:: Accio: Anonima Ateniese Veneziana per Nostro Sacro Eros ovvero uso spericolato manuale sex della mitologia greca I,II,III |
ANONIMA ATENIESE VENEZIANA PER NOSTRO SACRO EROS
I Ho vinto le differenze tra me e te. Oppure le abbiamo vinte assieme, ma non ricordo più né dove, né quando: i giorni fuggono, come voci che si rincorrono nel vento dell’Acropoli. Mi hai detto, quando ci siamo incontrati, che i corpi non ti interessavano più. Ne avevi conosciuti tanti, e tuoi sensi erano ebbri di storia. Quanto chiedi ora (quanto avevi sempre chiesto) è l’eternità. Vedo, non sei un guerriero come gli altri. A te non serve battaglia per morire o per dare la morte, e nei tuoi occhi io sola!, ho potuto ammirare tutte le mie rinascite! Sono la Pizia che scopre l’enfasi dell’invasamento d’un dio diverso. Questo racconta il tuo membro teso e bagnato massaggiandomi le labbra. È Dioniso che mi possiede e che da me viene posseduto. Ma voi, voi che vi siete fatte attraversare da lui come carni di giumenta per una ecatombe! Voi!, portavate dentro la morte! Siete buone appena per il lupanare... per qualche panchina, per il sedile d’un auto, disgraziate che avete scambiato la musica di un dio per il rumore delle vostre menzogne! Piango con le sue lacrime, godo con i suoi sensi. Io, parlo la sua lingua! Chi non ne è capace, sparisca! Oppure osservi da lontano, se proprio vuole restare; perché tormentare l’eterno attira a sé sciagura. Non si attenta a chi ama. Altrimenti, ricordatelo!, si viene uccisi: perché ogni nostro orgasmo è la contrazione del male chiuso nelle vostre gole strozzate dalla profanazione del Sacro.
II Oggi il tuo volto ha bucato il lenzuolo in cui ero avvolta. Mi hanno voluto per la mia spada? No! – dici – l’ardore in guerra era la scusa per avvicinare le loro paure da sotto strati di pulsioni inascoltate. Hanno usato la guerra (che incombe sul mio capo da una vita!) per imputarmi l’assenza di pace nelle loro case! Poi m’accusavano di crudeltà. Poi mi dicevano ch’ero un guerriero spietato. Poi prendevano lo scudo e si lanciavano nelle prime file, in qualche baruffa da mercato, e si definivano guerriere impavide e affidabili, sbraitando il loro nome nella ciarliera agorà. Ma è bastato vedessero il tuo sesso aperto per abbandonare lo scudo (non esiste atto più pavido, anche per opliti da strada!) della loro miserevole guerra! Volevano uccidere chi dialoga con la morte. Volevano la morte di chi con la morte ha pasteggiato in lontananze siderali. Hanno ucciso sé stesse. Non vi darà mai l’appagamento che a me può dare, perché io ne moltiplico il gusto di prendermi. E in noi ogni amplesso prepara nuove triremi pronte a salpare! È per noi il fumo odoroso del legno di concave navi che bruciano il mare!
Anonima Ateniese Veneziana - Scatti per "Nostro Sacro Eros", III
III Mio pisano Kouros, mi sono scordata sul tuo polpaccio l’ultimo bacio, prima che ti facessero partire per un’altra battaglia, abbandonando l’ombra calda della tua assenza Mi sono imbattuta nella saggezza dell’enigmatico irrisolto. Il mio dio non me lo perdonerà: ti guarderà con invidia, perché la sua sacerdotessa si concede con voglia al membro eretto del Gaudente. Non gli spiegherò l’esistenza della mantica del corpo che ti attraversa per liberare: per lui, l’invasata non si concede al piacere, e il suo godimento è prigionia nel razionale disvelamento della violenza del maschile.
