:: Claudio Di Scalzo: Due anni di attesa. Storia semplice con morale cristiana e presenza di Gemma Galgani. Da AMORI A BASSA QUOTA |
Claudio Di Scalzo (Storia semplice con morale cristiana e presenza di Gemma Galgani) Franco Del Seppia era un appassionato di nautica. E s’era convinto che sarebbe stato capace di progettare e realizzare una barca, con una vela, per andare da Vecchiano a Marina di Vecchiano sul Serchio. E superata la foce spingersi al largo a pescare orate e branzini. Era un uomo semplice. Un maestro d’asilo. Rimasto per questo anche un po’ bambino. Alcuni dicevano un po’ scemo. Tutto preso dalle sue fantasie perso in un mondo tutto suo, insomma con i capelli ormai grigi, stava ancora dietro a fantasticare sui fumetti, romanzi d’avventura alla Salgari, letti, identificandosi con gli eroi e le loro sventure e gioie. Capiva soltanto quelle semplici trame. Niente classici, niente poesia colta, salvo i versi semplici di Palazzeschi di Moretti di Govoni. Franco Del Seppia su internet non andava e non aveva connessione nella sua casa ai margini del paese dove viveva, a Montuolo. Un giorno alla Fiera del fumetto a Lucca aveva conosciuto una bella donna perché avevano scelto nello stesso momento, fino a sfiorarsi le mani, un fumetto d’antiquariato da uno scaffale espositivo. Era una storiella manga; e a Franco piacevano anche i fumetti giapponesi, in questo l’eroina guariva il samurai ferito posandogli la mano sul petto una volta tolta l’armatura. Grazie a quella mano poi il fumettista evocava le sciagure del guerriero perché era ferito mortalmente e anche faceva a lui capire che pure l’eroina aveva ferite e vissuto drammi. Trama semplice simbologia alta. Franco lasciò il fumetto raro alla donna. Lei fu colpita da quell’uomo timido e un po’, diciamola tutta, candido. Lei era un ingegnere navale. Dirigente in una importante azienda che costruiva yacht, fuoribordo, cabinati, multiscafi offshore, addirittura brigantini moderni a vela. Insomma un’autorità in materia. Franco, candidamente, le disse che anche lui progettava una barca con una vela sola per il Serchio. Per pescare orate e branzini e pesci d’acqua salata, più buoni cucinati, rispetto a quelli d’acqua dolce. La donna sorrise. Bonaria. E un po’ stupita. E disse a Franco di informarla sui suoi progressi. Sui suoi disegni. Che l’avrebbe per certo aiutato. Franco le disse che non aveva dimestichezza col web. E allora mi scriva lettere tradizionali. Oh che bello! E mi spedisca buste con i suoi disegni. Franco non se lo fece ripetere due volte. Già nei giorni successivi era lì a scrivere con la sua calligrafia un po’ troppo grande nelle vocali che lo facevano apparire piccino d’età, anche se non lo era, alla Donna di Genova. E a imbustare disegni della sua barca in costruzione. Lei gli rispondeva. Entusiasta per quei pensieri e quella fantasia stravagante col vento nella vela della dedizione. Franco le rivelò che l’amava. Senza tanti giri di parole. E lei senza tanti giri di parole gli disse che viveva lo stesso amore. Franco era al settimo cielo. E quando le propose di rivederla lei gli rispose che non poteva al momento. Per impegni e perché era caduta facendo jogging procurandosi fratture che le impedivano di camminare con scioltezza. Franco non disperò. E disse che l’aspettava. Anche al secondo anni di Fiera del Fumetto, La Donna di Genova scrisse che non poteva raggiungerlo perché un’allergia la faceva tossire continuamente. Respirava male, e allora come conversare? Franco non disperò. Eran passati due anni senza più rivederla, ma anche in quei giorni di bailamme fumettistico, lui molto triste, continuò a spedirle scritti sulla barca, ormai erano migliaia, e i disegni sulla barca e sul mare, e a volte pure sull’oceano, pure erano migliaia. E in essi c’era lei come se la ricordava come se l’immaginava come la pensava. A volte anche nuda a volte anche che lo baciava a volte anche che ci faceva l’amore. Perché Franco fedele alla barca e alla sua “ingegnera” si auto-soddisfaceva con l’auto-erotismo. Pensando a lei, ovviamente. Io l’aspetto ancora si disse. Anche tre anni. Era in San Colombano sulle