Claudio Di Scalzo
Boine muore in due luoghi
(con accosto il glicine)
15 maggio 2017 - da "Giovanni Boine morente"
Seduto sulla balaustrata offro le spalle al mare e guardo il giardinetto, le panchine, vuote, i piccioni. Il fotografo si lamenta che sto con la testa troppo incassata nelle spalle. Sento che mi dice sotto il panno nero: signor Boine questa è una fotografia molto importante per lei. Non ne potrà avere altre di simili. Rispondo indolente. Mi permetto di dissentire, signor fotografo, abito a due passi da qui, posso tornare quando voglio e ripetere la fotografia. Immagino lei sia nei paraggi nei giorni di festa e ogni domenica. Ah, c’è soltanto oggi! E quindi non devo perdermi la sua arte di fotografarmi come si deve! Acconsento ma questo che vede son io, con la testa più o meno solita che posso raddrizzare, cosa cambia? Vuol lei darmi la postura giusta!? Faccia pure mi metta in posa come vuole. Sono un tipo paziente nei giorni festa, io. A quel punto con una botta, un pugno o una spinta non capisco, il fotografo mi spinge di sotto. E sento la sua risatina mentre precipito mischiata a parole del tipo: Adesso fotograferò la sua presenza seduto sulla balaustrata come si deve. Continuo a precipitare ma sono leggero come fossi composto di petali e poi toccandomi scopro che sono glicini che ho addosso e persino granaglie per i piccioni. Prima o poi mi fermerò mi dico. E la caduta va avanti parecchio finche plano davanti alla porta della mia abitazione. Porta socchiusa. Apro, vado di filato nel corridoio, entro nella mia camera scuotendomi di dosso l’ornamentale rampicante, che cade spandendo un odore, ma dovrei dire tanfo, di violetto macerato appassito. Nella caduta si son sgualciti penso, e ricordo che un tempo lontano passai ore delicate sotto una pergola vicina al Parasio. Ma con chi ero? Gli appare un volto e subito scompare. Come in un immagine riflessa nel vetro sul treno. Mi guardo attorno e sul letto, che sembra quello d'un malato attorniato da medicinali e dal pitale colmo d’orina gialla, c’è la mia fotografia sulla balaustrata. Allora non mi ha spinto di sotto il fotografo, allora non sono caduto, allora sono presente sia laggiù che qui!
Si sbaglia signor Boine, caro poeta, lei è caduto e a spingerlo sono stato io, dice il fotografo smisurato nella sua altezza tanto che deve piegarsi toccando il soffitto. Lei è assente da sano sopra nel giardino sulla balaustrata e da malato sul letto. Sennò perché ci sarebbe la sua fotografia. Ha capito poeta? Ha capito, sì o no, la sua assenza?
Rimettendo assieme gli spezzoni del sogno, il mattino del 15 maggio Boine seppe, uscendo per un attimo dai rantoli e riprendendo conoscenza, che la morte era vicina. E che era stato fotografato nel modo più adatto.
Infilata in piccolo specchio la fotografia di lui sano lo guardava mentre lui-agonizzante si spegneva. Col glicine che sulle lenzuola dava a quello ore un tocco di lutto straziante.
CDS
BOINE IN FOTOGRAFIA SULLA BALAUSTRATA BOINE SUL LETTO DI MORTE
(16 maggio 1917/2017)
Se nella fotografia appartenente a chi è morto, qui cento anni dopo a Giovanni Boine, le tensioni contrapposte - o la doppia natura del tempo? - dell’io rivelato sano e dell’io sognato precipitato nell’agonia, conducono al riordino della biografia, allora l’enigma della morte di un poeta trova soluzione. Cura. Conforto dal lutto. Che io che ne scrivo porto in questo maggio.
Il sogno della caduta, la fotografia al corpo assente sano, la sua rimodellazione nel corpo malato, segnano l’andirivieni della passione dolorante di Giovanni Boine negli ultimi suoi giorni. Nel maggio. Giovanni Boine muore nella messa a fuoco di quanto non è rappresentabile se non attraverso un sogno possibile, un plausibile galleggiante sull’agonia che spezza ogni immagina parola concetto logica. Soltanto la morte può operare una fotografia che sta su piani temporali diversi dando a un corpo il ruolo di due.
La morte nel fotografare chi lo merita, Boine lo merita!, è la migliore poetessa in circolazione in materia d’immagine che era-fu-sarà.
Tempo e Natura della poesia che abitò il corpo morente rivelano lo scavo che venne compiuto a insaputa dell’autore sopra i suoi polmoni. Boine si mise alla prova del destino e fu fortemente virile e folle da amarlo anche prima che si compisse. Accetta di precipitare sano per giungere malato di tisi all’agonia. La natura che lo devasta parla in lui, lo uccide, con la poesia. Nella finitezza e nella temporalità di soli trenta anni. La Morte è per certo una fotografa illustre, ma per riceverne in dono un sogno che incornicia per sempre l’immagine da lei completata, bisogna essersi guadagnati il servizio con una sorta di Santità nel Male. E Giovanni Boine questa visse nel maggio del 2017.