Stando coi piedi nudi, tolte scarpe zuppe per orto, e calzini, al camino del cascinale mi son dilettato aforista abbruciato: cioè moraleggiante-filosofeggiante ‘ontadino ritirando lo zampino ar fòò troppo vampa facendo ride ir ‘Ardellino nella stanza. Esto l’impegno a fine anno 2022 e inizio 2023.
1
Ringraziai per la bufera nella fuligginosa cappa del camino - più o meno un cosmo - i dèmoni della stirpe intuendo che la Parola, anche balbettata, vive nel Tempo quando il soggetto, anche da fumetto, comincia a desiderare che il Tempo abbia ripetizione per personaggi romanzeschi debitamente illustrati. Non so perché ma credo che la mia filosofia da camino iniziò da piccino proprio dai piedi scalzi.
2
Tempo… inciampo concreta sostanza cenere della forma creata attizzando il fuoco con rametti resinosi.
3
Ebbi il sospetto che il saggio critico sversato fiamma il melodramma cantato fuliggine la traduzione sogno di noi stessi negli altri che ci possono leggere fosse maniera, artefatta, per diventare fumo. Così l’io mi consumo, pensai? Così in coppia ci consumiamo?
4
In fotografia la lode della dismisura la realizzai fotografandoti con cascami surrealisti da vero Man da insulso Rey del tuo fondoschiena facendoti indossare corpetto e collare per incidentati sulle strade. La fotografia la pensai, surrealista insulso e fotografo da Playmen anni Settanta in ritardo nel 2009 come oscillazione in copia dell’armonia aurea misura della bellezza. L’amour Fou portato da Dea Callipigia in nero trasparente desse risultato, temporale immanente, del Tutto del Niente. La dicotomia glamour ti consegnava sotto il cielo della camera sopra il pavimento moquette alla curva del gusto moderno. Che oggi sul web sui social migliaia di giovini donne calcano. Tu però con me sapevi che l’esistere in fotografia è il mistero del corpo terrestre reso astrale dal clik. Anche se ciò niente vale!
5
Siccome la Vita non è Poesia lo sia almeno scampolo in fotografia. La rima scema affida un compito con la complicità di scatto macchina immagine corpo seducente alla tua schiena natiche profilo seno collo fintamente incidentato. E poi? L’esistere in bianco e nero diventa pronuncia del desiderio che nutre in quanto intoccabile. Nutrirsi dell’idea del frutto senza morderne la polpa. Se il fotografo diventa una specie di Re Mida si prende la maledizione di amare desiderare voler possedere non la donna reale ma la fotografata. E finisce male. Io mi fermo un attimo prima ma questa sublimazione la vivo pure adesso; a distanza di tredici anni. E s’accentuerà se i tuoi glutei diventeranno cadenti se il mio sesso avrà carie come i denti. Questa fotografia può diventare una maledizione.
6
Il fotografo del tuo corpo lo inventò con ritagli di spazio biografico dove scegliesti di abitare con lui; questo spazio non può essere invaso dal tempo presente che viviamo che vivremo e, sentiremo, già ti accade?, mi accade?, come un’esclusione da un’eternità evocata e subito persa.
|