Hanno conosciuto altre donne la danza del tuo pene dentro di loro? E quale sapienza ne hanno tratto? Il miele che mi doni, te lo spiegherò – come i tuoi auguri leggevano il volo dei volatili, così io interpreto il movimento del tuo sperma nel mio ventre. La poesia ha toccato bocche impreparate o insulse. Altre si sono ritratte, ustionandosi. E tu in loro ti sei prosciugato in irriverenti sconcerti, specchio del piacere dato. Ma bisogna essere perfetti anche nell’incastro. Bisogna che le lingue battano dove la parola geme senza paura di richiudersi in morte. Bisogna, la morte, averla attraversata, mio Kouros. E tu non temi di vedere il bianco dei miei occhi, mentre la vita s’accosta ai confini estremi del corpo. Crescano lontano i loro figli! Abbattano le loro case, e fuggano lontano da noi! Non tollereremo l’insipienza che culla le loro menti. Lo sapevi prima di conoscermi, che la vita ti doveva parlare attraverso l’amore immortale. Va’ dunque alla guerra, e torna rinnovato dalla tua verità.
Accio NOSTRO SACRO EROS TRA FOUCAULT E BODY ART AI TEMPI DI INSTAGRAM Il trittico Nostro Sacro Eros, la cui componente stilistica è indubbia sul piano del risultato testuale e teatrale - NSE è stato recitato nello studio di pittura del Cascinale di Accio a Vecchiano - compreso il rapporto scrittura/fotografia in intreccio tramante, trova in questa “lettura” obliqua tra filosofia e arte una possibile cornice interpretativa che ne evidenzi il carattere femminista, dunque libertario, e i legami con la tradizione del mito tragico greco, la filosofia ultima di Foucault, e la tendenza artistica detta Body Art. Al tempo dei social di Instagram delle vite elettroniche. Tutte e tre le parti di Nostro Sacro Eros sono pervase dai richiami alla mitologia greca ma la scelta della voce narrante (che provocatoriamente usa divulga accosta manualistica greca sui miti alla portata di tutti di ogni mano che s'allunghi verso uno scaffale da supermercato) vira, con scioltezza, verso elementi della Teogonia esiodea, superando ogni zuccheroso orfismo, afferrando la leggenda centrale di Dioniso Zagreo. In riduzione manualistica Dioniso Zagreo figlio di Zeus e Persefone viene sbranato dai Titani, ne rimane il cuore, che ingoiato dal re degli dei auspicandone il ritorno in tutta la sua carne, fonda il rito orgiastico di Dioniso: Dio della vita e della fecondità. L’Anonima Ateniese Veneziana nel Trittico, nei richiami espliciti alla sessualità, sceglie di rappresentare, la convinzione diffusa in ambito della Grecia antica, che Dioniso sia l’originaria componente divina dell’essere uomo, ma trasferisce alla donna il compito di veicolarne la più alta rappresentazione (in ciò è assolutamente femminista) nel teatro delle pulsioni femminili dove il Dio, Dioniso, imprigionato nel corpo va liberato ottenendo purificazione e conoscenza e nel farlo carne e anima si completano. L’Anonima Ateniese Veneziana scrive, narra, l’atto sessuale alla maniera greco-dionisiaca, dal punto di vista della donna in riferimento a un Kourus. Supera perciò la normale, e normalizzante secondo Foucault, maniera di rappresentare, qui scrivere, il sesso in quanto oggetto di desiderio e l’uomo soggetto di desiderio, rompendo tale dispositivo di potere normalizzante e ogni tecnica di normalizzazione (Facebook Diario e miriadi di blog di innamorati-innamorate con sessual ossessionanti parodie riversate in scontate foto sono questo, ahimè), esplicitando, nella recita-scrittura-fotografia, una libertaria identità sessuale e individuale. Tanto che mi spingo, ad ipotizzare che la voce narrante subisca un ulteriore influsso del Foucault ultimo quando rilancia l’etica antica della "cura di sé", capace di ordire un’estetica dell’esistenza individuale che supera - riabilitando la centralità del soggetto, soggetto donna per l’Anonima Ateniese Venezianain alleanza con l’uomo dionisiaco pulsionale - per rovesciare la prassi che, dal medioevo, reprime (e lo fa oggi ampiamente con la spettacolarizzazione pubblicitaria-video da Dolce e Gabbana a Lady Gaga unitamente alle neo-castità del conservatorismo cattolico) la sessualità. Il Trittico non avrebbe questo impatto, visual-scritto-recitato se non ci fosse il corpo dell'Anonima Ateniese Veneziana in Body Art da Instagram e social in autoscatto. Corpo e parola coinvolgono, nella recita di Nostro Sacro Eros, perché, appunto, l'atto dell'Anonima Ateniese Veneziana è lo stesso nel fotografarsi glamour-sex compiuto da altre migliaia di donne.
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