Sara Cardellino e Accio - 8 dicembre 2018
AMANTI IN GESSO IN CARTAPESTA
NEL BACIO CHE RESTA
DELL'OTTO DICEMBRE
CHE VERSO NUOVO ANNO S’APPRESTA
NELL'AMORE PER SEMPRE
(a Karoline Knabberchen, a Sara Cardellino)
-Accio… ci baciamo e la carta e la tela ne accoglie l’ombra colorata. Declinazione di baci per ogni tempo indicativo e congiuntivo, ah beh congiuntivo, e ogni futuro e ogni imperativo e ogni condizionale se mi viene il nervoso verso te… in raddoppio e a volte in rovescio, ah già il rovescio, dove io son dispettosa e tu che mi sopporti come un Paperino la sua Paperina e invece è spesso il contrario, … quando sei cattivo in tutta bontà… ma per l’otto dicembre e l’anno nuovo ti chiedo qualcosa di più scultoreo… in bassorilievo…
- Un’opera nel bacio come assolto reo dove ogni cattiveria mi levo?
- Proprio così… perché la Nada… mi ha portato, in gran segreto, all’armadio chiuso a chiave, del primo piano, dove tra le camicie che ti cucì, incredibile, scopro una madre che nel mettere la cifra, ricama “Accio” e non Claudio. “M’à fatto tribolà tanto, ir mi’ bimbo, e me l’àn chiamato Accio, per stramonallo e disprezzallo, e allora ce lo chiamo per riconoscigli che per me va bene anche se gliè controsterzo… a te posso dillo… è meglio di tanti che si dissero bravi e boni… e te l’affido Sara… io non campo più tanto… à bisogno d’una donna che lo prenda, finarmente, ‘osì com’è e che lo protegga… perché sennò perde sempre in tutto … lo fregano tutti e tutte… anche se nun’è di primo pelo… nun se sa difende… e gli spezzano le fionde gli aquiloni come quand’era piccino sull’argine der Serchio… e lui rifaceva tutto meglio di prima… ma ci soffriva a’ bestia… oh s’à sofferto ir mi Accio Claudio…una mamma le sà este ‘ose… m’ài inteso?... brava bimba veneziana… guarda ‘ì… queste le statuine del Presepio le faceva a dieci anni… di gesso e cartapesta e poi le disegnava… guarda questo san Giuseppe col viso der su babbo Lalo… e questo ‘avallino… e poi queste maschere per il Carnevale di vecchiano… i bozzetti… andò a Viareggio ad imparà… aveva una quindicina d’anni… poi venne la politia di Lotta Continua… e lascio perde tutto per ir mi armadio… ma non ò buttato via nulla… mi ‘iedi cos’è esta fotografia fatta con la polaroidde?... ir su segreto, erino i primi anni ottanta, e la bimba ‘on me nella fotografia… à avuto un destino tragio… bella ‘ome ne dipinti che stanno a Firenze… Accio m’à ditto ch’è morta d’una brutta malattia… ma ò sempre pensato che abbi voluto andà via da sé dar vive anche se s’amavino come ir pane col pomodoro stusciato…”
Ti riporto Accio come m’à parlato la Nada… e allora m’è venuta la voglia di vedecci che ci baciamo con la maestria, che non puoi averla persa, che usasti da adolescente, con la cartapesta. Me lo fai questo regalo Accio… me lo fai?...
Mi ci provo… in settimana scopro se il mestiere ce l’ò sempre o s’è rimasto tutto nell’armadio della Nada… ma vedrai che ci riesco… e lo faccio anche per la giovane svizzera che somigliava alle donne di Botticelli. Ci protegge da dov’è. Lo sento!
Karoline Knabberchen e Fabio Nardi
Claudio Di Scalzo
L’OTTO DICEMBRE PER DUE DONNE
Grazie a Sara, in questa mia data di compleanno, in immacolata nascita, di sette mesi, a rischio morte, posso ricordare, attraverso la testimonianza di Nada Pardini, mia madre, custodita dal Cardellino musicale, la figura tragica di Karoline Knabberchen (Guarda-Engadina 1959 – Isola di Austvågøy - Lofoten, 20 agosto 1984) che risiede nel mio cuore in immortale dedizione e amore e in quanto scrissi per lei e con lei in un “Canzoniere”. Che non conoscerà la stampa la pubblicazione nella sua intierezza.
Le semplice parole di una sarta, di Vecchiano, con la quinta elementare, fanno intendere cosa significhi il ricordo, la tenerezza, la comprensione del dolore estremo.
L’Olandese Volante s’inabisserà anche con KK e ogni scritto a lei dedicato perché così sono le sue volontà e le mie!
