:: Accio e Sara Esserino: Fine luglio cuori lontani in sobbuglio. 2009. Epistolario Don Don Vario - Cardio 11 |
Cardio 11
oggetto: Ovunque e sempre Parto, Accio mio, per un viaggio diventato quasi inspiegabile. Dopo averti incontrato né m’interessa il concerto vivaldiano nella capitale ceca - mi perdoni il prete rosso mio conterraneo anche se arrossisco per questa sincerità scrivendoti - né il giovane direttore dell’orchestra con il quale ho intrattenuto rapporti di amicizia, che tanto ha insistito e insiste perché sia presente. Legata anche ad un contratto firmato se proprio non accettassi di uscire a cena, ho inteso. Sono inquieta e dolente. L’estate con te, col suo brio sempre per stare a Vivaldi, non ci sarà, sta finendo luglio. Il calendario è fitto di impegni agostani. Sdraiata sul letto, poco fa, guardavo il vento che gonfiava le tende e il cielo diventava stampa di fiori bianchi e di foglie. Gli occhi poi vagavano sul soffitto, verso qualche piccola crepa dell'intonaco, cercando distrazione. Ma non posso distrarmi più, ormai, né evitare i pensieri. Non so che cielo mi aspetti, lassù, non so di ricami né di tende stampate. E non immagino nemmeno il mio volto. Io sono cambiata. Così tanto ma così tanto! Tu e il nostro amore non permetteranno mai più ai miei giorni di essere come quelli di prima. Ho valli immense, dentro, vastità che non riesco ad abbracciare con lo sguardo. Impossibile incorniciare la nostra tela: troppo grande, troppo marcati i colori. E io sono qui, ora, forte e angosciata, in questa specie di saluto che mi trovo a scriverti. Accio, Accio, non posso restare serena in questo distacco perché chi prenderà l'aereo domani non è la persona di tre mesi fa. Di aprile. Perché mi sono innamorata nel maggio di te. Di ogni parte che ho potuto conoscere di te. E anche di altre che nascondi. Di te “furfante”, per esempio, di cui oggi soltanto immagino le dinamiche, ma forse non così confusamente. Ho letto troppi romanzi picareschi? Troppo devota a "Cime tempestose"? Mi fa paura, tanta, non lo nascondo, pensarti in questa postura; ma se fossimo vicini, uomo-furfante e donna-amante, so che ci guarderemmo, io seria, con le lacrime trattenute - come si conviene a una giovine signora della mia classe sociale musicista esemplare - sull'orlo delle ciglia, e tu crudele, no, ancor peggio, indifferente. Durerebbe pochi attimi, nei quali mi sentirei inghiottita in una voragine nera o morsa da serpenti, ma poi, poi tu mi prenderesti quasi con rabbia e torneremmo a baciarci, ad amarci con quella violenza che può essere dell'amore che soltanto noi conosciamo. E mi permetto di sottolineare l'ardire di questa esclusività. Come esclusivi sono i nostri baci e unico il tuo stringermi, il tuo toccarmi.
Lo farai, non è vero? Io tornerò. Tornerò da te, dal nostro amore intriso d'ogni profumo musicale, dai progetti di viaggio, di scrittura.
Sara Esserino. Tua ovunque e sempre.
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