:: Ultimo Schubert per Karoline Knabberchen di Fabio Nardi - Sara Cardellino: Warum? di Schumann per Karoline.
30 Maggio 2017
Fabio Nardi
L’ULTIMA SONATA DI SCHUBERT LA PRIMA PER KAROLINE NEL MAGGIO
L’insonnia, i dolori alla glottide farfugliante le rimanenze dei cattivi sogni e l’inquietudine per l’estate che viene e che mi vedrà a Marinella sotto la pinetina e sugli scogli …mi ha buttato, ma dovrei dire spintonato, nella vita di Schubert; e ho fatto, Karoline mia Morticina, una scoperta fondamentale che mi ha, in una sorta di calcata mia biografia, anche sventata e assurda lo so!, sulla sua, fino a sentirmi in essa a casa, casa mia. Te la rivelo commosso.
L’aspetto fondamentale di tutta la sua arte posso riassumerla nel fatto incontestabile che non compose per dare a se stesso l’occasione di eseguire la sua musica. La gioia compositiva che il suo corpo riceveva stava tutta nel reale di un un salotto quattro mura in affitto. Al massimo da condivire con amici cari con le "Schubertiadi". La sua musica non diventa mai un “fuori sociale”. Né lui ha una pratica fuori dalla casa che abita sulla quale innervare la sua abilità compositiva, quanto crea nasce esclusivamente dal suo sistema nervoso piegato a febbrile e spesso malato nodo da sciogliere; voglio dire che Schubert non ha un "mestiere riconosciuto" come i maestri che l’hanno preceduto: stilo elenco: Palestrina il canto da chiesa, la pratica violinistica in Corelli e Vivaldi e Tartini; la prassi sulle gambe del clavicembalo in Scarlatti e Couperin; le geometrie dell’organista in chiesa e cappella da un anno all’altro e in parchi freschi di verde e d’artificio scoppio di Frescobaldi e Haendel e Bach; l’impegno direttoriale diligente astuto fino alle candele spente per addio di Haydn; l’incredibile conoscenza a ogni età di ogni tastiera del leggiadro Mozart e dell’arcigno Beethoven … l’infelice soggettività di Schubert non ha prassi in un luogo - Karoline mia stordisce la sua solitudine e stranezza! - fuori dai pochi metri dove vive o passeggia, dove articolare musicalmente bisogni desideri pulsioni nel vissuto sociale altro. Questa assoluta condizione di scrivere musica senza occasione di eseguirla, pubblicamente se non rare volte,mi porta stanotte ad abbracciare un fratello sommamente puro, e se nomino la purezza così ricavata come misura per segnare la grandezza di un artista e compositore: Schubert è il più grande di tutti pagando con l’infelicità e presto la morte questa sua simbolica e taciuta rivoluzione mite.
Nell’anno passato e ancor più nei mesi dell’anno nuovo, dall’inverno a questa quasi estate, la musica studiata forsennatamente, e che adesso so leggere e interpretare alla mia maniera per te, sempre più è, e sarà, per me altra lingua che tutto mi prende e solo con essa e con te che ne tieni filo, sento che mi posso salvare. Sono uscito dalla condizione del “Povero Musicante” di Grillparzer, sembrerebbe! Come Schubert inventerò per te ogni tipo di improvvisi di lieder che canterò da solo e ogni sinfonia incompiuta… e sonata e quartetti e poi andrò nel mio "Viaggio Invernale" senza tanti rimpianti… perché potrò ancora abbracciarti e avere ancora da vicino l’amore.
Ti cerco, e come sempre un po’ mi confesso, con questa lettera più fragile delle ali d’una falena, ma so che ti raggiungerà, per poi concedermi protezione, mia infinitamente Signora Ranocchietta che stai sotto al rampicante musicale di stelle, e se puoi guarda stanotte verso il basso mentre zoppico nello spartito dell’ultima Sonata D 960 per pianoforte, prima della morte, di Franz Schubert. Così potrai scoprire quanto sia migliorato nell’agitarmi nella musica, tu, che fin da bambina suonavi il violino.
