:: Fabio Nardi - Karoline Knabberchen passeggera in terra: A Bruges. La figura sul ponte. Rodenbach. Specchietto ombelico letto. Febbraio 1984. Cura Claudio Di Scalzo |
Febbraio 1984 - Fabio Nardi - Tecnica mista su carta
Io e Karoline Knabberchen nel febbraio 1984 eravamo in Belgio. Visitammo Bruges. Nel “Canzoniere in vita e in morte” di Karoline Knabberchen, in quanto pubblicato (la punta dell'iceberg) sull’Annuario TELLUS24-25 “Scritture celesti. Poesie in cerca di Dio”, 2003 (presenti anche Alda Merini; Alessandro Fo) Bruges non compare, a differenza di Anversa, Bruxelles, Gand, Ostenda, Malmedy, Ypres, Grammont, con prosa e poesia; bensì soltanto con descrizione di una fotografia “Karoline mentre si volta col bucaneve, ed è febbraio, sulla darsena di Huidervettesplein a Bruges”; andata perduta come del resto tutte quelle che la ritraevano con il fiore da lei scelto di stagione, fino in Norvegia. Rimangono le descrizioni. La madre Gerda Zweifel le distrusse assieme a tutte le stampe e negativi custoditi nella camera oscura, centinaia e centinaia e centinaia, a Guarda d’Engadina, dopo il suicidio della figlia il 20 agosto 1984. A volte, nel dormiveglia, nel sogno, mi riappare quanto fotografai: Karoline me le porge muta: mi sorride enigmatica oppure sembra interrogarmi sul perché desideri rivederle se lei è lì con me. Al risveglio so che sono quaranta anni ch'è andata via: PASSEGGERA IN TERRA! E mi dispero. Sull’Annuario Tellus ricordato non pubblicai nel 2003 quanto scrivemmo perché in questa città Karoline ebbe una crisi terribile di ansia e panico e tosse: vedendo, la foto che conservo, dove fotografai una figura su di un ponticello. Nella foto, la persona, è grande come un coriandolo. Ci guarda, la vedo da vicino, ci guarda Fabio. È malvagia. Scappiamo! Non svilupparla! Promettilo. Promisi. Ma anni dopo il negativo lo sviluppai. Sì, c’è da spaventarsi. Perché era la Morte che la fissava, da lontano (l'ingrandimento lo confermò anche s'era un grumo indistinto d'occhi denti) ma sempre più vicina. A lei.
Per distoglierla, e ci riuscii, in albergo le scattai fotografie maliziose e divertenti: con uno specchietto sul letto. Lo spavento le passò. Tanto che scherzammo sulla poesia di Georges Rodenbach, come “Les glaces sont les mélancoliques gardiennes”, che quanto a spargere tristezza enigmi profili funebri era largo di maniche. Perché non la traduciamo Fabio? Così facemmo. E siccome ero, giocoliere o mago dei segni, forse lo sono ancora: su di una carta spessa usando dita e pennello di fortuna con colori acrilici di base con qualche matita dipinsi “Rodenbach qui a Bruges mi baca l’Esserci”. Freud e Heidegger per scansare Rodenbach e la sua funebre “Bruges-La-Morte”. Dopo andammo, rischiarati, a visitare nella Chiesa di Nostra Signora (Onze-Lieve-Vrouwekerk) la Madonna col Bambino di Michelangelo.
Georges Rodenbach SPECCHI GUARDIANI MALINCONICI (Traduzione Knabberchen-Nardi. Febbraio 1984)
Gli specchi guardiani malinconici dei visi che in essi si sono guardati, lusinga ubbidiente, senza mai dinieghi a sera vivono quotidiana crisi. È la loro patologia la sera così com’è: come ancora esistere, cacciare via lo spavento di smarrire linee colori? In tal maniera lungo un canale svaniscono già i cigni, mischiandosi alla tenebrosità. Male umbratile, che s’amplia in un alone che gli specchi pian piano spoglia e annulla. Lottano essi, vogliono resistere, il fluido lume la sera nega, per un attimo... Però l’ombra diventa greve, essi più stanchi: non sono più testimoni nelle stanze. L’immiserisce questo strambo male: paiono indifferenti, e già lontano, quasi assenti e al di là della vita! Sbiaditi ricalchi, imperfetti miraggi; oh oi per gli specchi è una malattia quest’ombra che cresce tuttavia: sono fragili, e di riflessi vivono.
GEORGES RODENBACH LES GLACES SONT LES MÉLANCOLIQUES GARDIENNES Les glaces sont les mélancoliques gardiennes
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