:: Karoline Fantasma appare a Fabio Nardi. Cura Claudio Di Scalzo


Karoline Knabberchen (1979-1984) a Marina di Vecchiano.
Senza data. Foto Fabio Nardi





KAROLINE FANTASMA APPARE A FABIO NARDI
E GLI PARLA NEL CASCINALE DI VECCHIANO
Senza data


Cura Claudio Di Scalzo

 

Nel gorgo, Fabio, che fu mio - dice Karoline - avrei voluto ci fossi per vedermi inabissare

(e non in una camera ove ti avevo lasciato dormiente ignaro della mia scelta).

Null'altro. Ero naviglio capriccioso.

Ma questo non fu possibile: dalla carcassa di cielo capovolto attraverso il prisma lacrimale vedevo sciarada di stelle nel nero immobile delle Lofoten; pensai ai glicini, mentre la luce fredda delle stelle pungeva come aghi le profondità marine. Era un viola di risonanze per il nostro amore, triste e graffiante come siamo stati noi, l'uno per l'altra. Ricordi i glicini nelle fresche estati a Guarda?, la stessa luce inconcludente la masticavi in boccioli di noia cresciuti all'ombra del mio seno.

Oh, si fluttua, ombra tra le ombre nel liquido abbandono del tempo, dove ogni istante - ora sì - mi raggiungi e completi il gesto: eternamente.

Mi porgevi il rametto odoroso con il sotteso obbligo del rabesco, volevi crescessi nel gioco e nella sensualità che la tua misura mi prestava.

Sono stata fragile dal primo istante; e la tua delicatezza era tutta per il fiore. Ora, da questo Novembre caldo in cui piovo cocciutamente sul tuo cuore, ti vedo e sorrido, mentre sposti l'equilibrio dal fiore alla donna e viceversa: stringendo il morso al disastroso epilogo che mi, che ci riguardò. Perché tutta la mia disperata follia fu nel credere, fino alla fine che tu avresti saputo amare come avevo immaginato...

Mi stupivo di come si levigano in fretta le ossa, e come smaniose nella macabra danza riproducano nel tempo senza tempo un'intera iconografia. A loro manca la resina, scricchiolano come rami piegati dall'implacabile borea, nella stagione del sonno. E da ogni pertugio d'irrazionalità, da ogni breccia metafisica fan penetrare il ticchettìo sordo della loro musica. Certo, vago ad altezze ove quando giunge, se giunge, essa è appena eco: non sono rimasta là sotto, se è questo che vuoi sapere. Ma nel tempo senza tempo i ricordi son sciolto presente, e futuro condensato per riti ancora da scoprire.

Mi sentirai a volte, e ti parlerò - pensa alla comodità di un fantasma ciarliero che puoi definire, come Beethoven, l’Amata Immortale - che dai luoghi che ami, dalle rocce tragiche e candide d’Engadina facendomi accompagnare dall'Allegro moderato nel Concerto N. 4 per corno di Mozart. Terrò aperto per loro quel pertugio, perché l'altro levigato, tragico bianco danzi per te la mia memoria; scandiranno col loro meccanismo il tempo che è nel tempo, eserciteranno sul tuo corpo la forza che t'aiuterà, ti darà peso.

Io, Karoline, se me lo permetti, sarò il tuo vettore. Sì, ora so che sorriderai. Trovi sempre il perno umoristico in qualche mia affermazione. Di tutt’altro impegno. Era la tua specialità quand’ero viva e lo fui fino al venticinquesimo anni di età.

Quanto andrò narrandoti  - se capirò che m’aspetti se non ti spaventi e impari da quanto ti dico – lo raccoglierò a fatica raccolto sui fondali, evaporando flutti attorno alle Lofoten; e ciò anche per recuperare quelle pagine che non ebbi tempo di scrivere, con il cui inchiostro s'è tinto di piombo qualche flutto del Mare del Nord.

Ricordati che quanto vai cercando non può essere Romanzo, bensì Preghiera: mentre ti libererai del racconto solito sul Tragico che mi riguardò sui riflessi che in te ebbe ed ha, essa renderà me orazione silenziosa dei giorni e delle notti sulle notti che vivemmo assieme. Ci assolverà. La salvezza non è meta ma processo; e non ha mai fine.