Era il settembre del 1828 e insaziabili mosconi di mancate trasparenze picchiavano l’antenne sui vetri nell’abitazione di Franz Schubert. Il musicista sta terminando la sonata, ultima di tre, Sonata per pianoforte D 960. A volte ripensa a Theres Grob, soprano, a cui fu sentimentalmente legato e che è andata sposa, giustamente si dice, a un ricco fornaio, dato che lui non ha sostanze né mestiere di musicista riconosciuto. Quello che la gentilezza comprensiva estrema di Schubert verso l’amata che ha scelto un altro uomo, non può includere, lo avrebbe fatto tanto era buono al limite della stupidità, perché morirà tra qualche settimana, sarebbe stato il fatto, reale, incredibile, che la soprano un tempo cantante di messe solenni, che vivrà ancora per decenni, mai si renderà conto della genialità musicale del pallido innamorato che tenne a debita distanza. Schubert si alza, apre l’anta delle finestre i mosconi escono. Li guarda come fossero farfalle. Liberate. La signorina ora signora Theres aveva sofferto di vaiolo e ne portava segno, ma per me era liscia nel volto come una scultura rinascimentale. Si rimette nuovamente al tavolo da lavoro a ritoccare l’Allegro iniziale.
Affanni e amarezze e dolori al collo e alle braccia non traspaiono nella sonata. Certo i tempi sono lenti però essi consentono di formulare a Schubert il suo distacco da quanto visse travagliosamente; sembra quasi la sua una gioia nell’accettazione del fato, e senza che sapesse la data del suo definitivo “viaggio invernale” intuisce, il compositore fanciullo, che la Morte se verrà sarà una liberazione dalla sua avvilente e senza amore condizione terrestre.
Sono troppo crudo mia Karoline? Ma credimi in questi mesi sono nella postura adatta a provare simile distacco, senza alcuna recriminazione verso le diverse valenze, siano esse persone o atti subiti, della lunga vita che mi è stata data rispetto a quanto accadde a te il 20 agosto 1984.
Karoline Knabberchen
(Engadina, Guarda 17 IV 1959 - Lofoten Norvegia, 20 VIII 1984)
Tavola di Maurizio Rosenzweig
Schubert è stupendo e soltanto conoscendo il linguaggio delle sue scelte musicali se ne intende la portata sovvertente la tradizione. Non basta la biografia o le romanzate vicende, comprese le mosche scambiate per farfalle, o la sua ingenuità verso la soprano sbadata sul suo genio musicale. Perché non riconosciuto ufficialmente compositore a Vienna che fa eseguire le sue opere.
La Sonata D 960 se è la più profonda ed estesa sonata creata per pianoforte, essa collima con i nostri estesi, anche nei viaggi, cinque anni assieme. Il tono del primo movimento, Molto Moderato, rimane calmo e costante salvo alcune accensioni. S’avverte il congedo in atto dalla storia vitale con le sue fratture e iatture ma non traspare alcun risentimento verso quanto il compositore subì, dagli altri, o non fu in grado di raggiungere colpa di se stesso, per troppo candore riguardo al mestiere che non svolse, mai, di compositore riconosciuto.
Qui mia Karoline mi bascullo il petto nell’andirivieni della mia vita dopo la tua morte. Perché anch’io pur scrivendo e fotografando per decenni mai ho avuto uscita dal mio studio vecchianese. Schubert è rassegnato ma un filo di sorriso schiude le sue labbra quando pensa ai fantasmi d’amore a cui si concesse senza che si facessero di carne compagnia solido matrimonio vita di coppia. Anch’io mia Morticina ho avuto solo te e nessun altra donna dopo il gorgo delle Lofoten. Eppure ancora ricordo le mani intrecciate a Venezia a Pisa e Lucca ed anche a quelle isole malvagie che t’inghiottirono. Ma come facesti a sciogliere le dita senza che me ne accorgessi e andare sola all’appuntamento con la morte? Non stringevo abbastanza? Non avevo decifrato i tuoi silenzi? Avevo usato parole inadatte che confinavano con la commedia e non con il tragico?
Cosa può rivelarmi su quei giorni lontani su quelli odierni che scivoleranno verso il mare quieto di Marinella di Sarzana a breve, il Secondo Movimento nella tonalità liquida e umbratile del do diesis minore? Credo tutto. Non solo nel suono l’Andante sostenuto ha una poesia ineguagliabile, ma se guardo il manoscritto originale schubertiano sul movimento, lo contiene l’enciclopedia della musica che mi regalasti Karoline!, capisco che questo inchiostro scolorito che regge la partitura, assieme alla grafia che sembra una crepa, rivela come da un lacerto possa alzarsi un mondo intero di sentimenti ed emozioni. Esattamente come quando ritrovo una tua fotografia danese oppure alcuni tuoi scritti del Diario che chiamasti: “Formiche sui polsi”. Sono davanti al mistero assoluto della bellezza che si smarrisce rimanendo bellezza. Risento il palmo della tua mano sul mio petto, a Lucca, quando dicesti che così mi guarivi guarendo te stessa. Pressione da dare e da ricevere sopra ogni fibra.
