:: Karoline Knabberchen: Appunti senza voce con punti a croce. Prefazione Sara Cardellino |
Non è facile per me leggere questo dattiloscritto, Claudio. Aveva 21 anni, Karoline Knabberchen (1959-1984). Scriveva in questa maniera. Nessuna donna ch’è venuta dopo di lei per Fabio e Claudio può raggiungere questi esiti: dove filosofia e realtà del tempo sono intrecciate nel Diario. Lo so. Se mi dici che ne fosti stupito e insieme travolto mentre l’amavi, ti credo. Nei “Punti a Croce” Karoline scrive di attualità politica da un’angolazione filosofica inaspettata. Se penso a quanti negli ultimi venti anni, in rete, hanno scritto il proprio “diario” le proprie interpretazioni sulla politica e l’estetica mi viene da compatirli. Come potevi dar loro importanza dopo che leggesti con Fabio Nardi, nei primi anni Ottanta, quanto oggi ho riportato in luce? Sei stato custode e curatore delicato e forte assieme. Ora siamo in due. Che regalo immenso mi fai, Accio, nel farmi accostare all’Angelo Svizzero. (Sara Cardellino - Giugno 2022)
Karoline Knabberchen
“Scrivo frammenti immaginando non abbiano voce se non per la vocazione al diario. Siccome accanto ai brani dei libri che leggo pongo una crocetta ne ricavo titolo per l'intera sequenza. A Vecchiano, tua madre Elvira, sarta, mi ha detto che il Punto Croce è uno dei più importanti per chi cuce. Allora il titolo ha assunto la benedizione del doppio senso. Cucito sulla pena della lettrice Karoline? Quando ti scrivo queste spiegazioni avverto con paura che ti eleggo a mio custode che adombro la mia assenza. Ma io ho soltanto 21 anni!” 12 febbraio 1980 - Quel “qualcosa” che è stretto tra l’Ideale e il Reale e che si manifesta in ogni caso con dei simboli è l’estetico, secondo Humboldt. Rifletto sul senso del classico. È sera. Precoce sulla torre di Vecchiano. Sembra quasi che non ci siano più stagioni se non febbraio. L’intreccio dei punti croce come camposanto del mio cammino nella conoscenza od orto dove si semina sotto al ghiaccio? All’università di Roma i brigatisti hanno assassinato il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Vittorio Bachelet. Il mio corpo disteso sul letto è avvolto dalla luce della lampada sul comodino e tutto il resto appartiene all’ombra. Nell’età di Goethe il classico winckelmanniano si connotò come neoumanesimo. Nell’aria andavano le persone a Berlino - quelle che avevano letto l’astuto e lisciato archeologo autore delle Considerazioni sull’imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura - come se fossero al riparo del caos. Sembrava che i loro nasi potessero condurli nel paese perduto dell’ideale bellezza. Mi diverte quest’immagine. Così dolce, è, affidarsi agli ultimi riflessi di un sogno: la Germania di fine settecento ed inizio ottocento per me diviene ciò. I piedi dell’assassinato, quelli di Bachelet, spuntano inermi dalla successione temporale dell’assassinio fissato nella fotografia. Che questo corpo e il suo riflesso nella fotografia non sia protetto, o illuminato, dalla luce di nessun Dio m'appare intollerabile.
22 febbraio 1980 - Leggere Nietzsche che scheggia il classico in chiave di identificazione fra ideale e naturale, fra universalità e individualità, in sintesi di emozionalità che proponga al corpo tutti i suoi appelli generativi e fertili, mi pone davanti all’orizzonte del mio annientamento. Però ci sto con ironia: e sono furibonda. Come una vergine che non abbia chi la possieda. Valerio Verbano, studente di diciannove anni, è stato ammazzato a Roma dai NAR. Per Nietzsche la massima espressione della grecità è la tragedia dove il mito diventa carne. Temo che la notte stanotte non termini. Che duri con me immersa in essa come unica tepida luce. Paura. In queste ombre la mia matrice, nel pensiero di questo signore dai baffi folti quanto di me stessa può uscire soltanto come atto di lussuria senza più colpa. Cieca e inafferrabile nel circolo della vita, della morte. Il dionisiaco vera e unica forza vitale. L’incontro mio con Nietzsche a Vecchiano mi smarrisce, mi fa perdere la cognizione del mio sé. Questa camera diventa il mio bordello, il mio carcere, il mio manicomio, o il piazzale di una fiera dove vendo inutili ninnoli. Lui capì che senza mito il logos non ha forza di rinascita perché il mito è l’archetipo.
Sono passati sei giorni. (28 febbraio). Riprendo questi appunti “in croce”. Sta morendo Iolanda Rozzi, iscitta alla DC: in gennaio aveva riportato ustioni nell’incendio appiccato alla sua abitazione dai Nuclei Armati Proletari. Impossibile oggi una nuova immagine della classicità: si è operata da tempo la sua assoluta dissoluzione. Se però m’immergo nel subconscio, attraversando la carne, perché non potrei colloquiare con il classico in termini di teoresi?, attingendo a una universalità che mi trasmetta anche dei valori? Sul mio teatrino neoclassico vecchianese spira il vento, ma forse è l’alito di Cosima Wagner, e tutto rovina in basso, verso il pavimento gelido, che nessun tappeto può redimere. Febbraio che contiene l’eco di millenni. Pure svolazzano i volantini dei brigatisti e Dioniso scappa dopo aver strappato la lira ad Apollo.
2 Marzo 1980 - Aveva ventotto anni Nietzsche quando dava alle stampe la Nascita della tragedia. Quanto donava alla cultura insieme arricchiva e distruggeva. Come se una stoffa potesse ritessersi all’indietro proponendo la cancellazione del disegno adombrato per poi subito ricomporsi. Immagini di chi sta accanto a una sarta che oltre a cucire accudisce la svizzera fidanzata del figlio? Era il 1872 quando usci il libro ricordato. Se Nietzsche aspirò a una mitologia tedesca che nell’arte avesse la stessa potenza di quella del mito greco non saprei dire, se però ascolto Wagner immagino che questo sia stato un possibile esito. Fra i calciatori coinvolti nello scandalo del calcio scommesse quanti avranno 28 anni? Fabio mi dice che fra le rovine di questa adombrata mitologia lui metterebbe i disegni di Albert Speer per le adunate hitleriane di Norimberga poi riprese da Leni Riefenstahl per Der Triumph des Willens, Trionfo della Volontà, del 1935, e anche l’ariana regista che nel 1976 nel libro di fotografie Die Nuba von Kau, I Nuba di Kau, tiene per mano un paradossale esempio nudo (rispetto a quanto promesso dalla tradizione greco-romana) di razza superiore di color bruno scuro e primitivo. Io mi ribello a questa semplificazione. Il classicismo di Nietzsche è stato annientato dalla scienza della storia. Punto. Il passato è stato dinervato. Il semplificatorio deduzionismo marxista, di Fabio, non lambisce neppure il duro battito della matrice classica intuito da Nietzsche. Sono simili a queste fole i calzoncini intrisi di fango dei giocatori corrotti che si buttano fintamente per terra facendo passare un gol nella propria porta.
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