Scalzo: Husserl e le tortore in parentesi- Fabio Nardi e Karoline Knabberchen a Marinella di Sarazana

 
Marinella di Sarzana. Foto Fabio Nardi
 

 
 

Claudio Di Scalzo

HUSSERL E LE TORTORE IN PARENTESI A MARINELLA DI SARZANA

Fabio nardi e Karoline Knabberchen a Marinella di Sarzana

 

Filosofia agli aghi di pino nella “pinetina di Marinella di Sarzana”. Sdraiati sull’asciugamano. Tu leggi Tex e ogni tanto per darti un contegno fotografi le tortore che abbiamo sul capo con battute del tipo: “speriamo tubino soltanto e un ci ‘oncimino le ‘apigliature” e io che m’industrio di capire l’importanza di Husserl… per noi tre in questo 1983. E tu abbocchi alla mia facezia in rima profferita perché stufa d’esser seria con il fidanzato fotografo che fa lo scemo. -Perché tre Karoline? -Io e Te e il Futuro mondo da noi due percepito come fenomeno. -Ah! ma intendo poo la questione.

Mi slancio nella sintesi manualistica dove affermo che in Husserl, nel suo libro Ricerche logiche, la direzione del soggetto verso l’oggetto e dell’oggetto verso il soggetto è mantenuta, ma viene ad essa sottratto il radicamento nell’immediata esperienza quotidiana, sì anche la cantilena stordente delle cicale! accanto al rischio dei bisogni fecali delle tortore, la trascendentalità kantiana vien scorciata, intendi?, ridotta, ne viene rifiutato il fondamento nell’io penso, perché quest’ultimo si confonderebbe con la coscienza empirica. Scorciata perché? se posi il fumetto faccio la professoressina, non mi toccare i seni! se giochi su scorciare e l’allungamento del tuo slip, ti spacco una pina verde in testa! Il “fenomeno” secondo Husserl non è quello definito da Kant né quello considerato da Hegel o da Schopenhauer. Non è il contenuto della rappresentazione come in Kant né il luogo di determinazione della coscienza come in Hegel e neppure la semplice apparenza dietro cui si cela la realtà autentica come in Schopenhauer. Il fenomeno viene definito, nello scritto del 1907 “L’idea della fenomenologia” come “assoluto autodato”, vale a dire come presenza del soggetto a se stesso, una presenza nella quale la singola cosa percepita o conosciuta costituisce unicamente una sorta di coloritura dell’attività conoscitiva del soggetto. Hai inteso Fabio? Coloritura! Se uno fa frittura di un totano qual è la sua coloritura? Fabio! tu prendi in giro me e mesi di letture in facoltà! Son venuta a Pisa dall’Engadina per studiare filosofia e laurearmi… non ti parlo più fino a stasera! Sì sì dormi! che è meglio e che le tortore mi vendichino!

Fabio e imperdonabile! Ma lo amo perché è così! S’è già addormentato mentre io avrei voglia di tossire innervosita e dolorante al petto. Eppure questa autodatità di Husserl mi coinvolge tanto. Sento che andrò a parare verso la mia condizione psicologica. Perché questa assoluta autodatità non venga confusa né con un ricorso a una prospettiva di tipo cartesiano, nella quale il soggetto si riferisce unicamento a se stesso, né che appaia un vaneggiamento idealistico, Husserl si affida a un antico procedimento logico, vale a dire alla sospensione del giudizio o epoché. E ciò lo fa nel primo libro delle Idee. Tutti gli asserti riguardanti il mondo, tanto le proposizioni che si riferiscono ai dati della realtà esterna quanto gli enunciati che descrivono gli stati della coscienza, vengono sottoposti a una sospensione del giudizio a seguito della quale i due poli della proposizione, il soggetto e l’oggetto dell’atto conoscitivo, non sono più né veri né falsi e vengono perciò messi tra parentesi. La parentesizzazione conseguente a questa riduzione all’epoché non priva di significato i contenuti delle proposizioni, ma ne fa significati stabiliti o cosituiti da ciò che, sia pure messo tra parentesi, si mantiene come residuo ineliminabile: cioè l’Io.

