:: Claudio Di Scalzo: GĂ©ricault verso Karoline Knabberchen |
Claudio Di Scalzo La donna giace morta, annegata, sulla spiaggia e tiene un bambino tra le braccia. “Il relitto” (o “La tempesta”), dipinto probabilmente nel 1823, raffigura, secondo quanto Géricault, ormai morente, confidò a Delacroix, una specie di teatro pittorico. Come teatro? Com'è possibile?!, …esclamò sorpreso Delacroix violando l'impegno che si era dato di ascoltare in silenzio quel gorgoglio sofferente. In questo teatro marino la donna differisce la mia fine, farfuglia Géricault... Ma se è morta annegata!, risponde l'altro pittore controvoglia... non capisco. Géricault tacerà. Non ha più desiderio di svelare il suo intento, ma potrebbe aver perso il filo perché i dolori alla schiena sono lancinanti. Il pathos del quadro sopravvive a ogni separazione tra la morta e il bambino che è vivo. Il presente per Géricault non può essere che questo. Il bambino è la sua pittura, che ha il coraggio dell'inattualità. Il pittore può morire nei suoi impulsi di distruzione, come forse progetta ogni grande artista, cercarsela la morte, recitarla, però l'arte sopravvive in fasce nella natura, immobile, essa anela di essere riconosciuta, qualche mano amica la raccoglierà in fasce fradice. Il suo essere singolare tra braccia ormai fredde concede una paradossale autonomia, la rende nel presente una pura estetica di pensiero. È frammento sempre differente, pura visione da interpretare, che possiamo sottrarre a un destino lasciato aperto dal pittore. Quel fantolino può diventare scrittura, altra pittura, altro corpo. Una specie di resurrezione proprio dove un metro più indietro significherebbe l'inghiottimento nel truce mare della cancellazione. Quanto sta in fasce, non scordiamolo, è una bambina! La raccolgo io per voi, proprio oggi, e Géricault mi ringrazia dal letto di morte con uno stolido Delacroix che sta lasciando, senza aver capito niente, la stanza dell'amico. Claudio Di Scalzo
Da “Gli ultimi dipinti di Géricault”, 20 agosto 2009. Per il 25° anniversario della morte di Karoline Knabberchen. Suicida alle lofoten. Il mio "racconto" di quadri e artisti sta ne “I calzari del Minotauro”, (libro inedito); in “Fuoriquadro Parigino”, 1984, adesso nel Tellus 24-25 “Scritture celesti”, 2003.
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