:: Karoline Knabberchen: I Morti di casa. Frammenti. 40° della morte


"Sboccio in sgoccio sulle spalle di Karoline Knabberchen" - 1980 - Fabio Nardi




 

Karoline Knabberchen

40° DELLA MORTE

I MORTI DI CASA

FRAMMENTI 



KK in Engadina - 1979
Foto Fabio Nardi

Karoline Knabberchen
(Guarda Engadina Svizzera 10 aprile 1959 -
1984 20 agosto Austvågøy Lofoten Norvegia)
Foto Fabio Nardi


 

 

1

Il culto dei Morti di famiglia o che ebbero il nostro amore e tormento ambisce alla continuità infinita nell’eterno presente dei risvegli. Impongo una variazione a questa scansione mia adolescenziale espletata: come rumore fuori scena del vissuto cristiano penso, prego anche, ai Morti prima di addormentarmi. Questa estrema tenerezza sulle palpebre chiuse viene rispettata da loro: non sono se non raramente nei miei sogni. Se mi appaiono, da sveglia, i morti sono faceti ciarlieri allegri. 

 

2

I morti che mi appaiono vestiti per il ballo di Capodanno sono la memoria teologica cristiana da indice riassunto. Punto per punto delle loro ossa cigolanti. Nei mesi seguenti presentano a me, li ascolto con complicità allegra, pure loro allegri, il romanzo, a volte noioso confesso, della loro presenza in trame sconclusionate. (1980)

 

3

La percezione che ho dei Morti, di famiglia, o di amici e amiche, è simile a quella che hanno i ciechi per i colori. Essendo immaginativa. Ovvietà. Non sto in un romanzo gotico con fantasmi o ectoplasmi da seduta spiritica. Più di questo non so certificare. Mi basta. Ne sviluppo il ricordo. Cambio qualche sfumatura dei loro zigomi o pupille. Ma restano altamente riconoscibili.

 

4

I Morti, se il soggetto riesce a dialogarci, a farli comparire nel momento che li cerca, ad accettare che giungano non invitati, a me rammentano che tutto quello che amo ho amato amai sulla terra non scomparirà ma sarà trasformato dove si giunge dopo il trapasso. Nulla viene perduto. Non aggiungono altro. Ma dalle loro facce espressioni anche contentezza sono rassicurata che sarà coinvolgente scoperta. Tra l’altro infinita. Al che sommessamente rido con loro. Apprezzano.

 

5

Con i Morti bisogna, ASSOLUTAMENTE, ne va del rapporto che può instaurarsi, evitare ogni rimando colto a letteratura arti. Accettano soltanto qualche accenno alla musica. Non chiedo spiegazioni. Ma per come si muovono penso tra me che la musica l’accettino nelle conversazioni perché mi sanno devota di quell’ateo, a sproposito dato che son lì a testimoniare il contrario, di Schopenhauer e che dove stanno ci sia ritmo danzante o che la musica metti di un Mozart regga alcuni colonnati del Paradiso.

 

6

Questa è divertente. Un morto. Tra l’altro parente di mia madre. Mi ha sorpreso col suo umorismo. Non credo stia nella loro stirpe. Mi dice che l’anima di lui morto prima di volare dove è giunto compì un bagno di polvere come un uccelletto coscienzioso. M’è sembrata la battuta, involontaria, più divertente mai dettami da un trapassato.

 

7

La prima volta che mi apparvero i morti di famiglia ricorsi a Spinoza, che afferma, vado a memoria, di “non ridere non piangere... bensì comprendi”. Se in tale evento eccezionale cuore e mente possono mentire la compostezza spinoziana mi servì a che la freccia dello sconcerto nel mio petto ansante, e tossente, si sciogliesse come neve al sole. E poi dicono, i dogmatici di Roma, che la filosofia dei ritenuti, bollati anche, eretici non serva. Serve eccome.

 

8

i Morti che si fanno vivi con me, battuta svizzera, eh eh, li dirotto nel bagno io seduta sulla vasca loro in piedi, perché adombro che sono battezzata. Sorridono divertiti. Se li aspetto in camera, seduta sul bordo del letto, loro in genere si siedono più di uno sulle poltroncine, altri spericolati sull’armadio e i comò. Sembrate dei Cucù. Dico loro. Ridacchiano. Non si necessitano spiegazioni per come li ospito. Sanno. Camera. Amore. Eros. Sacramento Matrimonio. Ma non essendo sposata accettano il ruolo sacramentale dell’amante. La Bibbia parla chiaro. Questo andirivieni per stanze ci sono nella casa di Guarda. A Vecchiano cascinale mi evitano. Penso ci siano già in giro altri morti sovversivi comunardi partigiani e Lalo che amministra altre recite. Libertario Nardi, questo il suo vero nome, parla con me un vernacolo spassoso. Ciò lo taccio al figlio. A Fabio. Ne sarebbe geloso.

 

9

Nei Morti che frequento, familiari soprattutto, o bambini morti per incidenti, amici di scuola; il sensibile che ebbero l’intellettuale che vissero, sono come lenti colorate di colori diverse che si sovrappongono, sulle loro figure; e allietandosi loro quando accade, io stessa che li guardo; somigliano a figure nelle sale da ballo dove s’ascolta Disco Dance. Fanno spallucce se chiedo loro il perché. Non rispondono. Ho dedotto che come la musica da discoteca i colori su di loro sono accettati svago senza alcuna importanza ai fini dell’eternità felice.
 

NOTA

(Risalenti i più al 1980 ma senza data il curatore
sceglie di non datarli - cds)