Claudio Di Scalzo
"È L'ONTOLOGIA BELLEZZA!" esclama Giuda
Con frammento lettera di Antonio Tabucchi ad Accio sul Tradimento - 1998
Francisco Goya - Cristo nell'orto degli ulivi - 1819
Escuela Pias - Madrid
FRAMMENTO DI LETTERA DI ANTONIO TABUCCHI AD ACCIO (1988)
“… la letteratura impone una sua particolare crudeltà. Va usata con parsimonia. Prima verso se stessi e poi incorniciare, volendo, eventi fatti equivoci, giochi perduti rovesciatisi nel loro contrario. Vogliamo chiamarli amore amicizia fede ideologia? facciamolo. Tu Accio, dopo quanto ho saputo del tradimento che subì Lalo e anche tu da ragazzino (CLIKKA: " L'agguato a gennaio. Di padre in figlio con tradimento. Lalo Accio Tabucchi ”) cerchi chi ti tradisce. Non ti stupire: sei l’artefice del tradimento. Assieme a chi te lo porta. Ti tradiranno ancora: e sempre per amore. Dovevi leggere meno il Vangelo nei passi del Getsemani, non sapere a memoria le parole del Cristo, non conoscere i dipinti, come quello di Goya, (clikka): “Cristo nell’orto degli ulivi”, che vai a vedere alla Escuela Pias a Madrid. Avrai anche letto Borges e Conrad. Quando scriverai sul tradimento che subirai sarai una variante delle scritture che non scrissero questi autori. Non di quanto scrissero. E questo è il mistero della letteratura, forse della poesia che segna come labbra che portano la morte. Spesso le labbra hanno l’inchiostro che cola sul mento. Ti abbraccio. Tuo Antonio”
CDS: "Il bacio di Giuda nell'orto degli ulivi"
9 gennaio 2017
Claudio Di Scalzo
È L'ONTOLOGIA BELLEZZA ESCLAMA GIUDA
Stanotte ho sognato che con un mio amico pittore, più giovane di me di circa venti anni, affrescavamo, stavamo terminando l’affresco, di una scena del Vangelo, quella in cui Cristo suda sangue, perché sa del tradimento di Giuda. Nell'Orto degli Ulivi.
A sera siamo andati tutti e due a dormire nella baracca accanto alla piccola chiesa dei frati francescani che in cambio del nostro affresco ci davano vitto e alloggio. Al mattino svegliandomi non ho visto il mio compagno accanto. Mi son detto, sarà già coi pennelli in mano, è così volenteroso ed entusiasta di come procede il lavoro, e stima tantissimo la mia teologia maturata in anni di isolamento su queste colline selvatiche. Che poi trova vigore e sublime nella pittura. Quando lo conobbi stava muovendo i primi passi, ma parlo come un uomo del novecento in questo sogno?, in pittura. Claudio, mi disse, amico pittore mistico, accoglimi nella tua avventura, avventura? ma cosa sogno un romanzo con finale a sorpresa?, che voglio affrescare, con te!, il Vangelo i suoi episodi in queste chiesette dimenticate, lontane dalle tronfie teologie cittadine, e da ogni potere politico ove la chiesa se la fa con i Marchesi, che schifo!, seguiamo San Bonaventura L’Imitazione di Cristo, e Cristo che scaccia i mercanti dal tempio, e soprattutto la sua semplicità, il VERBO del bene della fedeltà dell’amore senza volere niente in cambio. Lo abbracciai commosso e iniziamo per anni a lavorare come ci eravamo ripromessi.
Entrato nella chiesetta ho visto la metà dell’affresco tolto. Portato via e così le sinopie e i cartoni preparatori. Non capivo. Mi girava la testa. Ha preso a sanguinarmi il naso. Ho chiamato i frati. Disperato per aver lumi.
Il fraticello anche lui sconvolto mi ha passato un piccione viaggiatore. Che nella zampina teneva messaggio: un comunicato breve.
In esso leggo che il mio compagno è stato chiamato ad affrescare la cattedrale della capitale. Curata da vescovi di gran lignaggio. Si nominano così ma sono dei simulacri vuoti di sofismi di fariseismo vanesio e perverso. E che la sua pittura sarà inserita in una teologia apposita elaborata dal sommo cardinale. E da importanti e dorati vescovi.
Ho preso il ciuco che trottava come un destriero nel sogno e son giunto dopo tre giorni in città. Son corso verso la cattedrale. Il mio amico s'è affacciato all’impalcatura. Mi ha guardato, poi ha chiamato, voltandomi le spalle, un assistente che mi gira un foglio. Il maestro non intende parlarti né scambiarsi con te. Qui c’è scritto tutto! Leggi e vattene.
In realtà c’era scritto ben poco. Il suo desiderio di dialogare con la gerarchia cardinalizia. E che l’affresco nella sua parte lui lo usava come voleva. E le parti mancanti mie le avrebbe ridisegnate lui. Tanto la teologia del cardinale era onnicomprensiva e glielo aveva spiegato in una "Lettera Calorosa". Motivo per cui aveva lasciato la chiesetta senza starci tanto a pensare.
Che pena immensa ho provato che sconforto! Allora ho gridato: "Ma perché mi fai questo?"
E dall’alto del palco mi ha risposto irridente: “È l’Ontologia bellezza. Fattene una ragione”.
Così con l’eco d’una frase di Humphrey Bogart in un film famoso son tornato alla piccola chiesa.
I frati mi hanno consolato. E si son detti disposto anche se scarsi di mestiere di rifare le figure del mio amico. Un fraticello giovane, dal bel ciuffo riccio, che prima era un vagabondo mendicante ladro che chiamavano Accio, ed ora per la sua fede candida: Accio Angelico, si era già messo al lavoro.
Maestro!, guardi, ho disegnato Giuda che bacia il Cristo. E il volto può riconoscerlo lo ha salutato l’ultima volta in città.
Poi mi sono svegliato e avevo lacrimato sul guanciale. Il sangue non era sudore ma il labbro che mi era morso dal dolore provato.