Ecco perché la Sonata D 960 non è soltanto una composizione per pianoforte, bensì una trasfigurazione, d’ogni amore possibile per chi amore assoluto conobbe. Schubert per il suono io per te che sei sempre stata la mia poesia perché se la pronunciavo la custodivo e tu, Karoline, mi prendevi intero con tutto il mio sistema nervoso anche selvatico che nella partitura delicata è capace d’ inserire lo schiocco della frusta.
Karoline Knabberchen
(con insoliti capelli tinti castano)
a Vecchiano alla Messa
con Fabio Nardi
Mi perdoni Ranocchietta questo carattere che ti fece anche soffrire? Posso affidarmi allo Scherzo Allegro Vivace che viene? In questo maggio che ho pensato intraducibile nelle notti di legno vissute nelle albe radici divelte dei peschi fioriti che sogno! ci sono piccioni sull’aia dell’Elvira che aspirano a qualche granaglia di sublime pure loro.
Mi contagia la loro goffa andatura che poi era anche quella di Schubert piccione senza picciona. Questo movimento è adatto, Karoline a chi spiuma rasoterra qualche chicco rosso e per chi vola alto, rondine, rendendosi simbolo di quanto l’immensità accoglie di sincopato bianco di volteggiante nero. Cosa può il piccione rispetto a tale simbologia alta? A dispetto della goffaggine mi riconosco nel piccione! come anche Schubert era solito immaginarsi, soprattutto quando insegnava musica alla nipote del principe Esterhàzy, confido, anche Schubert vi confidò!, in una possibile leggerezza che rima con accettata grossezza sgraziata che nasconde il cuore agile invisibile a tutti. E che solo tu karoline mia hai "visto" e custodito.
Con questa rassegnata e destinale scoperta la Sonata giunge al finale Allegro ma non troppo. Il ritmo rallenta ma conserva brillantezza che dice, allegramente senza esagerare, stando composti: “è deciso si muore col vestito migliore”, allineandosi col primo movimento Molto moderato: il cerchio vitale della Sonata D 960 come della vita si salda, si conclude; in una straordinaria evidenza di stile che tutto ingloba della biografia del compositore e di chi, come me, te pensando, s’è ad essa accostato. Nel maggio stagione del muschio audace nell’ombra, dei giorni in rivelata luce oltre il fogliame nuovo che dicono: ora sai dove andare e come. Nell’accettata pagina tutta cantata e scritta di quanto vivesti. Tu Franz Schubert, io Fabio Nardi vedovo di una Ranocchietta mistica.
Sara Cardellino
SUONO PRESO IN PAROLA
1
WARUM? PERCHÉ?
Se Argo di Giasone è spiaggiata nell’ombra del suo mito; se l’Olandese Volante disalbera vivendo una colpa sconosciuta irredimibile al capitano Olandese; se lo scafo greco impavido vive la rovina e l’umiliazione della sabbia a corroderne l’avventura; se le vele del brigantino sono stracciate come pagine di un libro che non avrà seguito, allora è tempo che i due eroi di questa vicenda tragica ascoltino riunendosi nella notte primaria, per loro, la composizione per pianoforte op. 12 n. 3 di Robert Schumann “Warum?”, “Perché?”
Robert Schumann, il folle del Reno, ebbe in sorte di vivere musica - ne veniva invaso - in lui come linguaggio necessitante sia di rispettare le leggi costruttive del suono sia di evocare un mondo di miti che tendevano all’infinito. Risolse, o meglio si affidò soprattutto, all’impulsività ritmica vivendo in anticipo le estasi di Tristano e il misterioso incalzare di Sigfrido.
Questa tensione, che non risolverà, rendendola una nebulosa tragica, in tedesco Schwarmerei, ne stroncherà la salute psichica non riuscendo nonostante ogni slancio, impulsivo, a legarne gli estremi. Tra essi brucerà la sua esistenza nel suono.
Warum?, Perché?, se trasposto nella parola poetica questa scissione, che non trova risposta, esalta e poi rovina i personaggi di Giasone e dell’Olandese e del loro Autore. Il semestre terribile della tua vicenda in questo 2017 sta qui! in questa domanda!, e nell’inevasa soluzione, la Rovina.
