:: Accio Strapaesano telematico: La Bohème di Torre del Lago per Sara Cardellino







Accio Strapaesano Telematico

LA BOHÈME DI TORRE DEL LAGO PER SARA CARDELLINO.

La Cena sull’Olandese Volante.
 

Nello stanzone, d’una casa di Torre del Lago, spoglio e dimesso nella muratura, e ricorderai che la Nada, mi-mà, chiama la stanza più grande a Vecchiano, quella non abitata dove ho lo studio di pittura, “stanzone”, tanto per fatti intènde che la mia parlata è uguale a quella dei torrelaghesi stando Vecchiano sull’altra sponda, Giacomo Puccini compone la Bohème.

All’interno di un circolo di paesani e pittori e scrittori e artisti matti e amanti del riso delle bevute della miseria da prende in giro e da vivéla come viene viene, che lo stesso musicista ha voluto. “Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, turris eburnea, vas spirituale, reggia” definisce Puccini questo lembo di terra “selvatio” tra mare e poe ‘ase storte ch’è Torre del Lago col suo Lago di Massaciuccoli.

Lui lo “sente” ‘osì, ma Illica, che scrive assieme a Giacosa il libretto della Bohème, cittadino, afferma ch’è “una pozzanghera” per niente sublime. A un certo punto, racconta Lorenzo Viani, lo scrittore e pittore viareggino, che di Bohème ne sa qualcosa, la vive la vivrà anche a Montmartre, Puccini esclamò col suo vocione: “Silenzio, ho finito la Bohème”. Il musicista al pianoforte attaccò l’ultimo canto di Mimì: “Sono andati…”. Puccini suonava e cantava. In quello stanzone che schifava Illica, dove la compagnia gaudente e allegra, Sara, creava arti, estetica, paesaggi racconti poesie musica, s’eleva una musica drammatica e profonda, testimonia Viani col suo solito selvaggiume addosso; tutti si tormentano, ognuno vede la scena della morte della tenera Mimì. Giace fredda. La “soave fanciulla” s’é spenta. L’accoglie il povero lettuccio. Il suo canto non lo udremo più. L’amore a cui era destinata finirà in una ghiaccia tomba. Piangiamo. “Anche Giacomo pianse”.

Lacrimo anch’io, Sara Cardellino, mentre ti scrivo nel Venerdì Santo, questa lettera, dopo che il 25 Marzo abbiamo visitato assieme la Casa di Puccini e siamo stati in barca sul Lago di Massaciuccoli. Mi hai rivelato tanti legami musicali nel melodramma pucciniano. Con parole semplici che le avrebbe capite un livornese!, ma il racconto sulla Bohème, vissuta da Puccini e dai suoi amici viareggini come Viani come il pittore macchiaiolo Fanelli, te la posso raccontà soltanto io, che son degli stessi posti, che parlo come loro parlavano, e soprattutto, che pensa come l’arte e la poesia e la musica, anche quello che attiene al Tragico, possano nascere nella compagnia di artisti che stanno con la gente che non vive d’estetia, come faceva Puccini: pescatori, paesani, narratori orali mattoidi, gente del popolo, cacciatori di folaghe.

Per questo mi firmo: Accio strapaesano telematico. Come facevo vent’anni fa all’alba del web. Convinto, più matto d’un Matto nelle giuncaie, come scrive Fucini, col cervello d’arrovescio come dice Lorenzo Viani, che il locale e il Globale, un Glocale strapaesano, potessero segnare una nuova via artistica. Umana soprattutto.

Non ò proprio ‘apito come andava il mondo e dove volevano andà gli artisti e i poeti e le poetesse,… però Puccini e la Bohème li intendo. E spero custodirai, la nostra cena, la Domenica delle Palme, sul veliero L’Olandese Volante, attraccato e con le vele legate, a Bocca di Serchio.

Tu hai una bella voce nel canto… e se pure io raspi con l’ugola a te è garbato lo stesso fossi tanto felice… o mia Mimì o mia Butterfly… al sicuro ora dal dolore con me. Questo melodramma ha un finale lieto. Diciamo che le morti, tanto più sotto Pasqua, son fatte per risorgere. Ma se avvengono per mangiare affamati le pastasciutte con le arselle e i baci che scatenano… è parecchio meglio. Tuo Accio