"Velata di spalle in giornata" - Maggio 2017 - Sara Cardellino
Accio e Cardellino
VELATA FOTOGRAFATA IN GIORNATA IN NOTTATA
Maggio 2017
"Velata di spalle in nottata" - Maggio 2017 - Sara Cardellino
Il dittico per “Sara Velata in giornata in nottata. Presa di spalle presa nel petto”, del maggio 2017, gioca sopra diversi piani a partire dalla facile rima. Dalla parola “presa”. Pure nei rimandi a “Sara o la personificazione del lutto” di Antonio Corradini nella Chiesa di San Giacomo Apostolo ad Udine; ed alla Vestale velata di Raffaele Monti a Chatsworth House. Ove cito me stesso, del 1980, quando convinsi Margherita Stein, a impersonare “velazione” e velata (ne diedi notizia e immagine, decenni più tardi, su L’Olandese Volante Immaginario; nel Tellus 30 annuario transmoderno del 2009) in fotografia in scrittura riguardo, guardo caso, alla traduzione.
Anche questo dittico è un esercizio di traduzione? può darsi. Di certo rinuncia ad ogni qualifica di originalità. Chiunque può scattare due foto simili se ha una modella disposta (affetta da iconoclastia per fortuna in fasi alterne) ad indossare camicia bagnata o a porsi sotto a stoffa fine.
Dagli anni settanta e ottanta, quando come ortonimo ed eteronimo Fabio Nardi, mi dedicai molto alla fotografia, riuscendo nell’impresa di non esporre mai in una mostra esaustiva, salvo nel 1977 in episodica esposizione alla Galleria Nadar, a Pisa, presto chiusa catastroficamente con vendita di mura e attrezzatura, per saldare debiti a un volenteroso commerciante, che nella centrale zona di Piazza delle Vettovaglie, tra Borgo Stretto e Sapienza, ci impiantò un forno: lievitarono croste non la storia fotografica; da quegli anni dicevo cominciai a pensare che da come buttava l’immaginario nei media non fosse importante l’angolazione delle riprese e le soluzioni tecniche bensì la scelta del soggetto che inevitabilmente sarebbe apparso calcato su quanto l’aveva proceduto in materia di forma luce soggetto. Appena il fotografo sconfinava, ed era necessario secondo me accadesse, nelle arti nella letteratura.
Paradossalmente un intreccio simile su di un soggetto, in questo caso il corpo velato, finiva per suggerire una visione dell’evento - allora nel 1979 la statua la parola poetica; nel 2017 il corpo vivo di Sara Cardellino il silenzio - da diversi punti di vista. Imponendo la non necessità, quasi la scomparsa, della firma del fotografo.
La fotografia, ogni fotografia, ha in sé qualcosa di terribilmente anonimo. Si trattava per me, allora, oggi, di potenziare questo aspetto. La macchina fotografica, reflex allora, oggi digitale, o la lente nell’iPhone, non è che il riflesso dello sguardo che il fotografo, dilettante o professionista, posa sul mondo. Casualmente a volte è intenso a volte è superficiale. In questo dittico lo sguardo cerca la superficialità e la superficie e basta. Il resto lo compie il richiamo metafisico religioso erotico delle pieghe in stoffa, velanti, il corpo. Ma di ciò sia il fotografo sia la modella, vestale episodica, se ne infischiano completamente.
CDS: "Scacchiera che dà velatamente scacco allo scacchista" - 1980
(montaggio fotografico annuario Tellus "Nomi per 4 stagioni", 2009)
MARGHERITA STEIN E SARA NEL LUTTO. SULLA TRADUZIONE.
STEIN VESTALE ENIGMATICA
STEIN VESTALE ROSSA