Accio: Sara Esserino a Bocca di Serchio/Marina di Vecchiano - Giugno 2009
Accio e Sara Esserino
LONTANANZA CON OVIDIO CUORE DANZA
Epistolario Don Don Vario - Cardio 12
da iPhone, ore 22,00. Venezia - 5 luglio 2009
oggetto: saggezza (antica) e risate (nostre)
(avanti telefonata)
È calata la sera profonda. Attorno solo qualche rumore: tavole sparecchiate, cene ormai finite nelle stanze sui canali. Brusii dai ristoranti distanti cene in corso. Sono sola nello studiolo. Nel silenzio sento più nitido il subbuglio che gioca dentro di me, senza darmi pace. Non so né voglio affrontare la distinzione fra innamoramento e amore. Che differenza fa, in fondo? Io vivo il solo presente. Qui e ora non ci sei altro che Tu: con questo soprannome: Accio che mi apre a vicenda incantata popolare come ballata.
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(dopo telefonata)
Accio, che meraviglia il nostro amore! Il nostro ridere di poco fa, tu dalla pineta di alberi-corpi flessuosi nel silenzio profondo di Bocca di Serchio, io dalla camera, nel buio veneziano che toglie pareti: miracolo d'intesa che non si può descrivere. E infatti non cercherò altre parole, se non quelle che dicono di un amore davvero assoluto. Sole che sorge sul mare o partitura d'armonie miniate. E anche strappo e sangue di ferita, sempre in agguato. Mi riempie e mi svuota come vuole, ma non cerco fughe, oggi meno che mai. Né più almanacco il nostro futuro. È Orazio che mi consiglia: è la saggezza antica, che ha sempre ragione.
Non chiedere anche tu agli déi
il mio e il tuo destino, Leucònoe:
non è lecito saperlo,
come indagare un senso
fra gli astri di Caldea.
Credimi, è meglio rassegnarsi,
se Giove ci concede molti inverni
o l'ultimo sia questo
che ora infrange le onde del Tirreno
contro l'argine delle scogliere.
Pensaci: bevi un po' di vino
e per il breve arco della vita
tronca ogni lunga speranza.
Mentre parliamo, con astio
il tempo se n'è già fuggito.
Goditi il presente
e non credere al futuro.
(Orazio, Odi I, 11)
Sara Esserino maggio 2009
In questo luglio che benevolo ci attende, ancora ascolteremo la nostra musica, com'era consuetudine in maggio. Però per noi trovo altro tesoro, quello degli autori latini che conosco, che mi sembra possano accompagnarci e descriverci. E la sera diventerà delicato appuntamento d'amore la lettura di Ovidio con i suoi racconti struggenti. Appuntamento nella pineta o davanti al mare, perché tanto mi manca il mare pisano, Accio. E nelle nostre telefonate, seppure distanti, tu mi permetti di respirarlo, di ascoltarlo, quasi sfiorando le onde sulla battigia.
Ed è piacere sottile sapere d'essere ascoltata, da te che cogli ogni piega, ogni tremolìo, e l'affondo della mia voce che ti sfiora.
Voglio custodire il nostro amore con cura ancora più attenta. Appassionata sarà la mia dedizione.
Diventerò altra e nuova. Già forse lo sono. Sono passati solo due mesi dal nostro incontro nel maggio.
Sarò più bella. Perché il nostro amore, Accio, così mi rende: più birbantella di Rosa Mollica per Marco Pachi, più donna melodrammatica di Aglaia per il maestro delle Onde.
Mio Accio, mio Accio gentile furfante, ora dormo, nel letto che ormai conosci. So che mi scivolerai accanto. Già ti sento.
Tua Pindarina in volo notturno Esserina felice.