:: Karoline Knabberchen: Poesie della quattordicenne. 40° della Morte |
1 PERDUTA ANTENATA Scintilla il marmo tomba dell’antenata che non conobbi quando vi batte sole d’Engadina. La massima corrosa dal tempo sembra alfabeto a me sconosciuto. Come specchio muto: cattura la mia immagine perché le tenga compagnia.
2 SGUARDI A ORE DIVERSE Cade la neve. Oh se cade. Nel giorno di dicembre. Il prato brillante a sera sembra pece dell’universo.
3 DOMANDA Il cane fedele gioca nello specchio tirato a lucido. Riflessi elastici della bestia e di me. Quale gioia resterà?
4 ASCESA PERFETTA Con l'ascensore salgo sù sù sù nel firmamento stellato. Colgo un mazzo di stelle. Ne ricavo grande sole. Lo porto in casa mia. A mamma e papà per la mia festa che loro si scorderanno. Neppure io so la data esatta per certe imprese
5 LUCCIOLE I raggi del sole si tuffano nel lago a Sils-Maria. Riemergano lucciole in cerca della notte. Venite venite nel mio giardino. Vi aspetto bionda luminosa preghiera. Venite.
6 SOLITUDINE Tramonto pavone gigante ruota sullo scuro bosco dai perduti colori. Giunge la luna nel silenzio rotto dal verso del cane. Che vide il pavone che teme non torni.
7 ESAGERAZIONE Scappò la luna dall’abbraccio dell’alta montagna. Occhio cecato dalla vetta sembrava piangesse. Se non salivi sarei morta.
8 SPAVENTO “Le stelle ricamo della notte”. Dice mia madre. Anche benda sul mistero di quanto non vedo, penso muta. Impaurita.
9 MESTIERE CERCATO Se fossi la cugina dell’Arcobaleno verserei i sette colori sui tetti del mio paese invece che sulle vette.
PREFAZIONE ALLE POESIE del 1973 CON AGGIUNTA NEL 1979 La professoressa mi dice che crescendo potrei diventare poetessa o scrittrice. Ciò perché svolgo bei temi e ha letto mie poesiole. Ho pensato che a me questo mestiere o destino non interessa come quello di diventare filosofa. Penso che nella filosofia, se medita anche sulla religione, ci sia tanta poesia e racconto. Perché dovrei accontentarmi di scrivere poesie e raccontini? Sarebbe come se volessi stare soltanto sulle rive dei laghi alpini svizzeri o sul lago di Como italiano. Invece io immagino la filosofia come un Nilo! Questo ho pensato prima di addormentarmi. Nel sogno che ne è seguito, accidentato e pauroso, rifiutavo il ruolo di poetessa, chiedevo la cattedra sul Nilo di filosofia. Ma poi le acque egizie si son allargate a dismisura; ci stavo dentro scivolando dalle dune cosciente che dovessi aggrapparmi a qualcosa. Ma era sabbia. Poi limo. Appiccicoso. Mi sembrava di stare nel mare. Di più in un oceano gelido. Il limo che avevo con me dal Nilo ho pensato fosse l’abito della filosofia a me concesso. Poi mi sono svegliata tossendo. Tremavo. L’urlo lanciato ha richiamato i miei genitori. Papà mi ha abbracciata e consolata. Mia madre ha esclamato: “Non star lì a raccontarmi il sogno che mi spaventi. Sono i nervi. Domani torniamo dalla psicologa. La docente deve smetterla di vederti come piccolo genio letterario. Poi vivi incubi. Ed devo svegliarmi per la tua agitazione. Troppe coccole, marito, torniamo a letto”. Non si smentisce mai. Penso. Fabio rileggendo queste mie carte, in saggia rima aggiunge, “non si smentiva e smentisce perché non gli importa di chi patisce. Tanto più se figlia. Ma se ti allontani da lei ti ripiglia”. Tra me ho pensato: ecco come il mio fidanzato sorridendo scandisce una verità. Come non essergli grata!? E innamorata?! Mia madre Gerda, se viene a Guarda, lo evita; e non solo perché italiano; ma perché è l’unico che la striglia se ne ha l’occasione. Poche parole a martello. Virtù e protezione che apprezzo. Falce che taglia le gambe alla presunzione elvetica reazionaria. L’ho detto a Fabio. Ha preso il mio riconoscimento come medaglia di eroe dell’URSS ai tempi di Lenin e Trotskij. Sì sì... sono innamorata di questo suo bambinesco incedere “proletario”. Praticamente è un uomo bambino contro cui mia madre nulla può. La bambina ancora Karoline la vince... il monello bolscevico no!
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