:: Accio e Sara Cardellino: Cuor Lapillo Cuor Argento Cuor Oro. Catania 8 XII 2024. |
Siamo a Catania. Visitiamo io e Sara Cardellino città e dintorni fino alle atmosfere Verga Aci Trezza bòn vino ricette leggera brezza dicembrina; fino all’Etna. Cardellino acquista alcuni monili. Tra cui un Cuor Lapillo uno d’argento uno d’oro. -“Abbondiamo per l’8 dicembre poi te li regalo e tu li regali a me!”. –“Ah beh. Sentitamente ringrazio per dono andata e ritorno”, dico. –“Ah Accio non basta”. –“E cioè?” –“Scopriamo cosa sai dirmi per ognuno”. CUOR LAPILLO NERO AL CUOR PORTA SCOMPIGLIO SINCERO. CUOR D’ARGENTO AMOR DI COPPIA PORTENTO CUOR D’ORO DI SORRISI T’INDORO. -Contenta Cardellino? -Per niente! Tutto qui il tuo genio poetico? Dai sforzati per qualcosa di meno scontato. O sei giù di creatività a fine anno Accio? Mi maledico! Come vorrei essere un turista un uomo come tutti. Con moglie o amante o amica. Che semplicemente se la cava con frase adorabile bacio abbraccio! Questa fantasia è la dannazione mia. E non c’è verso di sfuggire all’imperio che mi rivolge questa veneziana munifica. Ma non bastava un monile uno spillo un orecchino? Rassegniamoci. Son come il povero cantore nel castello per la contessa altera e aristocratica. Bisogna strimpellare e farla divertire. Speriamo che alcova intanto per me covi in lei premio! Contessa Cardellino solitamente è generosa in eros s.o.s poetico se esaudita a puntino! Fo ricorso al mio suggeritore Daniello Bartoli. (Ferrara 1608-Roma 1685). Gesuita uso a poetizzare ogni aspetto del quotidiano in elenco e nel tempo. Glielo faccio vedere e leggere io a questa veneziana di cos’è capace Accio Barocco. Fino ad esser suo perfetto cocco. Che poi le scocco freccia punta e cocca.
CUOR LAPILLO Mi avvicinai per leccare tuo cuore lapillo, mi dicesti: “Prima togliti la corazza Armadillo!” Ti agguanto nella palude cosce nude volendo leccarti Cuor Lapillo: per niente preoccupata del morso m’ irridesti: “Sei brillo dannato coccodrillo: calvalcami col dorso che il còre mio morso val meno d’un torso”. Ti catturo sull’albero fronzuto e manco chiedi aiuto: “Vò bàciar ir tu’ ‘ore lapillo”. Rispondi: “Ma sei scemo muso di cane culo rosso mandrillo? Leccami piuttosto quanto ho fra le cosce e dammi il tuo coso a più non posso. Fai onore ar tuo nome e lassa perder il muscolo nero in me poco sincero. Seppur vero”. A Sara Cardellino Etnea. Elenco mentre col Cuor Lapillo sul petto sublime ti penso. Bacio il suo neo Accio Daniello allegro pisano fanello. Tu mio assillo mentre in man tieni Cor Lapillo. Discende il buio in me, fondo amaro buio, a che pro chieder aiuto?, per raggiungerti e sei ad un metro, in questo tempo tetro, valico l’alto sterpo il sommo della balza e t’offro miei ricci grigi sotto ciel bigio inginocchiato penitente. Chiedo dolcezzo misto carezza. Tira con desiderio all’antico stallone la cavezza! Il core nero lapillo mi rende l’animo arzillo. Perché il mio è bianco e nel contrasto col tuo Sara divien allegro trillo. Il còre lapillo come invadente bacillo tutto ir mi corpo prese e vi rotolò come spillo: poi giungesti tu Sara e per ogni puntura mi donasti un bacio che mi rese allegro pistillo. Il Core nero Lapillo che m’offristi mi mi fé inventare cavillo che mi trasformò in cavallo e tu in bianca cavalla e l’amore femmo in camporella. Doppo sull’erbetta siciliana al piè dell’Etna assieme firmammo amato codicillo sulla metamorfosi, e perdiò, dicemmo: Grazie Ovidio per questa vena. Dandomi il Còr Lapillo, Sara, dal nervoso ti trasformai in grillo e ti lanciai una scarpa mentre diventavo Pinocchio strillo. La scansasti. Adolorata mi chiedesti: Accio mi odi? Ti risposi di No, ma che grazie a Collodi al mio naso lungo bugiardo, lo vedi che ardo?, diventerai mia squillo e ci ameremo con ogni vessillo e zampillo. Annuisci: e dici: che sono il tuo uomo-bambino pupillo. Col cor Lapillo che sul tavolo di cucina al centro della tovaglia mi spinge a ogni voglia. Allora col mirtillo e la panna e il mascarpone preparo per tua lingua il dolce. Aggiungo lingue di gatto: tu diventi topolina nera per mia zampa gustoso gingillo. Mi tieni in gabbia e per farmi cantare posi accanto al miglio Còr Lapillo. Allora zirlo perché son tordo poeta. Tu torda apri la porta e insieme voliamo nel cielo di dicembre con nostre ali tempre in ogni prillo.
