:: Claudio Di Scalzo: Karoline Knabberchen a Lucca-Bruxelles col Cristo

 

CDS: "Karoline Knabberchen a Lucca nel dicembre 1983"

 

 

Claudio Di Scalzo

KAROLINE KNABBERCHEN A LUCCA-BRUXELLES COL CRISTO

                                           

(Risvolti di una notte insonne, accanto ad una riproduzione del celebre dipinto "L'entrata di Cristo a Bruxelles" di Ensor; rintocchi di luce nell'appena visibilità dell'alba; stupore e tremori sacri; Capodanno a Lucca)

 

Nuoto sul selciato marrone, dove si azzuffano gocce d'acqua nell'incessante pioggia che bagna (santifica) la nostra presenza qui. Quale bisogno di santità, chiedi; quale, di sacramento? Il borghese travestito da prete che ha appena svoltato in San Martino ci ammonisce, affinché ogni mascherata sveli il volto più vero dentro il proprio doppio. Oppure era lo stesso Santo, che vestiva se stesso da borghese mascherato, e voleva scavare il ricordo primo del nostro esistere. Nel pomeriggio le nubi avanzano come belve odoranti il terreno, mi chiedo quanto a lungo resisteranno le mie scarpe di tela e perché non vuoi fermarti in un caffè in via Fillungo, a smaltire la sbronza di canti, costumi e volti che snocciolano bianchi denti dagli alvei osceni delle bocche completamente disserrate.

Nel quadrato perfetto di San Giusto mi sento bene - non procediamo, non usciamo dal sacro recinto che delimita vita e morte di un dio! Mi domandi il suo nome, ed io rispondo col silenzio che manca a questa giornata, poiché scoperto il suo nome eccone sancita la morte: l'anonimia della fede è sigillo a questo recinto. Ma nel tempo del carnevale si complica la via sacerdotale - e nel frattempo, vedi, spiove e da dietro porta Santa Lucia si aprono squarci e un sole fresco, emaciato, ricuce l'ultima sutura tra giorno e sera in questo pezzo di terra - il sacerdote e la sacerdotessa sanno che dovranno vigilare affinché nessun demone travestito di mezzo alla folla festante trovi il modo di battezzare il dio del sacro recinto. Nulla può essere lasciato al caso, neppure il sonno, sulla cui nera lavagna si sforzerà il maligno di scrivere l'inscrittibile.

Stava per capitare a me, questa notte: una donna prese in mano il foglio, dov'era vergato il nome di Ensor: James; essa lo cancellò con un segno profondo di traverso, e riscrisse sopra, ben chiaro, Fabio; il mio nome lo lessi ma mi voltai inorridita prima di scoprire quale altro essa avesse sostituito con la doppia K. Mi svegliai nell'ignoranza per timore d'una responsabilità immensa, sapendo che m'imputerai anche questo nel conto che enumera tutte le forme della mia follia. Ma sarò serena e in salvo anche stavolta, come un lieto fine reiterato e come lo scampo del tempo nel nostro amore. Carnevale è carnem levare, così mi spoglierò d'ogni cosa, ripulirò le ossa, toglierò pezzo pezzo la carne che ci copre in tutto l'arco dell'anno. Enumererò le fibre, i tendini e le sottilissime vene che raggiungono ogni sconosciuta periferia dell'essere. Mentre tutti aggiungono, io sottrarrò. E sarà solo un lungo elenco di numeri tutto ciò che di caduco ci riveste. Ora ti investirò di fatalità, perché non ti persuadi a vivere e scrivere con la stessa abbandonata presenza; e affinché quanto nascondi compaia sempre dall'altra parte. Così non potrai fare a meno di ferirti, non sigillerai più le tue poesie con la fuga in lande di concrezioni filosofiche; senza abbandono alla naturalezza della tua condizione. Saranno, i nostri giorni assieme, veline sopraffatte dall'eccesso d'intimità con la vita. Fuggiremo l'aneddoto futile. Saremo necessari alle nostre intenzioni. Mai sopraffatti, se non nell'irreversibilità dell'ispirata appartenenza. Questo dice Cristo, dal quadro mettendo piede in Lucca, a pochi passi da noi. (Vecchiano, 1983)

 

 

Perché mia dolce bertuccia, la notte di Capodanno ti gingilli inutilmente coi carnevali olandesi? Caparbia resistenza dell'archeologa che abbia scoperto un'improbabile connessione tra i riti funebri etruschi e gli olii di Ensor (ed è proprio così, annuisci). Cerco di portarti a prendere un po' d'aria, a Lucca si starà bene: le Mura cingono come vischio i nostri abbracci intorno al nuovo anno, e tu non ti potrai spaventare. Era un brutto sogno, dentro il quale il pittore aveva acceso le sue traslucide palpitazioni simboliste.

- Non ti sei chiesta come abbia fatto Ensor a conoscere l'indirizzo della nostra abitazione? - Gliel'ho rivelato io, lasciando aperta la sua biografia sul tavolo in soffitta. Penso che nei tratteggi esasperati delle mie prose, esposizione dell'inesprimibile contrattura del mio io impagliato, serpeggi l'inganno che ti imprigiona e possegga. E credo che tu questo lo sappia. Ma se cerchi salvezza, è sempre per entrambi. E temi la mia conversione non avvenga in tempo.