Claudio Di Scalzo
ACCIO E SARA ESSERINO IL 29 MARZO 2011
IN VISITA A PORTO MAURIZIO ALLA TOMBA DI GIOVANNI BOINE.
(Foto e diario narrativo della coppia pubblicato per il 107° della morte di Boine il 16 maggio 1917)
Sara Esserino il 29 Marzo 2011 in visita alla Tomba di Giovanni Boine
Foto cds
(Porto Maurizio, 29 marzo 2011) - Imponendo alla posa slittamento nel fotogramma-narrativo intrecciato alla figura di Giovanni Boine-Tomba Porto Maurizio, si riversa in essa un allestimento scenico di finzione. Il soggetto, io Claudio Di Scalzo il 29 marzo 2011, recita malinconia e frantumata lingua inconscia. La fotografia scattatami da Sara Esserino inoltre non racconta propriamente il mio soggiorno, a parte la vista di me stesso da parte di chi guarda, bensì diventa viatico a varcare la porta del Cimitero di Porto Maurizio dove Boine potrebbe dispensare altre tracce linguistico-visive: perché la sua tomba può proporre, avvicinandola con lo statuto della poesia della narrativa dell’aforisma, toh Frantumi, statuto ontologico nella pura nudità del marmo, e, delle frantumate ossa sotto.
Proprio mentre Sara scatta la fotografia immagino che potrei scrivere “LA STORTA VITA. CHIACCHIERA SULLA TOMBA DI GIOVANNI BOINE”.
Prima di alzarmi, esser preso per mano da Sara che fortemente ha voluto questo viaggio, di entrare nel cimitero, penso che la provvisorietà del nostro transito verso la tomba, l’accidentalità di fotografia sguardi silenzi, vanno verso quanto è stabile, fissato per sempre, in letteratura e vita: condensa ceppo croce.
Quando usciremo per tornare in centro ad Imperia, scendendo la collinetta, ascolteremo, Claudio, dall’iPhone la Cantata bwv 56 di Bach.
In essa due violini primi, noi due, io fotografo tu in posa; due violini secondi: noi due davanti alla tomba di Boine; coro con quattro solisti: rimando alla poesia narrativa filosofia politica di Boine; la concertazione sia quanto prima e dopo ricaviamo da questo incontro con l’ultima dimora di Boine, i madrigalismi, la custodia nel nostro inconscio come linee di febbre su malattia e morte che visse.
Le nostre mani nell’intesa delle dita sono l’intimismo, religioso, necessario alla visita: Bach riassumerà ascoltandolo questo nostro metodo, oggi, cameristico della visione del Sacro e insieme atto semplice di Custodia-Cura e rispetto come il velo che mi porrò sul capo.