:: Karoline Knabberchen: Malinconia Svizzera e tosse. Spille di filosofia ovvero filosofia da baita.


Karoline Knabberchen (1959-1984) nel bosco a Guarda d'Engadina
 Foto Fabio Nardi







Karoline Knabberchen
 
MALINCONIA SVIZZERA E TOSSE.

SPILLE DI FILOSOFIA OVVERO FILOSOFIA DA BAITA

 

La malinconia svizzera a volte m’accoglie a braccetto con la disperazione dell’Ecclesiaste; altre volte con razionalità da inesperta sociologa m’appare frutto, più o meno asprigno, della nostalgia per la scomparsa della comunità rustica. E se tale peso sui nervi diventa schiacciante è perché il soggetto si convince che gli altri, l’altro vicino di casa e di studi, siano stati veicolo, superficiale fino all’allegria ebete, del nuovo coagularsi del mondo con le genuflesse libertà al mercantilismo: libertà ch'hanno dissolto, scempiato, ogni ordine dato da riconoscibili identità e ogni gerarchia nella significazione per capire Terra e Cielo.

A quale malinconia appartengo io Karoline Knabberchen?

Mia madre, Gerda Zweifel, sbrigativa, va al nocciolo della questione con la consueta cattiveria sintetica. Più o meno asseriva, ancora lo fa, che gli svizzeri, tanto più quelli della meravigliosa Engadina, avevano ricevuto in dote da Dio un ambiente naturale salutare e bello oltremisura; ma che per dannazione demoniaca, tutta umana, e molto democratica con l’idea di cura, la costruzione di sanatori, ha portato dove c’era salute: Malattia, e relativa Angoscia, e “sballate”, proprio così, meditazioni angoscianti. Dopo rivolta a me, alla mia tosse, diceva, e ancora dice, cupa e vendicativa: oggi esistono antibiotici e cure per bronchi e polmoni efficaci, pertanto tu, figlia cara, sei salva; ma è il carattere-psicologia che se continui a tossire ti s’ammalerà sempre più. A ciò non c’è rimedio. Tanto più possono dartelo quei perdigiorno dei filosofi che studi.

Ecco un frammento di biografia. Esemplare per crudezza. La tosse e prima di me i tubercolotici avrebbero fermentato l’ambiente svizzero affinché io, seppur guarita da forme gravi ai polmoni, conoscessi la depressione: la malattia nei nervi.

La mia autoanalisi, con qualche etto di filosofia e liquida genealogia, sta nel sangue?, mi dice che vivendo nel tempo secondo novecento d’ogni emancipazione territoriale dove strade case dighe tubature rendono i luoghi merce; il carattere che ebbe la tisi e le varie malattie polmonari, la mia compresa - mia madre afferma che sono sanissima ma che ho il lacrimatoio negli alveoli invece che sotto le palpebre - sono insieme specchio del conflittuale adattamento alla modernità e l'orizzonte del declino del mondo rustico. Aggiungo, per sanarmi un minimo, che la mia tosse è pertanto cascame di nostalgia per lo ieri svizzero e approvazione, titubante del moderno, nella sfera onirica e pulsionale. Con cadute nel patologico?

 


Ombra tutta a Sils-Maria scotta
KK - Foto Fabio Nardi - Estate 1980




 

Oltre il sanatorio tornai a vedere il ventre degli animali e il mio.

Amavo tastare la leggera peluria del mio pube. Le sembianze dell’acqua che mi frusciavano sulla schiena. Non cercavo spazi di sicurezza. Ogni aiuola o viale lo spinsi fino ai confini dell’universo. Dilatavo ogni ristrettezza. L’umido della terra arrivava nelle mie profondità ma non per farmi ammalare: bensì per lasciare traccia di semina. Le dita rovistavano le parole per definirle, sentivo danzarle come carte da gioco. Quanto scompariva della Svizzera antica non mi preoccupava. Avrei saputo in ogni caso vivere e morire alla stessa maniera sia che sulla selva svettasse ancora il castagno secolare o il supermercato.