:: Accio e Sara Esserino: Beato angelicato et fiesolato. A Karoline Knabberchen a Fabio Nardi |
Accio e Sara Esserino a Karoline Knabberchen I A latere della crocefissione, eterna, Fiesole risplende - tu l'avresti mai pensato?: se solamente il raggio del Beato Angelico non l'avesse angelicato, questo luogo... - siamo, Accio-Fabio e io, due/tre schegge sul sagrato. Blu lapislazzuli senza lazzi e svolazzi: ci assorbe e assolve, il Cristo. Tutte le strade qui convergono, dinnanzi a San Domenico e poi piegate intrecciano in fronte a Nostro Signore le spine dei giorni che furono, per te Accio/Fabio, apparizione e sparizione dell'Amore assoluto. Non credevi possibile che sotto l'arco losangato dove da cinquecent'anni la croce cresce nella sua ombra la città di Fiesole, un giorno avresti ritrovato il tuo passato, risolto, sollevato in piuma sulla ruga della fronte? Ma proprio tu mi raccontavi (ed era Karoline Knabberchen a regalarti segreti coriandoli di salvazione) come l'arte, quando tocchi l'eterno, raccolga in sé in setaccio noi tutti, le nostre vite e smarrimenti, per riporle un dì tra le nostre dita mondate, risplendenti perfezione - la perfezione che non potevamo, non capivamo allora? Possiamo allontanarci da Fiesole allegri, Accio/Fabio. Tu pensavi già di doverci abbandonare dell'altro; che qualcosa da te si sarebbe involato in fumo, nel terracqueo anfratto dei ricordi. Invece l'alleggerimento è sublimazione, rarefazione tra materie ostili: rinascimento che è preludio di rinascita. Questo depongo per te sull’altare. La fronte, liscia, della preghiera in bacio che sollevi, guardandomi - tu, inginocchiato; io già pronta a uscire all'aria aperta. T'aspetterò fuori, mentre porgi l'ultimo saluto al Cristo.
II La Crocifissione del Beato Angelico. La natura umana nella sofferenza porta nell’arte, vivendola soggetto offeso, la sua finitezza e temporalità. Solido appare l’evento del dolore in questo mattino fiesolano. Marzo non è più un sentiero geroglifico che tende alla sommità, che può perderti, penso. Si apre il vento primaverile dove s’inazzurra la collina col cielo mite. C’è un nugolo di api sul fiore a capino brinato dell’aiuola. Il pungiglione dell’eternità compie prove e le lance sul costato non feriscono più. Pensò Il Beato Angelico. La pittura maturi per me il frutto della Grazia, quanto attorno fu turbolento, passato di altri mesi primaverili con immagini senza soggetto e destinazione, trovi il rigore della misura, della compostezza, della beatitudine nella nostalgia dell’atemporale, divinità, qui sulla terra collinare, nel convento, aprendo alla molteplicità di me in te Cristo, di me tenuto per mano dalla storia fiesolana, me la sussurri ancora Sara?, volatile alfabeto nel mattino.
colonna col Crocifisso Fiesole |