:: Sara Cardellino: L'anno di Accio e il PRO BONO MALUM di Ariosto |
Sara Cardellino L’ANNO DI ACCIO E IL “PRO BONO MALUM” DI ARIOSTO Si chiude un anno terribile per te: i fatti del 9 gennaio 2017, il disalberamento dell’Olandese Volante dopo la speranza utopista tentata per sei anni;
il ripudio subìto senza spiegazione scritta o a voce su quanto nel veliero era, è, custodito; la scoperta angosciante che testi e interpretazioni ideati sulla nave libertaria corsara come per Giovanni Boine erano stati portati in dono a una rivista che propone prassi di carriera letteraria con istruzioni per l'uso giornaliere e voti ai redattori; e non finisce qui: generi testi personaggi espiantati, e so che ne provi ribrezzo!, son affidati con il beneplacito e felice assenso di chi aveva diretto con te L'OLANDESE VOLANTE per cinque anni, a poeti-teorici-mediocri per ravvisarvi la loro assurda teoria volta a riformare la poesia e l'estetica del mondo; i debiti accumulati per quest’impresa; la malattia quasi mortale della madre; il processo in tribunale per lotte on line contro la gerarchia vassallatica nel 2012 che la finta ribelle aveva condiviso con te; la solitudine e la tristezza dinanzi a parole accudite anni che perdevano senso ed etica; il ricordo di tragedie lontane nel tempo come quella di Karoline e di Lalo a inciderti, ancora, veglia e sogni, perché hai pensato di non averne tutelato le vicende confidandole a chi, dalla promessa cura, è passata all’indifferenza scostante!... o all'uso sconcertante di, cambiando nomi, renderli ingranaggio della propria e altrui carriera letteraria dentro una vanesia e nauseante teoria estetica; cos’altro deve soffrire in più un uomo? Che ebbe in sorte di praticare un’arte utopistica? L’Olandese Volante è stato un “romanzo transmoderno”. Quindi il tuo vissuto come di chi ti ha accostato in esso è stato narrato disegnato fotografato. Se a un certo punto è stato ripudiato (dopo averlo usato!), come non abbastanza estetico od “ontologico”, ciò non può impedire che venga ricordato, “romanzescamente” e in modo transmoderno, quanto accaduto; tu l’hai fatto ricorrendo a miti western come Jesse James e Billy The Kid e Wild Bill Hickok. Il mio è, appunto, un episodico tassello. Ricorrendo all'Ariosto del "PRO BONO MALUM". Inutile ricamarci troppo. Non credo che i soggetti lo meritino più di tanto. Mi affido: latinista e studiosa dell’Umanesimo, all’Ariosto. Su quest’anno orribile che ti ha fatto tanto, tantissimo, soffrire: ma che ha aperto al nostro re-incontro e a me ha dato scelta di vivere per la seconda volta nel tuo cuore e tu nel mio. Dal Male viene il Bene. Lo conferma anche Ariosto. Ecco come.
Questo motto, dell’Ariosto, collocato al termine dell’Orlando Furioso, fin dalla prima edizione, mi sembra adatto a che io possa interpretare quanto accaduto il 9 gennaio 2017 sull’Olandese Volante. Il motto ha natura enigmatica e polisemica. Tuttavia la spiegazione è agevole. Rivelata dal fatto che al motto si accompagna un’illustrazione con nugolo di api scacciate dall’alveare dato alle fiamme da un villano allo scopo di procacciarsi il miele. Ariosto denuncia l’ingratitudine umana. Adombra la sua sfiducia a che il genere umano possa avere riconoscenza per chi ha operato a fin di Bene. Volendo possiamo pure affermare che l’artista deve sapere, prima ancora di operare per il miele dell’opera d’arte e letteraria, che il male è a servizio del bene, occorre cioè si verifichi il male affinché il bene possa esplicare le sue risorse. Il male è un elemento dell’armonia cosmica. L’arte, col suo bene, la si può capire e accogliere dopo aver fatto esperienza del volgare, dell’ingratitudine. Della disarmonia superficiale e tronfia. Il Male è sempre vanesio e spropositato. Enfatico nelle sue giustificazioni. Il motto dunque è una sentenza inappellabile sull’ingratitudine. I “Cinque Canti” ne portano eco ampio. Resta da capire, tentare almeno, fino a che punto la definizione dell’ingratitudine significhi denuncia e constatazione della realtà, sia in ambito estetico, da parte di chi vive d’essa e in essa (ieri come oggi); ciò lo si può evincere grazie all’intrinseca constatazione dell’ambiguità del messaggio, esso è, insieme, una risentita condanna morale e un’amara considerazione (disincantata accettazione) della realtà contrassegnata dalla defezione della ragione e dallo scadimento e smarrimento dei più alti valori morali. Perché l’ingratitudine nella coscienza dell’Ariosto, egli erede dell’etica umanistica, non è un vizio accessorio o secondario pur se riprovevole, bensì la matrice di ogni vizio: l’ingratitudine è il vizio più grave, il più degradante per l’uomo e la donna, e il più dannoso per l’ordinato vivere civile. Anche delle arti o dell’estetica c’è da aggiungere. Senza scomodare l’ontologia. PRO BONO MALUM: avere o dare MALE in cambio di BENE: è la più grave e dannosa forma d’ingratitudine, secondo la classificazione di Seneca, oh Seneca mio!, che definisce atto basso e repellente coloro che restituiscono il Male per il Bene. Arrivata fin qui, aggiungo, che, e ciò ti “garberà” Accio, l’Ariosto ha anche, qui, nel motto, una valenza canzonatoria sulla realtà dell’umana génia. E dei superficiali che si credono d'essere chissà chi! Dunque rivelata condizione a cui può andare incontro l’uomo e anche l’artista. A ciò posso aggiungere che è d’aiuto la morale teologica ed evangelica del cristianesimo. Basta andare nella Cappella degli Scrovegni a Padova per sincerarsene. Ovviamente a questi snodi se ci si avvicina non da pagani, o atei, o sincretisti di varie religioni, bensì avendo presente la Croce, il Cristo, e anche la Madonna che lo tiene in grembo, secondo me si può vincere ogni incontro con il male. Questo so che a te è successo, ad inizio anno, ed io, in questo otto dicembre 2017, nel Natale, ti sono accanto nell’Amore nel Bene. |