:: Margherita Stein: Anarchicamente delirando. 1986


Margherita Stein. 1978. CDS





Margherita Stein

ANARCHICAMENTE DELIRANDO

1986


E bisogna essere sempre più numerosi per mettere in iscacco la logica di morte del Capitalismo.

Dov’è finito Eliogabalo, il giovane imperatore folle sorto dall’anarchia sessuale delle sue tre madri, che coltivò il disordine personale e politico fino a farsi scannare?

Dov’è finita la cruenta anarchia militare che seguì all’assassinio di Commodo?

Che fine ha fatto l’anarchia feudale? I cavalieri baroni che con i loro luccicanti eserciti davano l’assalto all’ordine monarchico?

Dov’è persa l’anarchia del capitale di cui parlava Marx e di cui parlava ancora, con occulta ammirazione, un Georges Bataille?

Capitale finanziario; gioco in borsa; miliardi di miliardi bruciati in un solo giorno; che gloria che eccitazione: quelli sì erano uomini assurdi: capaci di spararsi un colpo in bocca una volta che tutto andava in fumo!

Anche Deleuze e Guattari hanno alfine definito il Capitalismo un delirio molto speciale.

E non è un delirio anche l’anarchia?

Già, perché delirio - scrive Deleuze - significa proprio questo: USCIRE DAL SOLCO.

E non è un uscire dal solco l’Anarchia?

Che scemenza ridursi al Comunismo frutto di un piano quinquennale o alle massime di Mao.

Bisogna spingersi fino al punto in cui ogni Autorità è infranta e ogni rapporto è anarchico.

An-archico è lo scaturire puro e semplice, l’insorgenza inautorevole di una parola pensante. Poiché questo è sempre devastante. In amore e nei rapporti fra le persone.

Mi torna nella glottide il bene rovente che ho per te. Sofferenza nella sbiadita mia condotta antiautoritaria verso l’amore vecchianese che impone pastasciutte ai frutti di mare e il sesso ogni giorno nell’angolo più appartato del fienile.

Le mosche come colludono con gli zuccheri sulle bucce dei frutti? Quelle che lasciamo sui piatti!

Dimmi la verità! Qualche volta pensi che la mia filosofia sia il lato velleitario di una follia latente!! Invece è sprezzo del pericolo. Il grumo di tempo a me concesso che resiste al Fato vestito di parole, anche inautorevoli. Ti piace questo nuovo aggettivo di mia invenzione?