CDS: "Margherita e Claudio a Viareggio. Estate 1978"
Edgar Allan Poe
IL CORVO
Traduzione di Margherita Stein
Viareggio, 20 giugno 1978
Caro dannato signore delle mie simboliste vicissitudini, ho tradotto per spaventarti “The Raven” di Edgar Allan Poe. Quando avrai terminato le tue “fatiche” erculee viareggine in qualche rilucente locale da ballo dove annebbi le tue perdute vocazioni rivoluzionarie e sprechi la tua arte nel “tutto” rivelato e “subito”, dacci un’occhiata.
Ho azzardato quasi un umoristico flusso joyciano nel tradurre abolendo, a più non posso, virgole e virgolette e punti e virgola. Dovresti, se il tuo pennello per me si degna, illustrare il poema con qualche Corvo strabiliante. Se i dipinti saranno di mio gusto inventerò “maniera” e “modi” per ringraziarti mio baldo avventuriero perduto nelle fumisterie del post-dadaismo all’italiana. Ad esempio: ci vieni con me, tutto a spese della gentil dama che sono, a Monaco?
Bacio con morso, tua fulgente Margherita Stein
CDS: IL CORVO DI POE
1978 - a Margherita Stein
Edgar Allan Poe
IL CORVO
Traduzione di Margherita Stein
Una volta vivendo la fosca mezzanotte mentre riflettevo fiacco e snervato
sopra alcuni bizzarri e strampalati libri d'una scienza obliata
mentre chinavo il capo quasi sonnecchiando d'un tratto sentii un colpo flebile
come di qualcuno che debolmente battesse picchiasse alla porta della camera.
È qualche visitatore mormorai che bussa alla soglia della stanza
questo soltanto e niente di più.
Ah! nettamente ricordo eravamo nel plumbeo dicembre
e ciascun tizzo nel fuoco morente proiettava il suo fantasma sul pavimento.
Freneticamente desideravo l’alba: invano avevo tentato di trarre
dai miei libri sollievo allo spasimo al dolore per la perduta Eleonora
che nessuno chiamerà per nome sulla terra mai più.
E il serico triste fruscìo di ciascuna tenda purpurea
dandomi trasalimento mi riempiva di timori fantasiosi mai provati prima
sicché in quell'istante per calmare i battiti del cuore andavo ripetendo:
è qualche visitatore che chiede supplicando d'entrare alla porta di camera.
Qualche tardivo visitatore che implora l’entrata nella mia stanza
è questo soltanto e nulla più.
Subitamente il mio spirito divenne ardito e non esitando più a lungo:
signore dissi o signora veramente invoco il vostro perdono
purtroppo sonnecchiavo e voi avete bussato così leggermente
tanto tenue è stato il vostro tocco alla porta della mia camera
che non vi ho udito distintamente.
A questo punto aprii interamente la porta
c’era solo la tenebra e nulla più.
Indagando quella profonda oscurità rimasi a lungo stupito e allarmato
sospettoso sognando sogni che nessun mortale mai ha osato sognare
ma il silenzio rimase intatto e l'oscurità non diede alcun segno di realtà
e l'unica parola pronunciata colà fu la sussurrata parola Eleonora
soltanto questo e nulla più.
CDS: CORVO BRUCIANTE
1978 - a Margherita Stein
Tornato al centro della camera,con tutta l’anima bruciante
ben presto udii di nuovo battere un poco più forte di prima alla porta.
Sicuramente pensai sicuramente è qualche cosa al graticcio della finestra.
Devo scoprire perciò cosa sia e svelare questo mistero
è certo il vento e nulla più.
Quindi spalancai l'imposta e con molta civetteria agitando le ali
s’avanzò un maestoso Corvo dei santi giorni d'altri tempi
egli non fece la menoma riverenza spavaldo senza esitare un istante
con aria da lord o da milady s’appollaiò sul busto di Pallade sopra la porta
s'accovacciò lì installandosi e nulla più.
Allora quest'uccello d'ebano spronando la mia triste fantasia a sorridere
per la sua grave e severa dignità dell’aspetto mi fece dire:
sebbene il tuo ciuffo sia tagliato e raso tu non sei certo un vile
orrido torvo e antico corvo errante lontano dalle spiagge della notte
dimmi qual è il tuo nome signorile sulle spiagge infernali della buio!
Rispose il Corvo: mai più.
Mi meravigliai tanto udendo parlare così in chiaro questo pomposo uccello
sebbene la sua risposta fosse insensata e data a sproposito
perché non potevo che ammettere che nessuna vivente creatura umana
mai fino a me fu “beata” dalla visione d'un Corvo sul busto in gesso di Pallade
con un nome siffatto: mai più.
Ma il corvo accoccolato solitario sul placido busto profferì solamente
quest'unica parola come se la sua anima in quest'unica parola avesse spalmata.
