:: Karoline Knabberchen: Tu non morirai - Quaderno del mite inverno XVII - Nota autore

 

CDS: "Karoline dice di Gabriel Marcel a Fabio" 20 IX 2016

acrilico su carta e matita  a cera

 

 

 Karoline Knabberchen

 

QUADERNO DEL MITE INVERNO

(20 agosto 1984 – 20 agosto 2016)

(a cura di Fabio Nardi)

  

XVII 

NOTA INTERROGATIVA DELL’AUTORE NELLE SUE SCOSSE ORE

La lettura nell'agosto poi settembre 2016 il “Quaderno del mite inverno” della suicida Karoline Knabberchen (Guarda, Engadina 1959 – 1984, Lofoten, Norvegia) fidanzata di Fabio Nardi (Vecchiano - 8 XII 1952) mi ha ricondotto, come autore, all'interrogazione dolorosa che vissi nel 1984. Ancora Fabio Nardi curando il ritrovato “quaderno mite” ha a che fare con l’amore nel suo esito tragico e alto. Teologico anche. L’autore si misura, anche, con il prosaico e la prosa della raccolta “Amori a bassa quota” che portano la sua firma. L’amore scade come il latte, dice la professoressa cinica all’amante? (nel racconto sull'OV). È così? - Oppure può anche rivelarsi assoluto come testimoniato da Fabio Nardi e Karoline Knabberchen?

(Karoline muore suicida alle Lofoten nel 1984, e Fabio Nardi le rimane fedele) - L'autore che firma molti generi ed estetiche tiene vicino a sé, con amore e cura altissima, le vicende di Karoline e Fabio
 perché sono, come scrisse Claudio Di Scalzo: una Religione. Mattino del 20 settembre 2016.

 

 

 

 

 

LA SCELTA FONDANTE D'AMORE

Hai guardato come si deve l’acqua in estate? I miei “occhi illacqueati” pianto d’essa alba sospesa? Non è un pianto che tace il mio. C’è una fedeltà nell’Amore, Fabio, che valica - e valicare vuol dire salire più in alto possibile e poi ancora scender - anche nell’acqua di stamani. Che turba perché vi sta sospesa l’eternità. Della scelta.

Gabriel Marcel scrive che “la persona veramente amata rimane come presenza esistenziale” se la si perde perché muore. Intendi? La fedeltà diventa il regno dell’essere, l’amore tra me e te, deve vincere!, vincerà la perdita. La morte annienta l’apparenza non l’essere. L’interruzione sensibile è una prova della forza dell’amore. Le cose i fatti i legami vanno e vengono sulla terra, non voglio seguire queste vicende!, la vicenda dell'amore consegnato a questa legge; non voglio che qualcosa scada nel suo contrario o che perda intierezza!, perché un flusso temporale lo modifica! ripudiai Eraclito col suo "tutto scorre" per il Parmenide dell'Essere immutabile fin dalle mie prime letture filosofiche!; sono disposta a soccombere nella morte, per possedere più profondamente me stessa, e tu in me. Se ci amiamo alla pari, e amiamo Dio alla pari pure. La responsabilità infinita della mia libertà d’amore, della tua, è comprendere quanto esclama un personaggio nel teatro di Marcel: “”Amare qualcuno, significa dirgli tu non morirai”. Non scompare quanto lega nell’amore se noi stessi compiamo una scelta, scelta, assoluta. Questa mia preoccupazione Fabio è la tosse diventata cornamusa dell’angoscia. E non pensare che ammattisco come un’orfica insensata. So quanto dico e scrivo. In questi giorni. Non voglio il petto nel chiasso equatoriale d’ogni scelta possibile. Ne ho una. E in amore è quella che ti ho detto. Se te la senti, se la senti, mi segui fin qui. Sennò vado da sola. Anche tu devi dirmi: Tu non morirai! come io lo dico  a te. Vinciamo assieme la disperazione, amore mio. Quasiasi atto ci separi, la stessa signora mantellata seppur venisse, deve trovarci in questa comunione. E poi non ti piace essere un po’ santo e un po’ teologo con la tua ranocchia? Un bel rospo santo guerriero audace. Sì sì sì ora sorridi perché faccio la buffa, ma quanto ho “parlato” vale anche se vedi il saltello scherzoso. Le sillebe della nostra intesa son qui e non altrove. Sull’acqua che vedi anche tu. Rammentalo.

Leggo questo frammento dal quaderno del mite inverno nel mattino del 20 settembre 2016. Ho raggiunto il lago di Massaciuccoli. Le canne mi fradiciano con un morso crudele le gambe. Non ho neppure gli stivali. L’acqua in questo scritto custodisce l’essere di Karoline. Ho tante lacrime sotto le palpebre che vincono l’estensione di questo specchio d’acqua musicato un tempo da Puccini.  Devo accettare ogni eco di questo XVII capitolo. E come esso mi strattona rivelandomi l’eternità vestita di foglie marce che cadono sull’acqua lapide molle. Allora nell'agosto 1984 non capii? L'avrei salvata avessi inteso? Sono tramortito.  

 

 

... CONTINUA