Sara Cardellino scrive su Warum?
di Robert Schumann
L’impressionismo sonoro di Schumann con fusioni liriche traversanti una natura misteriosa atto a valicare gli schemi consueti, può dare requie a lui compositore e artista soltanto nelle “scene infantili”.
Tu devi andare nella “tua scena infantile”, a coglierne il mistero. Procedere a ritroso, tenendo a freno l’impulsività e usando ogni saggezza, per capire e guarire la tua follia estetica ed etica.
Non so se ci riuscirai Claudio. Le tue forze sono scemate e sei nel grigio dell’età. Altamente ferito. Ma è l’unica possibilità per avere risposta e salvarti. Warum?, Perché? Perché hai avuto in sorte questo destino di perdita nella tua navigazione?, questa vicenda di dolore di naufragio con navi solcanti la bellezza ardita aventi meta l’amore assoluto?
Ti sono accanto e per questo mi vedi nella musica e nel suo silenzio.
CDS: Karoline Knabberchen espressionsta
Claudio Di Scalzo
IL CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN
Il Canzoniere di Karoline Knabberchen, è un immaginario, per estensioni tematiche, che tiene in sé presupposti speculativi che sono anche carne e sangue, reale, di un’avventura poetologica e narrativa. Romanzo. Il personaggio di Karoline ha il cuore angelico oceanico, e può contenere anche altre firme, che ne dilatano il battito. Come per il fumetto e cinema e serie televisive auspico che altre firme ne scrivano un altro lemma, di questa partizione. Transmoderno.
Nel suo viaggio terrestre e da presenza oltre la morte Karoline ci dona il suo elenco di illusioni e allusioni perché noi si possa, io e Fabio Nardi, comporre l’atto consustanziale alla sua biografia con testi creativi che siano anche recita, preghiera, religione, alchimia. L’angolatura prospettica della storia di Karoline Knabberchen morta, taglia la parola personale perché accolga nella ferita un sistema di immaginario in dialogo con la prosodia, la cadenza, il respiro adatto ai nomi del reale e di quanto lo valica.
La presenza della "ranocchietta" saltellante Knabberchen, noi due, Claudio Di Scalzo e Fabio Nardi, la conduciamo nelle pieghe del mondo per danzare ogni rapporto di creazione linguistica come fuoco in-fatuato tra pagina stampata ed elettronica, sperando somigli a fuoco divoratore dei tempi a noi consentiti non spegnendosi. Scriviamo perché la voce di Karoline Knabberchen vinca ogni consumazione. E resti racconto per chi la vorrà incontrare.
L’arditezza si confà a questa scommessa, nostra, con la delicatezza di una giovane donna svizzera, che sostò a Pisa, nei primi anni Ottanta, e nel paese di Vecchiano, e che molto viaggiò nella sua breve esistenza (Guarda.Engadina 17 IV 1959 - Lofoten.Norvegia 20 VIII 1984), a volerne raccontare, nei generi più diversi, ogni reale extratestuale per proliferazione di eventi e apparizioni.
Dai rami del bosco a Guarda, dove Karoline nacque, arriva il muschio del tronco che s’affida a un nord perenne, e la fragranza scaldata dal sole autunnale dei rami a Sud. Se immaginate chi scrive che questo tronco abbracciano avrete il rigore circolare costruttivo che ci anima.
Però il poema necessità che il bosco e il tronco e i rami da noi scelti guardino il mare, e noi con loro, l’oceano e il cielo stellato che di esso fa calco nel visibilio di certe notti, perché noi cerchiamo una semantica della forma che sia pura, e il Sacro s’accosta soltanto all’immensità. In questo processo, e ci sentiamo molto antichi, le nostre identità si mischiano negli spazi vissuti a quelli da vivere, all'intreccio del già scritto a quanto verrà versato nell’abisso concavo dell’immaginario. E le nostre psiche avranno la loro morfologia - spacchiamo il presente nel passato e futuro, invertiamo i tempi - nello sguardo della donna svizzera che ci guida.
Ogni procedimento artistico diventa, se sposato, un anello da portare al dito indice con cui si scrive; io e Fabio Nardi nel Canzoniere di Karoline Knabberchen ne accettiamo che esso distringa la mano e le ossa e la pelle nella crescita del procedimento artistico perché ogni lacerazione reale abbia legittimazione nella trama iridescente della fascinazione di quanto verrà letto e guardato nell’opera avendo al suo stesso interno la finzione della poesia: perché ogni anello ti consegna a una fede e insieme ti lacera le falangi se mai volessimo staccarlo dall’impegno preso. L’amore per Karoline Knabberchen è per sempre!
