:: Sara Cardellino - Claudio Di Scalzo: Tombe. Pianto per Karoline Knabberchen. Con il Requiem Tedesco di Brahms |
SARA CARDELLINO – CLAUDIO DI SCALZO TOMBE. PIANTO PER KAROLINE KNABBERCHEN. CON IL REQUIEM DI BRAHMS (anche saluto alla mia estetica morta)
1 Io e Sara Cardellino siamo giunti alla Chiesa di Maria Gloriosa dei Frari, abbiamo rivisto assieme il muro sul quale ci accostammo l’ultima volta sette anni fa. Ci siamo ancora seduti. Ho pensato che avremmo parlato di quel giorno veneziano. Inquieto. Slancio e raggelamento. Che anticipava la separazione avvenuta a Verona. Invece ho sentito la sua voce, mentre mi posava il capo sulla spalla, dirmi: “Rivelami l’ultimo giorno di Karoline Knabberchen alle Lofoten. Lascia a lato il personaggio di Fabio Nardi. Dimmi tutto quanto non hai mai detto a nessuna né mai hai scritto. La verità del vostro dramma laggiù compiutosi. A breve sarà la Festa dei Morti. Portami lì su quel gorgo che sta in te da 33 anni. Soffrirai meno se lo condividi con me. Lo custodirò. Dammi questa possibilità dopo i fatti del luglio 2011 tra noi due”. Ho raccontato a Sara Cardellino mentre veniva la sera, in quell’angolo così solitario di Venezia, senza turisti senza tempo, quanto non ho mai rivelato. Neppure nelle pagine scritte e inedite sul 20 agosto 1984. Quando Karoline Knabberchen si suicidò a 25 anni. E non riuscii a salvarla. Voltandomi a guardare Sara il suo viso era d’acqua di luce. E l’ho disegnato in due tavole velocemente. Mentre anch’io ero commosso. Ho capito che questa era la poesia più alta che lei potesse donarmi. Offerta anche alla mia infelice fidanzata. Di tanti anni fa. Non c’era bisogno che scrivesse poesie o poemetti. Quelle lacrime non erano un esercizio letterario. Le lacrime non scadono se vissute con questa passione e comunione. Le parole sì. Possono usare il tragico andando poi in cerca di stampa di riconoscimenti letterari. Sara Cardellino stava accogliendo, con il pianto, la parte più religiosa di me, la mia Croce, facendosene carico. Ho provato pena per me immensa, una felicità inaudita, un amore altissimo, e due donne si sono riunite nella mano che teneva la mia. Mentre sussultavo.
Per la Festa dei morti, per i tuoi morti, Karoline e Lalo tuo padre e il Pazzo tuo amico del cuore, ho pensato che fosse adatto il Requiem Tedesco di Brahms. E te ne scrivo. Per come posso interpretarlo anche dopo la “nostra” recente Venezia d’ottobre. Quanto tu mi hai affidato “Il giorno in cui Karoline muore”. Il Requiem è un’opera di difficilissima esecuzione. Nelle sue pagine convivono opposti, ma anche nella tua personalità, e per come ti rapporti alle ombre vivi opposti, forse estremismi, che ti dilaniano da tanto tempo. Nel Requiem di Brahms c’è l’angoscia e la pace, la gioia estrema, quasi folle, e il dolore che sembra impossibile lenire, la riflessione teologica e quanto è popolare domestico quasi vernacolo, lo scrivo!, non vivi tu da tanto così?, il tuo rapporto con Karoline Knabberchen non è anche questo? sia da viva che da morta?, il sacro e il profano s’accordano in te nelle tue giornate. Quanto abbiamo vissuto a Venezia quando tu mi hai rivelato e affidato su Karoline attiene al sacro. Quando camminando mi hai rammentato i giochi e i baci e le cene con lei nella città lagunare, hai evocato il profano. Io, religiosamente, qui te lo confesso, se ho vissuto due volte nel tuo cuore, in quelle ore ho capito che tu avevi in te anche lei, ed a me è piaciuto ed ho sentito come promessa sacra stare con Karoline Knabberchen ombra passeggiando. Eravamo in due in Cannaregio realmente ma in tre nell’immaginario nella visione nel Sacro. Il Requiem di Brahms serve anche a rivelare tutto ciò. Nel Requiem convivono gli stili antichi e gli stili moderni, la terra dei morti, anche quelli morti in acqua come Karoline o sotto un ulivo come tuo padre Libertario detto Lalo, o su di un divano che guarda il giardino risparmiato dalla pioggia come Fatticcioni Paolo detto Il Pazzo. Per vivere il Requiem quest’anno, per i morti, nel 2017, tutti questi elementi e fattori devo rivelarti, mettere in rilievo, per farti entrare in un'opera, ascoltandola, che è anche un organismo. E, in questo caso, l’organismo del tuo vissuto della tua psicologia, e, accettalo, del tuo fare arti per tanti anni. Per questa tua avventura estetica che ora scopri nel suo finale e destinale esito, ci vuole il Requiem di Brahms. Devi accettarne la Morte, abbandonarla al suo destino, e affidarti a quello che verrà dopo. Senza sapere se ci sarà un dopo per quello che hai inventato. Certo però che al confronto di Dio, della Grazia, del reincontro con Karoline, quanto scrivesti e disegnasti è nulla.
Brahm col suo Requiem assomma in sé Bach Haendel attraversa Mozart e Beethoven e ci consegna non un punto di arrivo nel suono nella teologia bensì un punto di partenza. Questo scopro questo ti rivelo. Partenza a cui affidarci, un percorso, semplicemente vivendo la partitura nel suo concitato drammatico, ricca di pathos, e insieme intrisa di rarefazioni, con le masse corali che si sfumano e le masse strumentali fluttuanti agogicamente. Questo Requiem non va ascoltato e fatto proprio per avere semplice consolazione - neppure se tu deciderai di non dedicarti più come in passato a forme estetiche di vissuto - bensì come una tappa del percorso religioso ed emotivo che hai intrapreso. A questo punto il Requiem è pure cattolico. Cristiano in tutto il suo fulgore. Puoi pensare a Gemma Galgani puoi trovare pace e aspirare a che i tuoi morti ti ritroveranno come tu ritroverai loro vivendo la tua conquista, quella che conta, mio Bambino sulla Sedia, mio Accio, dell’Amore che salva oltre quanto è terrestre. Io voglio stare con te. Anche nel giorno dei morti. Quando piango e prego ascoltando il Requiem per le perdite drammatiche che, pur’io, ho vissute. |