Nient’altro egli pronunciò nessuna piuma agitò finché nel tono
appena più forte d’un mormorio parlottai: altri amici m’hanno abbandonato
domani anch'esso mi lascerà come le mie speranze che già se sono andate.
Allora l'uccello disse: mai più.
Mi sorprese quel silenzio rotto solo dalla replica così a senso pronunciata.
Senza dubbio io dissi ciò ch'egli dice è tutto il suo sapere e la sua ricchezza
insegnatagli da qualche infelice padrone subente qualche spietata sciagura
manifestatasi sempre più rapida finché le sue lamentele hanno avuto
un solo ritornello finchè i canti funebri della sua speranza
ebbero il malinconico ritornello: mai… mai più.
Però il corvo spronando ancora tutta la mia infelice anima al sorriso mi spinse
a porre una poltrona con ricamato soffice cuscino sotto al busto ove stava
quindi affondandomi nel velluto mi misi a concatenare fantasia
a fantasia pensando che cosa questo sinistro uccello d'altri tempi
che cosa questo torvo inelegante terribile scarno e sinistro uccello
d'altri tempi intendeva significare gracchiando: mai più.
Così sedevo immerso a congetturare senza rivolgere una parola
al Corvo i cui occhi infuocati ardevano ora nell'intimità del mio petto
io adagiato vaticinando su ciò e su altro ancora, con la testa reclinata adagio
sulla fodera di velluto del cuscino su cui la lampada si dirigeva fissamente
ma la cui fodera di velluto viola che la lampada carezzava caparbia
Eleonora non premerà ah!... mai più!
Allora mi parve che l'aria si facesse più spessa profumata
da un incensiere invisibile agitato da angeli serafini i cui morbidi
passi tintinnavano sul soffice pavimento: disgraziato! esclamai
verso me stesso Dio per mezzo di questi angeli m’ha inviato
il sollievo… il sollievo e l’oblio per le mie memorie d’Eleonora!
Tracanna oh! ingoia questo dolce effluvio che memoria toglie
e dimentica la perduta Eleonora!
Ribadì il Corvo: mai più.
Profeta esclamai creatura del male! certamente profeta sei tu uccello
o demonio! sia che il tentatore diabolico t'abbia mandato sia che la tempesta
t'abbia gettato qui a riva desolato ma ancora indomito su questa deserta terra
incantata in questa visitata dall'orrore dimmi la verità ti scongiuro:
c’è un balsamo nella biblica Galaad? dimmi dimmi ti scongiuro.
Disse il corvo: mai più.
CDS: SCORVATO POE INCEROTTATO
1978 - a Margherita Stein
Profeta! io dissi creatura del male! certamente profeta sei tu uccello o demonio!
per questo cielo che s'incurva su di noi per questo Dio che tutti e due adoriamo
rivela a quest'anima oppressa dal dolore se nel lontano Eden
essa abbraccerà una santa fanciulla che gli angeli chiamano Eleonora
abbraccerà una rara e radiosa fanciulla che gli angeli nominano Eleonora.
Sia questa parola il nostro segno d'addio uccello o demonio! urlai scattando in piedi.
Ritorna nella tempesta e sulla riva infernale della notte! Non lasciare nessuna
piuma nera come una traccia della menzogna che la tua anima ha espresso!
Lascia inviolata la mia solitudine!
Sgombra il busto sopra la mia porta!
Disse il Corvo: mai più.
E il Corvo non svolazzando mai ancora si posa ancora è posato
sul pallido busto di Pallade sopra la porta della mia camera
e i suoi occhi sembrano quelli d'un demonio che sogna
e la luce della lampada raggiando su di lui proietta la sua ombra sul pavimento
e la mia fuori da quest'ombra che si stende ondeggiando sul pavimento
non si rialzerà mai più!
CDS: CORVO NEROFUMO
1978 - a Margherita Stein
Edgar Allan Poe
THE RAVEN
(First published in 1845)
Once upon a midnight dreary, while I pondered weak and weary,
Over many a quaint and curious volume of forgotten lore,
While I nodded, nearly napping, suddenly there came a tapping,
As of some one gently rapping, rapping at my chamber door.
`'Tis some visitor,' I muttered, `tapping at my chamber door -
Only this, and nothing more.'
Ah, distinctly I remember it was in the bleak December,
And each separate dying ember wrought its ghost upon the floor.
Eagerly I wished the morrow; - vainly I had sought to borrow
From my books surcease of sorrow - sorrow for the lost Lenore -
For the rare and radiant maiden whom the angels named Lenore -
Nameless here for evermore.
And the silken sad uncertain rustling of each purple curtain
Thrilled me - filled me with fantastic terrors never felt before;
So that now, to still the beating of my heart, I stood repeating
`'Tis some visitor entreating entrance at my chamber door -
Some late visitor entreating entrance at my chamber door; -
This it is, and nothing more,'
Presently my soul grew stronger; hesitating then no longer,
`Sir,' said I, `or Madam, truly your forgiveness I implore;
But the fact is I was napping, and so gently you came rapping,
And so faintly you came tapping, tapping at my chamber door,
That I scarce was sure I heard you' - here I opened wide the door; -
Darkness there, and nothing more.
