:: Claudio Di Scalzo: Quartetto per il luglio della calda cosa lingua con Karoline Knabberchen e altri maestri - Prima parte |
(Prima parte) 1 Proserpina cosa lingua custodita da Rossetti con Karoline Knabberchen Il cielo che vedi è la zattera rovesciata d'un certo sig. Caronte, che spande azzurro nell'azzurro più ampio delle tempie di Proserpina - Kore. Quello che osservi naso all'aria non è dunque il paradiso, mia bambina tutta pianto e perline. Che poi la chiglia rovesciata, come balena arenata sulla spiaggia arroventi la nostra estate pisana, e stemperi il nero della notte sulle facili rime che la stagione imprime alle cose intorno, è tutta chincaglieria mitologica da anticamera dottrinale: cicaleccio delle stelle i cui filamenti di barba arriccia la brezza sopra il monte Spazzavento a Vecchiano - cicaleccio inopportuno ad Ade (che di Kore il cuor ingolla e trema l'attimo in cui il sonaglio astrale la desti; e, vegliando, essa ricompaia scompaiando con lievi tocchi di tallone il candido manto calato sopra il suo nome); e tanto ignoto ad orecchie umane come il gracidar sommesso del fior di loto lungo gli argini argillosi del Nilo; mentre lungo il Serchio se ben osservi ruggisce un pallido deserto in ampolla di vetro, per pesci rossi senza dio. Anche la stella comunista può brillare in piena solitudine diurna, accanto a Venere, vibrar la spada della libertà stagionale cantando accanto agli inni orfici l'Internazionale, con voce inerpicosa fin sopra la scarmigliata opposizione d'un Pantheon forestiero.
Jean Monet nella sua culla, 1867
Affidarsi al colore delle ombre. Che per questo ombre più non sono. Vederne i filamenti che reggono le ninfee galleggianti sull’acqua. Pensa Monet. Questo il mio impressionismo. Addormentarsi pensando alla funzione dei riflessi nella colorazione delle cose. Cose che sono andate perdute eppure erano scritture che coordinarono il mio sguardo nel grembo del mondo domestico. Penso io, nell’orto di nonna Messinella a Vecchiano, accosto al giardino a Giverny, mentre penso a Monet impressionsita. L’ombra colorata genera ombre colorate, attiranti luce, che nelle loro varianti servono a ricordare, oltre al realismo dell’accaduto, le cose per come varieranno nel futuro. Rimugino tra me. Poi mi dice Monet: ma lo sai (ci diamo del tu, tu compagnolo) che a volte accosto la mia scoperta di ombre siffatte, che lascian spazio al lucente, ai microbi scoperti da Pasteur? Non so bene perché, però penso che se lo scienziato ha dimostrato ch’è falsa la teoria della generazione spontanea dei microrganismi così le cose che dipingo, nelle loro opposizioni di starsene colorate in luce e in ombra, sono pur’esse una scoperta estetica notevole. Lo sono, bisbiglio, seguendo il moscone che dal pomodoro vola verso il fiordaliso. A me dicono che le cose, creazioni realistiche perdute, generano dalla loro ombra in luce altro colore. Dov’è possibile cogliere la realtà in sé delle cose con metodo metafisico, perché la mia vita in quest’orto nel luglio 2013 e la tua, caro Monet, a Giverny nel 1913, è tempo autentico che aprì, apre, aprirà ad altre percezioni dove l’atto e la conseguenza, la scrittura e la sua cancellazione, la cosa e la non-cosa pitto-scritta variano nella coscienza dell’artista in moto e modo proficuo. Son son Bergson bon mi scherza Monet che mettendosi una foglia tra le labbra sopra la barba bianca fischia il divenire che sembra frinire della cicala nel suo morire.
CDS: "Il 20 agosto 1984 alle Lofoten di Karoline Knabberchen" - 40 x 80 Claudio Di Scalzo IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno. La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare. L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni. Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima. Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida. Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre! La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce. Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo. Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka: Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.
PERSONAGGI PRINCIPALI DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN" KAROLINE KNABBERCHEN Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984 FABIO NARDI Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica LIBERTARIO NARDI Babbo sempre evocato senza tomba fissa ELVIRA SPINELLI Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva ETEOCLE SPINELLI Nonna di Fabio ANDRI KNABBERCHEN Padre dei pomeriggi in barca GERDA ZWEIFEL Madre severa, signora degli incubi RUT ZWEIFEL Nonna dei garofani rosa UGO SENTITO Filosofo misteriosofico PIANO DELL'OPERA Libro-Introduzione "Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"
Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”, CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"
SULL’OLANDESE VOLANTE ALCUNI CAPITOLI DEL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
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