cds: "DOR STOR" - Omaggio a Theodor Storm
THEODOR STORM
MEERESSTRAND
Ans Haff nun fliegt die Möwe,
Und Dämmerung bricht herein;
Über die feuchten Watten
Spiegelt der Abendschein.
Graues Geflügel huschet
Neben dem Wasser her;
Wie Träume liegen die Inseln
Im Nebel auf dem Meer.
Ich höre des gärenden Schlammes
Geheimnisvollen Ton,
Einsames Vogelrufen -
So war es immer schon.
Noch einmal schauert leise
Und schweiget dann der Wind;
Vernehmlich werden die Stimmen,
Die über der Tiefe sind.
IN RIVA AL MAR
bianco-in-piume vola sulla baia
e la sera irrompe
sui banchi della sabbia
umidante
tramontante
riluce il sole
volatili svolano in grigio
filanti lungo l’acqua,
sembrano sogni le isole
nella nebbia marina.
ascolto i segreti sciaquii
dell’inquieta fanghiglia
solitario richiamo d’uccello -
sempre così è stato
di nuovo freme e ancora
lievemente e poi tace il vento –
si odono (ora) le voci
vaganti sull’abisso
ÜBER DIE HEIDE
Über die Heide hallet mein Schritt;
Dumpf aus der Erde wandert es mit.
Herbst ist gekommen, Frühling ist weit -
Gab es denn einmal selige Zeit?
Brauende Nebel geisten umher;
Schwarz ist das Kraut und der Himmel so leer.
Wär ich hier nur nicht gegangen im Mai!
Leben und Liebe - wie flog es vorbei!
BRUGHIERA
il passo (mio) sulla brughiera risuona
cupamente dal terreno l’eco mi segue
lontana è la primavera, la stagione autunnale è –
ci fu una volta un tempo gioioso?
nebbie dense danzano fantasmi;
l’erica appare nera il cielo è vuoto
non fossi mai giunto qui! Nel maggio!
tempo vitale e amore (tutto) è finito.
Traduzione di Margherita Stein
Margherita Stein traduttrice con occhio in vista l'altro buia pista
cds - 1978
IL MIO AMICO INVECCHIATO DOR STOR
Omaggio a Theodor Storm
e alla fidanzata Margherita Stein
Con Theodor Storm mi concedo di scherzare, fino a disegnarlo DOR STOR, perché lo conosco da lunga data: come poeta me lo presentò Margherita Stein, la mia fidanzata, nascosta, lucchese, che aveva preso a tradurlo in modo assolutamente infedele, come tu sei infedele alla tua poesia ufficiale frequentante il liceo, di nome Antonia Milk, mi disse, e come tu fai in camera oscura calco sulle ombre traducendo il paesaggio dello Schleswig-Holstein dove il nostro nacque. Concluse. Come scrittore lo conobbi acquistando a fine anni Settanta sulle bancarelle i volumi di una casa editrice che chiudeva la narrativa universale: la Utet. Volumi rilegati, in tela, con cartigli ottocenteschi. Cedevano il passo ai tascabili agili in grafica pop. Lessi “Immensee”. La novella d’amore. Amore infelice. Lì raccolsi il rametto d’erica che poi avrei ritrovato nella poesia “L’addio”di Apollinaire, e in una lettera di Dino Campana alla sua Sibilla. Ne ho scritto nell’annuario Tellus 27, “Dalla Torre Pendente alle Alpi”, in Biblioteca Domestica. Ci tornerò a scrivere a breve sopra. Adesso preme che Dor Stor descriva la città natia in riva al mare, grigia nei tetti e nelle nebbie, orecchiante la monotonia delle onde che cozzano il capo nel porto. Evocando, sembra, vibrazioni di presenze, nella fanghiglia, poco in accordo con le linde tovaglie domenicali, i conti in ordine dei commerci, e i canti di lode a Dio.
Accanto all’acqua sui cui filano piumati candidi a intorbidarsi nel rosso scuro dei tramonti sta la brughiera dove s’agita ogni aspetto friabile della felicità, se mai c’è stata!, nel suo trascolorare autunnale: la cifratura, ma anche armatura, del quotidiano sommato stormiano, si ribalta nella scomparsa d’ogni senso che il vissuto ebbe. Il suolo rimanda il rimbombo sordo di stabilità ma il sopra è secco, le piante, i frutti, e anche l’uccello nella sera sul mare - di casa di porto oh inganno - si perde nella nebbia, le sue piume son macchiate, e son pesanti nell’inverno che viene. Non avranno muta a primavera. Il mondo è inospite, sembra dire il vecchio che scende verso casa, e che tra poco, si chiama Reinhard, sedendo nel crepuscolo nella sua camera, vedrà l’ultimo raggio di sole lambire il ritratto di Elisabeth: la perduta Elisabeth, a cui consegnò un rametto d’erica a primavera. Nel luogo boschivo detto Immensee. Mi porti pure il lume, dice alla domestica, quanto contava l’ho visto in luce quando i miei occhi andavano d’accordo con il gabbiano che nessuna nebbia vinceva volando sul porto.
Claudio Di Scalzo