Mura di Lucca, quando si ripromise ciò. E stavano smontando gli stand, la fiera del fumetto era finita. Un giorno di dicembre il vicino di casa (lui non aveva amici. Aveva soltanto la barca, i fumetti, i romanzi del corsaro nero, e lo scambio indirizzato verso la Donna dI Genova. Che era diventato a senso unico. Lei scriveva raramente ormai) al quale ingenuamente aveva detto che pure lui aveva una fidanzata e che aveva il nome e cognome molto intenso. Nobiliare e genovese purissimo. Gli disse che con internet poteva sapere dov’era cosa faceva con chi viveva. Esio strabiliò. Ma certo basta andare su Facebook. Ah sì!, esclamò. E segui il vicino di casa. Nel suo salotto dove aveva il pc. Con grande schermo. Facciamo la ricerca qui, al fisso, disse, così vedi meglio, ma ho anche l’ultimo modello della Apple. E Franco non sapeva proprio cos’era. Fece la ricerca quell’amico cortese ma anche impiccione. E apparve la Donna di Genova. Tutta radiosa e a quanto vedeva in salute. All’inaugurazione di una mostra di barche futuribili e yatch da fiaba. Accanto a un ingegnere azzimato e statuario. Di quelli che ci picchi musate. A scambiartici. Mentre spiegava al pubblico presente le novità dell’anno, e l’interpretazione tecnica da dare a quei capolavori realizzati dalla sua azienda. La prima nel settore. È questa? chiese il vicino di casa? Ed Esio rispose con la morte nel cuore, No. Non è questa. La mia Donna di Genova è un’altra persona. Ma grazie per avermi dato questa opportunità. Poi rientro in casa. E capi che aveva subito la più grande presa in giro della sua vita. L’aveva preso per il naso la “sua”, per modo di dire, Donna di Genova. Per due anni. Guardò l’opera, perché di opera si trattava, anche se assurda e strampalata, composta di scrittura e disegni, alcuni anche se naif proprio belli, e capì che tutto quanto era frutto di una presa in giro. Si disse, per consolarsi e non cadere per terra, che anche essere il primo in questo campo, dei presi in giro, in amore, era un primato. A rovescio. Si disse, vieppiù per ferirsi!, che una presa in giro simile, era un vero e proprio capolavoro di inutilità, sigillante la sua esistenza, basata sull’ingenua credulità in amore; e per certo tanti scritti e disegni, rivelatisi tanto idioti e stupidi, non c’erano in tutto il globo prodotti da un uomo solo in due anni d’attesa. C’erano soltanto in quel paesino dove lui stava. E dove sembrava in quei momenti che morisse. Non riusciva ad articolare voce in gola. Poi per una specie di miracolo quei fogli bianchi e disegnati divennero vele grandi ma grandi come quelle di un veliero. E la sua barca diventò bellissima come nei fumetti e nei romanzi che leggeva dei corsari. Cosa sta accadendo?, si chiese. Poi sentendo tutto ciò come un miracolo, fiducioso vi sali e si mise al timone. Navigò sul Serchio, da Montuolo in avanti, lambì i paesini pisani, traversò la foce e andò verso il mare aperto. A quel punto avvertì la leggera pressione di una mano sulla spalla, si voltò e vide la sua santa, lucchese, Gemma Galgani che gli sorrideva. Lui fu felice guardando l’orizzonte e quegli occhi bellissimi più vasti dell’orizzonte stesso. E del mare diventato oceano. Portavano all’eternità. La sua barca piccoletta con una sola vela teneva la rotta in una maniera splendida. Fu così che morì Franco del Seppia nel sonno, e sognando l’amore mai vissuto e la sua barca che lo portava verso un amore di quelli che non scadono nella banale superficialità.
CDS PICCOLA NOTA Il parroco del mio paese, Vecchiano, mi ha chiesto una fiaba d’impronta cristiana, dove ci fossero elementi di fede e semplicità evangelica, e anche echi del mondo contemporaneo. Ho scritto la vicenda di un uomo semplice e ingenuo come Franco del Seppia. Andrò a leggerla in incontri per il catechismo, Cresima e Comunione, e in quelli che il parroco compie con chi si sposa. Confido che Gemma Galgani, mi perdoni di averla coinvolta in questa storia se ciò non l’apprezzasse; ma se riterrà la vicenda istruttiva spero continui a proteggere me e la mia anziana madre ammalata di cuore. Che seguo con ansia e ogni cura qui dove abbiamo casa e tempio.
|