E questo dorme beato. Per vendetta mi mangio tutte le albicocche del paniere. E sulla “coloritura” come attività del soggetto scrivo una poesia colorata nel verde smeraldo. Così quando Fabio si sveglia dovrà leggermela con la sua mimica da attore impudente. Però prima voglio concludere i miei appunti su questa idea husserliana della parentesizzazione.

In un contesto come quello della mia vita, dove a partire dalla madre, mi s’impone sempre la legalità cristallina delle spiegazioni inquadrabili secondo precisi nessi causali, pensare che possa, grazie ad Husserl, isolare, ponendoli tra parentesi soggetto e oggetto di una situazione, la mia malattia nervosa, la tosse, non può che garbarmi. Come direbbe Fabio. Le mie scissioni, i miei umori per diverse personalità, il viaggio con più direzioni, le mie stesse difese esterne a me soggetto, non possono trovare soluzione neppure con la psicoanalisi, perché il medico ed io paziente siamo chiusi in mondi reciprocamente refrattari, che impediscono al terapeuta di trovare con me vie di comunicazione adatte. Ma, ripeto ma!, grazie quanto leggo in Husserl, i due mondi, mio e dello psicoanalista, vengono posti tra parentesi ed isolati; questa parentesizzazione li mantiene sì diversi, però impedisce che l’uno possa definirsi normale e l’altro anormale. Entrambi - Fabio! Fabio tra breve dovrai ascoltarmi attento. Considerare questa mia conquista negli studi pisani – dico entrambi sono due momenti di vita che scaturiscono da un’unica sorgente: la soggettività profonda, cui terapeuta ed io malata malinconica possiamo riferirci: questa soggettività posso chiamarla o spirito o anima. A questo punto io potrei incontrarmi con uno psicoanalista, un terapeuta, perché la “malattia” di cui soffro, non è un disordine della ragione da recuperare in una gerarchia medico e malato, bensì - com’era ritenuto nel remoto passato della cultura occidentale - semplicemente una malattia dell’anima. Con la sua bellezza e forza che apre anche alla conoscenza.

 


Piccola pineta Marinella di Sarzana


 

Quando si sveglia Fabio mi ascolterà tutto serio. Preso dal suo ruolo. Quando capisce che ho toccato le linfe filosofiche e spirituali che possono guarirmi, lui che mi ama e che cerca, sforzandosi, di imapare a volermi bene, sembra un bambino monello che deve imparare una lezione fondamentale e teme di non essere all’altezza di coglierne tutti i rimandi. Che tenerezza mi fa. Che poi finisco per baciarlo fino a sfinirmi. Per questo anche scriverò poesie sulal coloritura dell’attività del soggetto Karoline. Voglio meravigliarlo e vederne il sorriso vincente ogni preoccupazione per me. E naturalmente viva questa filosofia sull’asciugamano in una pinetina a Marinella e le tortore pericolosamente in alto.

Il colore tubetto da me individuato in una parentesi

e nell’altra parentesi il colore col bianco unito.

 

 


 




                    SAPER DIPINGERE

                    Il verde smeraldo cambia mescolato col bianco

                    da verde cupo e profondo a delicata tinta.

                    Pini nella notte e pini invasi dal sole (e dalle tortore).

                    Il verde smeraldo scuro sta nell’infanzia della fronte

                    e il monello amato non ebbe paura del tempo rauco

                    che diceva pineta infestata da nemici – la viridiana chiara

                    invece contiene ogni avverbio che seppe del vuoto vivendo

                    mentre il luminoso colore recitava desiderio ed amante

                    per anni finalmente belli nel tempo che più non andrà via.