:: Sara Cardellino: Scene della foresta di Schumann con Accio in pericolo




 

Sara Cardellino

SCENE DELLA FORESTA DI SCHUMANN CON ACCIO IN PERICOLO

a Claudio, con amore e bene, queste scene della foresta di Schumann per ricordare il bimbo e l’uomo Accio.





CDS: Sara Cardellino ascolta e scrive sulle "Scene dalla foresta"


 

Le Waldszenen videro la luce nel biennio 1848/1849 mentre in Europa s’infiammava la rivoluzione. Le nove scene nella foresta costituenti l’op 82 incarnano uno degli ultimi contributi dati dalla creatività schumanniana all’arte pianistica. Il livello tecnico su cui si basano è quello della semplice musica destinata al “consumo” domestico (Hausmusik), ma ciò non deve far pensare che la raccolta difetti di originalità o pregnanza espressiva, perché è l’esatto contrario. Schumann parte dal semplice tema per sviluppare l’immensità del vissuto e del tragico che spesso si nasconde nelle pieghe domestiche. Il Bambino Accio ne ha vissute molte di queste improvvise pieghe sulle pagine nel quale è un piccolo Eroe da libro. Quasi una piega all’angolo della pagina che segna per sempre lo scritto vissuto sottostante come vedremo più avanti accade con il fiore di Friedrich Hebbel che compare in queste “scene”.

Come difesa il Bambino Accio raggiunge l’Argine del Serchio dove correre libero dagli spaventi e dai rami spinosi del bosco che s’eleva nella sua cameretta che guarda una torre, ghibellina, diventata campanile della Chiesa di Sant’Alessando a Vecchiano. Dove è il chierichetto più indisciplinato ma ben voluto dal parroco Don Gino che in lui vede il candore cristiano destinato a qualche tremenda Croce.

Fino a che punto Schumann, il compositore, credesse in questo frutto della propria fantasia è detto a limpide lettere dall’intento originale di associare ciascun pezzo a una didascalia poetica atta a enfatizzarne il contenuto musicale.

Giunto all’appuntamento con i torchi dell’editore, Schumann, cambiò idea, ma non per una pagina, la n. 4, “Luogo maledetto” la cui premessa in versi resta a testimoniare le alte intenzioni comunicative del progetto. Però questi versi sono anche un possibile ritratto infantile di Claudio detto Accio. Mi commuovo a trascriverli. So che qui nasce il mio bene e amore per questo bambino monello per questo uomo che ho ritrovato dopo sette anni ancora in un luogo per lui diventato oscuro, sanguinoso e cupo. Con tutte le mie forze ho cercato di salvarlo.

 

I fiori che qui crescono nell’ombra

hanno un livido pallore di morte.

Solo uno si rivolge al cielo

e spicca tra gli altri per il suo colore rosso cupo.

Ma fu forse il sole a tingerlo così?

No. Perché mai fu raggiunto dai suoi raggi.

Quel rosso è stato succhiato dalla terra

che lì, un giorno, si macchio di sangue.

(versi di Friedrich Hebbel)



 

(Al pianoforte Clara Haskill perché Claudio predilige questa eccezionale pianista e perché, secondo lui, ho gli occhi scuri come i suoi. Uguali. E la postura del corpo nelle fotografie come la Haskill)