:: Covato Poco: Hilborn e Savinio |
Alberto Savinio SULL'ORIGINALITA' NELL'ARTE “Questo prurito dell'originalità ha fatto zampillare da ogni parte e ha moltiplicato all'infinito un tipo bizzarro d'uomo quantunque banale, e di cui numerosi esemplari pullularono a tutte le età di decadenze: è il tipo dell'artista-martire – èra povera, degenerato, quasi sempre malato, alcoolico, corazzato d'ignoranza, incapace di tutto, destituito d'ogni talento, che recita grottescamente la parte del rinnovatore, del genio incompreso, calcolando sull'assenza di scrupoli che caratterizza la società contemporanea. Questi uomini tristi trascinati nel turbine dell'incoscienza generale, vivendo continuamente fra sé stessi, in una specie di ghetto artistico, hanno la mansione di allestire instancabilmente un pasto d'arte per la borghesia insaziabile che non ammette di fare oggi colazione con la medesima pietanza di ieri.” dalla rivista "Valori Plastici", Arte=Idee moderne, novembre 1918
Signori. Leggo/ascolto la performance di Neil Hilborn, poeta del Minnesota, che mi dicono soffra di un disturbo convulsivo ossessivo. Poesia “convulsente”? Sì, e sfrondata dalle male erbacce del buonismo, o dai finti abbruttimenti neogotici. Quest'uomo, penso, non si prende sul serio: egli prende sul serio ciò che fa. Meraviglia! Un raggio di luce squarcia il cielo nubiloso della poesia da recitare. Nell'arte, come in ogni cosa che solletichi il sacro, così andrebbe fatto. E ne provo gran piacere. Anni luce da ciò che i prodotti della sotto cultura nostrana sforna, in gran parte assorbita nel crearsi una patina di civilissimo consenso (anche nel controcorrente sempre ben regimentato da alti argini di finto maledettismo). Ma il mestiere dell'artista è e deve rimanere più alto. Parlare d'amore attraversando il difetto è qualcosa di pienamente cristiano (a Hilborn potebbe essere, senza contraddizione, perfettamente agnostico).
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