Sara Cardellino l'Otto dicembre 2018
Accio
RACCONTANDO A SARA CARDELLINO LA NOTTE DELL’OTTO DICEMBRE 2018
LA MIA AMICIZIA CON IL PAZZO (1949-2005)
Quand’ero bambino, Sara Cardellino, non venivano che pochi invitati al mio compleanno. I genitori non ce li mandavano. A festeggiare Accio.
Le cose cambiarono quando conobbi Paolo Fatticcioni detto Il Pazzo (1949-2005). Giunse nella mia vita un fratello simile a me
Conobbi Il Pazzo nella bonifica vicino al lago di Massaciuccoli-Puccini. Avevo dodici anni, e il mi’ Babbo, giocando a carte, alla Pergola, e perdeva, e aveva il nervoso, mi disse: avviati, al campo, che arrivo presto a caricare il grano. E allora accesi l’OM 42, diesel, e partii facendo i cinque km necessari. Per me era normale. Però di certo non per la polizia stradale. Ma tanto passavo in strade sterrate. E se l’avessi visti, avrei fermato il camion, chiuso la cabina, e mi sarei dato alla fuga. I contadini mi conoscevano, come Accio il figlio di Lalo, mi avrebbero aiutato con qualche scusa.
Quel giorno lontano parcheggiato il camion mi sdraiai sotto un ciliegio con le ciliegie tutte beccate dagli uccellini. Immangiabili. E allora adocchiai un altro ciliegio e stavo per salici sopra, quando una voce, da un trattore mi disse: cogli le più mature così me ne dai qualcuna. Era Il Pazzo.
Quando scesi gliele portai. Era nelle mie stesse condizioni. Lui guidava il trattore di su pa’. Come io il camion. Aveva quindici anni. Tre più di me.
Io so mandà anche l’automobile, mi disse. E allora facciamo un giro, gli risposi. E lui aggiunse spavaldo: prendiamo la Bianchina del pastore, ci lascia sempre le chiavi nel cruscotto. E ora è in collina. Così facemmo un giro sulle strade polverose che portavano al lago, ai retoni, e in certi piazzali anche alle puttane. Che ci salutarono divertite. Poi tornammo al campo.
Diventammo amici e lo saremmo stati per una vita. Lui era un escluso, lo chiamavano appunto Il Pazzo. E faceva l’apprendista barbiere. Io ero Accio, e anch’io non godevo di tante simpatie in paese. Lui abitava a Nodica un paesino a 1 km da Vecchiano.
Mesi dopo, con la Seicento che si era imprestata da suo zio, il Pazzo mi portò a caccia di frodo, a notte fonda, nella macchia dei conti Salviati. Una macchia che tra pineta lago campi andava da Bocca di Serchio fino a Viareggio. Tutto di una famiglia ricchissima. Che c’era già quando ospitava il D’Annunzio dell’Alcyone.
-E se ci scoprono le guardie dei Salviati?
-Cercheranno di arrestarci. Ma non ci scopriranno. Sono più furbo di loro.
-Ma se accadesse e fossero più furbi di noi, eh Pazzo?
-Allora bisogna fanni ‘apì che siamo più cattivi di loro.
-… e cioè. Che abbiamo il fucile e lo useremo…
- tutto questo per dei fagiani?
-Tutto questo perché loro sono dei servi della proprietà privata e noi prendiamo quanto è anche nostro.
-Sei comunista come ir mi’ babbo.
-Sì. Come mi pa’ anche. Prima della guerra e nei secoli passati i Conti Salviati e le loro guardie se ti prendevano con un fagiano un cinghiale t’impiccavano. O ti bastonavano a sangue! Ti sembra giusto? E lo stesso coi pesci? Ti sembra giusto Accio?
-No no! Stanotte riprendiamo quanto è nostro. E se arrivano saremo più cattivi di loro. Pensi vogliano prendere una fucilata per un fagiano?
-Bravo Accio, io con te mi c’intendo! E ora mettiamoci controvento. E stammi accosto, mai dietro, col fucile cario non si sa mai… accosto!
Paolo Fatticcioni detto il Pazzo l'ultima volta sulle Mura di Lucca
Paolo Fatticcioni
raccontò e ascoltò storie
nella sua barberia
tu che passi e qui sosti
aggiungi una storia al vento
al silenzio di questa stele
(Quando al campo sportivo la Coronella, sul fiume Serchio,
posammo la stele per Paolo detto Il Pazzo, mi chiesero se volevo metterci nome e cognome a firma.
Risposi che non serviva.
Chi passa di qui sa che è stato Accio a dettarla per un amico e compagno unico.
I più hanno maestri in scrittori e poeti e teorici, e così elevandoli pensano di imparare a scrivere e di capire la vita,
io l'ho intesa meglio grazie all'amicizia di un barbiere di gran talento)
TELLUSFOGLIO
L'Ultima volta con Paolo Fatticcioni sulle Mura di Lucca
(contiene tutti i link)