Deep into that darkness peering, long I stood there wondering, fearing,
Doubting, dreaming dreams no mortal ever dared to dream before
But the silence was unbroken, and the darkness gave no token,
And the only word there spoken was the whispered word, `Lenore!'
This I whispered, and an echo murmured back the word, `Lenore!'
Merely this and nothing more.
Back into the chamber turning, all my soul within me burning,
Soon again I heard a tapping somewhat louder than before.
`Surely,' said I, `surely that is something at my window lattice;
Let me see then, what thereat is, and this mystery explore -
Let my heart be still a moment and this mystery explore; -
'Tis the wind and nothing more!'
Open here I flung the shutter, when, with many a flirt and flutter,
In there stepped a stately raven of the saintly days of yore.
Not the least obeisance made he; not a minute stopped or stayed he;
But, with mien of lord or lady, perched above my chamber door -
Perched upon a bust of Pallas just above my chamber door -
Perched, and sat, and nothing more.
Then this ebony bird beguiling my sad fancy into smiling,
By the grave and stern decorum of the countenance it wore,
`Though thy crest be shorn and shaven, thou,' I said, `art sure no craven.
Ghastly grim and ancient raven wandering from the nightly shore -
Tell me what thy lordly name is on the Night's Plutonian shore!'
Quoth the raven, `Nevermore.'
Much I marvelled this ungainly fowl to hear discourse so plainly,
Though its answer little meaning - little relevancy bore;
For we cannot help agreeing that no living human being
Ever yet was blessed with seeing bird above his chamber door -
Bird or beast above the sculptured bust above his chamber door,
With such name as `Nevermore.'
But the raven, sitting lonely on the placid bust, spoke only,
That one word, as if his soul in that one word he did outpour.
Nothing further then he uttered - not a feather then he fluttered -
Till I scarcely more than muttered `Other friends have flown before -
On the morrow he will leave me, as my hopes have flown before.'
Then the bird said, `Nevermore.'
Startled at the stillness broken by reply so aptly spoken,
`Doubtless,' said I, `what it utters is its only stock and store,
Caught from some unhappy master whom unmerciful disaster
Followed fast and followed faster till his songs one burden bore -
Till the dirges of his hope that melancholy burden bore
Of "Never-nevermore."'
But the raven still beguiling all my sad soul into smiling,
Straight I wheeled a cushioned seat in front of bird and bust and door;
Then, upon the velvet sinking, I betook myself to linking
Fancy unto fancy, thinking what this ominous bird of yore -
What this grim, ungainly, ghastly, gaunt, and ominous bird of yore
Meant in croaking `Nevermore.'
This I sat engaged in guessing, but no syllable expressing
To the fowl whose fiery eyes now burned into my bosom's core;
This and more I sat divining, with my head at ease reclining
On the cushion's velvet lining that the lamp-light gloated o'er,
But whose velvet violet lining with the lamp-light gloating o'er,
She shall press, ah, nevermore!
Then, methought, the air grew denser, perfumed from an unseen censer
Swung by Seraphim whose foot-falls tinkled on the tufted floor.
`Wretch,' I cried, `thy God hath lent thee - by these angels he has sent thee
Respite - respite and nepenthe from thy memories of Lenore!
Quaff, oh quaff this kind nepenthe, and forget this lost Lenore!'
Quoth the raven, `Nevermore.'
`Prophet!' said I, `thing of evil! - prophet still, if bird or devil! -
Whether tempter sent, or whether tempest tossed thee here ashore,
Desolate yet all undaunted, on this desert land enchanted -
On this home by horror haunted - tell me truly, I implore -
Is there - is there balm in Gilead? - tell me - tell me, I implore!'
Quoth the raven, `Nevermore.'
`Prophet!' said I, `thing of evil! - prophet still, if bird or devil!
By that Heaven that bends above us - by that God we both adore -
Tell this soul with sorrow laden if, within the distant Aidenn,
It shall clasp a sainted maiden whom the angels named Lenore -
Clasp a rare and radiant maiden, whom the angels named Lenore?'
Quoth the raven, `Nevermore.'
`Be that word our sign of parting, bird or fiend!' I shrieked upstarting -
`Get thee back into the tempest and the Night's Plutonian shore!
Leave no black plume as a token of that lie thy soul hath spoken!
Leave my loneliness unbroken! - quit the bust above my door!
Take thy beak from out my heart, and take thy form from off my door!'
Quoth the raven, `Nevermore.'
And the raven, never flitting, still is sitting, still is sitting
On the pallid bust of Pallas just above my chamber door;
And his eyes have all the seeming of a demon's that is dreaming,
And the lamp-light o'er him streaming throws his shadow on the floor;
And my soul from out that shadow that lies floating on the floor
Shall be lifted - nevermore!