La tensione nell’immaginario per Karoline è unificante. Come la paglia tagliata conserva l’oro e la recisione della falce.
Ogni rappresentazione porta con sé l’eterogeneità e sta alla tensione unficante – useremo la dialettica? – estrarre dal caos del “racconto” quanto ha forza detto mito del sacro nella vita nella biografia poi morte e quanto vale meno di un’ombra di scodella rimossa vuota dal tavolo.
Karoline Knabberchen raggiunse con Fabio Nardi, la tomba di Giovanni Boine a Imperia/Porto Maurizio. (Da questo viaggio la raccolta: Clikka: Karoline Knabberchen: La Resurrezione di Giovanni Boine) Una tomba può rivelare che quanto sembrava noto nasconde l’gnoto in cerca d’altro nome. L’esperienza stratificata nell’oblio del poeta ligure rivela che il nostro immaginario è sempre affamato di alterità, verso quanto si rivela dedizione, custodia, cura, e anche un gorgo nell’oceano può somigliare ad un fiore che ancora fiorisce nel circolo dell’eternità da depositare dove la pietra parla.
CDS: "KK all'ultimo sole"
PERSONAGGI PRINCIPALI DEL "CANZONIERE DI KAROLINE KNABBERCHEN"
KAROLINE KNABBERCHEN
Poetessa svizzera che studia letteratura e filosofia all’università di Pisa
e che si suicida venticinquenne alle Lofoten, Austvågøy, il 20 agosto 1984
FABIO NARDI
Fidanzato vecchianese di KK e artista fotografo dalla vena eclettica
LIBERTARIO NARDI
Babbo sempre evocato senza tomba fissa
ELVIRA SPINELLI
Madre di Fabio, sarta in ogni luogo apprensiva
ETEOCLE SPINELLI
Nonna di Fabio
ANDRI KNABBERCHEN
Padre dei pomeriggi in barca
GERDA ZWEIFEL
Madre severa, signora degli incubi
RUT ZWEIFEL
Nonna dei garofani rosa
UGO SENTITO
Filosofo misteriosofico
PIANO DELL'OPERA
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN VITA
Libro-Introduzione
"Le età dell'angelo svizzero Karoline Knabberchen - Diario Bagnato"
La freccia di sabbia. Libro Primo. Due tomi. Due piante nel nocciolo. Libro Secondo. Bave. Viaggiatori da Biblioteca. Ornitologia vecchianese ed engadinese da banco per KK. Libro Terzo. Due tomi Quaderno illustrato vecchianese. Libro Quarto. Viaggio intorno a un volto. Libro Quinto. Due tomi. Spuma sulla carrucola in risalita. Libro Sesto. Anello Rovente. Libro settimo.
KAROLINE KNABBERCHEN. CANZONIERE D’AMORE IN MORTE
Il verso annuale della ranocchia. Fiabe del camino.
Telegrammi sott’acqua. Candele spente. Come apparve la morte a Karoline Knabberchen. Libro ottavo
Karoline disegna. Libro Nono. Filosofia da baita. Proiezioni musicali. Libro Decimo. Tavolozza per Gaudio e Requiem. Cardiodramma. Libro Undicesimo
Fabio Nardi - Karoline Knabberchen. Epistolario. Lettere. Biglietti postali. Cartoline. Libro Dodicesimo La Resurrezione di Giovanni Boine. Libro Tredicesimo
Del “Canzoniere di Karoline Knabberchen” in trentasette anni sono stati pubblicati pochi estratti da “La freccia di sabbia”,
“Quaderno illustrato vecchianese”, “Viaggio intorno a un volto”,
“Cardiodramma”, soprattutto sulla rivista poi annuario Tellus, e sporadicamente in mostre collettive di poesia visuale negli anni Ottanta
CDS cura il racconto illustrato in versi e prosa e fotografia: "Karoline e il fotografo"
"Karoline Knabberchen (Guarda-Engadina 1959/Lofoten, Norvegia 1984) ad Amsterdam, 1984"
Foto Fabio Nardi. Copyright Claudio Di Scalzo - "Canzoniere di Karoline Knabberchen"
SULL’OLANDESE VOLANTE - Barra Rossa - ALCUNI CAPITOLI