:: Salata sull'Everest con Monteverdi - Imbecillità con Morte - II |
PREFAZIONE A SCHEGGIA
"Imbecillità con morte" è una scommessa narrativa e disegnata - aperta al corredo sonoro - che si è impennata e nutrita di decennio in decennio: 1973, 1983,1993, 2003, 2013. Nel senso che ogni decennio ne ho aggiunto e curato un tassello. Senza mai darle forma definita. Ora L'Imbecillità, escludendo per il momento la Morte, sia del protagonista, che non sono io, bensì Covato Poco, sia dell'autore che son io, conto di concluderla. La voce femminile appartiene a Salata.
SALATA SULL'EVEREST CON MONTEVERDI PER SALUTE D'AMORE
Son sbalzata sull’Everest dello scalzato canto. Son distante col salubre Monteverdi. Covato poco. Mio. Sì sì. No no. Ho in me del passato nostro la bellezza che ho potuto e voluto salvare in questa scalata sottozero. Non potevo caricarmi come uno sherpa. Non ne ho la forza. Del resto, della luculliana festa sul limitare del paganesismo sfrenato, anche erotico, non porto niente con me. Cerco la bontà pura tra le nuvole dello spirito. Son Salata Levissima. Non ritiro quanto scrissi di passionale però lo scruto dall’Everest. E mi chiedo cosa sta schiudendosi qui al freddo. Sono lontana e ghiacciata, ora, irrimediabilmente lontana da quelle nostre gare a coppia di canottaggio tra schiume di carteggi e lettere slabbrate. Accettami sull’Everest poi quando torno, se ti piacciono i ghiaccioli, ciucciamo assieme la tua svitata cova e la mia assalata e assennata discesa nel bollor’io. Dopo il gelo della separazione in tua imitazione, neh! mi leggi covatello insano trovatello letterario sulla mia gelida mano?, so essere ancora sarcastica! In sincerità do-deh-dodecafonica potrei tentar, oh sventata?!, di metter su famiglia, sì sì, con te! avec toi nelle bassezze, comprese nel prezzo!, non lo so!?, non lo so dio mio! - e per accudirla ci vuole un lavoro che non sia il tuo sbertucciare la poltiglia surrealistica fuoritempo. Questa conclusione sacramentale con l’anello al dito mentre m’ingobbisco alpina andina everestina altarina se non alticcia sarebbe portentosa e poetica. Perfettamente imbecille. Gelo poi ancora caldo per slittare la passione. Amo nella fuga un Covato poco schiuso a crudele gioco che vale men di Zero. La prossima volto, sì sì, scappo nell’Orinoco per maledirti vero. Tua, no no! non so, Salata
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