:: Karoline Knabberchen: Carne e Libro. 40° della morte. |
Una cosa è dire “voglio che non escludiate più da voi l’ammalato e la prostituta”, altra cosa presentarsi baciando con proprie labbra piaghe del lebbroso dividendo il bicchiere con la puttana; fare della propria vita molto più che un’esortazione, renderla testo vivente: il testo dato nella carne, nei sensi, nelle pulsioni, negli abbattimenti, nei disincanti, nelle rabbie, nei gesti e nelle commistioni di una propria intuizione essenziale. Altrimenti essa sarebbe destinata all’irrisolvibilità dialettica.
Fabio Nardi Quando Karoline scriveva questo frammento aveva 23 anni. Chi legge che sia sull’OV o su questo Social, KK ha migliaia di lettori senza avere un libro, potrà capire che per me fu l’incontro con amore poesia letteratura filosofia. Lo rivela stile e riflessione. Cosa volete me ne potessi fare, da allora, di altre voci filosofi letterati letterate che già invadevano di libri e presenze l’editoria in varia tipologia? L’unico che rispetto artista sulla morte dell’amata è MONET. La dipinse nel velo nel sonno mortale per ore e in diverse fasi della luce che scompariva piangendo disperato e pitturando. Io ciò l’ho fatto per 40 anni e continuerò con la parola e ogni altro mezzo. Perché amo una morta e prima o poi la ritroverò. Non ho mai pensato a pubblicare in libro qualcosa di Knabberchen che mi lasciò nei quaderni né testi che le ho dedicato. Disprezzo chi lo ha fatto e fa. Il celebrato poeta Milo de Angelis persa la moglie per malattia, non ancora inchiodata la bara, aveva già pronto il libro per Einaudi. Evidentemente preparato prima in attesa che agonia diventasse finale. Ecco io non appartengo a questa categoria. E Claudio Di Scalzo con me. Lo si sappia.
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