CUOR ARGENTO Il tuo còr d’argento se l’addento mi rompo dentro. Dente rimane sano ma io inargentato t’amo invano? Accolgo il Destino con Sara Cardellino sotto all’Etna e cangia nel magma nostra intesa racchiusa nel cor argento. E vedendomi perplesso dici spensierata: “È tutta questione d’accento e alla postura nostra acconsento”. Pensa, Accio, se fossimo due uccelletti con questo Cor Argento cosa potremmo ricavarne. “-Acconsento pensante non ne ricavo niente, Cardellino”. -“Uffa. Accio, che fantasia corta! Il nostro annidamento nel metallo ci permetterebbe l’eros in volo io piume tu fallo”! Ridacchio alla facezia. Per cortesia. E dico per dispetto: “ tale appaiamento sarebbe rischioso ci daremmo appagamento fino a fonderci nel godimento spariremmo e resterebbero piume calanti a terra testimoni di acrobazia in disargentata. Ex Kamasutra alata”. Sara fa spallucce-alucce indossa Cor Argento con il naso in arricciamento. Mattinata rovinata rima non approvata. Del Cor Argento mi accontento, Sara, seppur non sia oro e sempre meglio del nero lapillo. L’Amor è accecamento misto accomodamento in imperituro appaiamento metallo duro e pietra che non arretra davanti a niuno cavillo. “Guarda l’orecchino argento perché da me non avrai più denudamento!” Quando propongo realismo crudo perdo sempre di Sara il nudo. È la regola! Metallica inargentata. Ma siccome Sara è monella e anco a lei piace il mio metallo (con cosa fa rima?) m’offre sempre rimedio: “Tenta e forse sarai perdonato Accio col Cor Argento di trovar per me sublime adescamento!”. E io ciò tento.
Vellica i baffi della fantasia a te avvinta Cor Argento per novo albeggiamento. Amarci è nostro comandamento intero arco segreta meraviglia degli amanti bilanciamento. Omaggiamo Sara l’imbiancamento dell’Etna con la fiaccola sotto al moggio, verità nascosta rivelata stanotte argentata, come preziosa fòla che nostri còr invola. Perdona con bacio rovente tuo cavaliero che vien da Lentini co sguardo fiero e grigi baffi fini. –“Bacio ti concedo e altri a seguire perché sei abile e poeta che sa la sua meta nel perfetto addobbamento ti te argento e io oro che concede perenne intrecciamento. Sono la tua vulcana, e ora te lo dimostro” Doppo l’amor sublime e dei sensi cos’altro mi dice il cavaliero argento siero. Che sia per me vero e metallicamente sorridente? Vulcana come lava! Con ammorbidente pel argento còri portento.
CUOR ORO
Se indossi orecchini d’oro ci baciamo amor ci diciamo ecco il nostro capolavoro! Così smagliante nell’oro prima o poi andiamo sul Bucintoro. Io mi cingerò d’Alloro e saprò che la poesia sei tu per averne nei giorni Coro. Nuda sul letto con marmoreo esposto petto indossando soltanto orecchini d’oro chiamo i cinque sensi per goderne su di te concistoro. Guardo mentre ti vesti e indossi orecchino d’oro. Mi s’alza il pennone. Tu Sara mi guardi maliziosa. E dici: vuoi far vela con me Commodoro se calo la tela? Sara esce dalla doccia la guardo goccia dopo goccia. Indossa sotto ai bagnati capelli orecchini d’oro. Mi sento Castoro e le fo vedere le dure palle. -Vuoi queste preziose biglie che sul tuo ombelico faran faville? – Sì Sì! Accio… se accetti il rischio che cacciatrice Diana poi le accosti tagliate, meglio morsicate?, al vischio. (NdC: nell’Ottocento i castori furono quasi sterminati perché catturati se ne usavano i testicoli per medicinali e creme oltre che per le pellicce). La testa della Ninfa luminosa con orecchini d’oro la seguo fauno sull’erboso pianoro. O mia diletta vogghio fluir con te nel canneto se mi doni nascosto tesoro. Se l’orecchino tuo Cardellino d’oro pende sul mio petto: nella rivelata parola dimoro e colo: còre brilla fosforo nel buio mentre tue labbra divoro.
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