:: Karoline Knabbechen: Alambicco distilla l'aria (8 dicembre, a Fabio Nardi) - Cura Claudio Di Scalzo con Notizia sul Canzoniere di KK |
CDS:"Il ghiacciaio di Karoline Knabberchen e Fabio Nardi" - Photo Paint (1982) Le prime foto piegate a soffietto con dipinti (ricavandone dittico) le esposi piegate nel 1979 a firma Fabio Nardi. Alla Galleria Nadar di Pisa. Proseguii fotografando ghiacciai in Valtellina e Svizzera. Alle stampe aggiungevo disegni piegati im-piegando l'espressionismo pittorico. Le "Piegature" sono la cifra di certe mie avventure estetiche anche oggi. CDS
(a cura di Claudio Di Scalzo) Karoline Knabberchen ALAMBICCO CHE DISTILLA L’ARIA (l’otto dicembre 1982) a Fabio Nardi
Alambicco che distilla aria, di questo monito pieno di neve sei l'essenza nell'ora della vigilia. Ti porto solo quanto chiedi. Lo porto senza il peso della soma: sono una equazione, per te. La pelle che mi manca l'hai tu. Per questo t'avverto che solo con te sarò sanguinaria! Perché nel riconoscermi scivolo, e tremo. Lenza e fioritura morte e vita che giostrano: vedo un uomo che ne racchiude cento, di questo potrei parlare se non fosse la matrice del fiato che ti inonda. Dove sei? Sei sempre accanto a ciò che sono e dentro invece c'è il mio vuoto apparecchiato per la tua nascita. Dove sei? Quando tu eri, io conquistavo il primo respiro, e se t'ho raggiunto è perché sei giunto e avevi lo stesso mio nome.
Claudio Di Scalzo NOTIZIA SUL IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN Il Canzoniere di Karoline Knabberchen - dedicato alla poetessa svizzera, morta a 25 anni, suicida alle Lofoten, il 20 agosto 1984 - è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Qui, autore e personaggio, Di Scalzo e Fabio Nardi, curano con Karoline Knabebrchen, un altro lemma, un racconto, di questa partizione, mentre il dicibile prova, attraverso di lei, inanzitutto KK, come altre volte attraverso di me, e Nardi, il tentativo di dire l’indicibile. Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen viva, di KK morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica. L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza, a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni. Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima. Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano ai personaggi, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E la psiche avrà la loro morfologia - spacco il presente nel passato e futuro, inverto i tempi - nello sguardo della donna svizzera che mi guida. Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce. Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.
KAROLINE KNABBERCHEN: LA RESURREZIONE DI GIOVANNI BOINE
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