:: Accio: Brahms per Sara Capei Corti nell'agosto pisano 2012 |
Sara Capei Corti nell'agosto 2012 - Accio Accio TRIO IN MI BEMOLLE MAGGIORE OP. 40 PER VIOLINO, CORNO E PIANOFORTE DI BRAHMS PER SARA CAPEI CORTI
Da quando Sara Esserino mi ha lasciato nel novembre 2011, diventando Sara Capei Corti, mi dedico, con forsennata dedizione, allo studio del linguaggio musicale ad alcune opere e compositori. Intendo scrivere di musica non in senso solito descrittivo o letterario bensì conoscendo il linguaggio musicale che è, spesso vien dimenticato, un’altra lingua. Fatica enorme, scrivere dipingere fotografare è per me un mestiere che so da tanto, ma farlo sulla musica, sulla forma-sonata o sul quartetto, sul Vivaldi religioso, sullo Schubert sinfonico e su quello cameristico, sul Brahms cameristico, sul Bartok delle sinfonie e delle musiche popolari, ci sono ammattito. Tutto questo per stare accosto, ancora, da lontano, a Sara Capei Corti). Sara Capei Corti, bene mio… in ricordo di un altro agosto, se uno vuole sparire a se stesso in una nostalgia talmente virente da sembrare opprimente ma non lo è!, essa è semplicemente quanto non accadrà a braccetto col niente, allora, come faccio io in questo tropico pisano, convien ascoltare il Trio per violino, corno e pianoforte op. 40 del 1865 di Brahms. Musica da camera con pagine dove riverbera l’esaltazione romantica un po’ lisciata dall’incenso delle nebbioline estive un po’ evocata dall’insieme timbrico. Vale il Bello se si è perso il significato del Bene? Si chiede il compositore che con il Trio offre i suoi sentimenti trasformati in suono, ultimo suono, addio alle idee della giovinezza. Come il sole tra i rami che gli diede l'idea dell'Andante nell'estate 1864. Brahms affida la sua idea di suono che smaterializza le immagini del vissuto, ho vissuto io dietro alla gonna della pianista eccelsa Clara che figli generò col matto del Reno finito a Endenich?, perché non diventino opprimenti giudici. Distacco e eloquente sinteticità s’impone agli strumenti. Organico inconsueto, lo so, oggi faccio l’incantevole, io bue grosso che manco il culo mi entra tutto sulla sedia dove m’han fotografato, ritraggo la natura e i poeti, imbecilli, scriveranno che son paesaggi dell’anima. Accipicchia Brahm animulo nostalgico. Anima nel corno. Come ci fuoriesce eh eh. Corno dal rilievo atmosferico primario, brillante nel riflesso foglie acqua, euforico nella consonanza radici attorte e vento mulinello tra i rami, malinconico corno sul prisma cristallino della goccia di sudore che il pastore terge tra i belati. Basteranno le immagini e i suoni per avere una musica cameristica romanticamente ciclotimica? Massì!, si risponde. Accendendo un sigaro che le pecore immaginate scompagina, gli tira addosso il fiammifero. E ride Brahms! Corno violino e pianoforte impregnano d’enigma e di sperimentazione il caos che la natura racchiude. Così lo metto in quel posto a chi scrive che son poco innovativo . Nella mia musica insegno ad aspirare all’infinito facendo finta di infischiarsene fumando sigari o nel provare nostalgia per quanto in amore avrebbe potuto succedere e non è successo. L’andante sviluppa una trenodia che se l’ascolti di notte, cara Sara Capei Corti, ti si rivela ogni arcano: compreso anche la soluzione del perché tu sei a Venezia e io qui, a Vecchiano, dal tetto alla 'antina nel cascinale messo male. Perché la musica di Brahms, e assolutamente in questo Trio, mi convince che vivere l’infelicità, l’assenza è un dovere, e che se l’impasto sonoro funziona nel Trio, deve funzionare anche per la mia biografia, intendi, agosto del 2011 con te... agosto del 2o12 senza te... e in mezzo il pianoforte a convincere che l’amore vero reale addirittura si deve svolgere al di la dell’esperienza. Della separazione. Corno e violino rendono la mia asserzione che Brahms già sapeva, infelice com'era, per Clara Schumann, che il cerchio per agguantare una felicità possibile, a certuni, non ha inizio né fine!, tutto nel Trio di questo agosto è coincidenza degli opposti. Che carburano straniamento da quanto è naturale carnale spirituale. Borbotta Brahms caustico inanellando fumo sopra il cappello che il pastore si è tolto e rispettosamente saluta e se ne va. Lui sì felice, maremma 'ane dice Brahms in pisano! E le ragioni poetiche del creare in scrittura e disegno son queste. Per me. Sara Capei Corti lontan perduta un po' Decò come me nella nostalgia cotto. Esattamente come per Brahms. |