Claudio Di Scalzo
CANCELLO VERDE PINO NOCE MAGNOLIA
(Rimbaud dalla Nada Pardini)
Quando nei decenni passati, nei novanta, mi cercavano scrittori e poeti e poetesse, perché il mio amico vecchianese sosteneva convinto: “ormai sei nel giro che conta e t’aspetta una giostra di questuanti che però poi diventano lettori e sostenitori, seguaci insomma, ed è meglio trattarli bene e dialogarci al meglio”, alle loro richieste di coordinate per raggiungermi al telefono dicevo: “Quando arrivi in zona, chiedi di Accio il Figlio di Lalo e ti indicheranno dietro la Chiesa di sant’Alessandro un cancello verde aperto e dietro il cancello un alto pino e dietro il pino un frondoso noce e dietro il noce una magnolia e poi sulla porta che t’aspetto ci sarò io”.
L’interlocutore o l’interlocutrice rimanevano dubbiosi ma poi arrivavano perché le indicazioni funzionavano. Fra l’aoltro bastava chiedessero di Accio il figlio di Lalo a chi incontravano per strada o in piazza. E subito cominciavano a parlarmi di cultura, di libri che scrivevano, di amici intellettuali che conoscevano, di giornalisti che recensiscono libri, di libri da leggere di persone con cui scambiarsi per crescere culturalmente, e così via; e io invece parlavo loro di un amico barbiere di Nodica di come si pescano le telline in mare e nello studio facevo scoprire come Libertario detto Lalo mio padre aveva progettato un cancello a barre orizzontali scalabile perché anarchico odiava i cancelli. E quello l’aveva costruito per le insistenze della Nada. Ce l’hanno tutti diceva. E lui l’aveva fatto a scale un non-cancello. Ma i miei interlocutori s’infastidivano e poi se ne andavano. Non l’avevo trattati come s’aspettava il mio amico vecchianese. Se ne sarebbero lamentati. Non mi avrebbero più cercato. E io rimanevo solo con la mia letteratura libertaria. Solo!
Avevo però consegnato loro la mia epica paesana. Volevo capissero che, ammesso che, i libri stampati acquistati commentati siano importanti, più importante è avere un racconto orale che porta alla propria persona. Perché ciò è un dono che avevano gli eroi e le genti ai tempi dell’antica Grecia. Dell’Alto Medioevo. Per le gesta compiute oppure per le scemenze compiute. Accio il Figlio di Lalo. Però indicavo che questo racconto orale non ero il solo ad averlo, ce n’erano altri in paese. Con altri soprannomi. E questa era la democrazia della parola orale. Che si poteva frequentare in piazza chiacchierando o in conversazioni che narravano fatti bui e drammatici.
Un privilegio che secondo me vale ogni libro scritto pubblicato recensito. A questo ancora credo e sono passati venti anni. E oggi tutti possono pubblicarsi un libro e i siti e blog culturali sono migliaia e lì ci sono migliaia di poeti e scrittori che si commentano tra loro libri e quanto hanno stampato cercando di venderlo. Questi però non hanno un racconto orale. Non hanno una loro epica. E a me non interessano. Né li leggo né li frequento. Sono poi dentro una prassi estetica sbagliata, perché lil comunitarismo rivoluzionario futuro sarà appunto quello di ripartire dalle leggende orali dalle epiche scritte con ogni linguaggio. Dove potranno stare tutti. Anche chi ha la terza media e basta. Bisogna soltanto inventare Mezzi di produzione che possano far saltare la schiavitù capitalistica del web e dei social, e sul web ideare comunità libertarie di racconti orali e magari scritti ma partendo dalle vite non illustri. Come scrissi nel 2003 su di una rivista chiamata Tellus. “Vite con ribellioni rinomate e sconosciute”. Dove ad aprire le ribellioni era un compagno, un barbiere, Il Pazzo di Nodica ed a seguire Maupassant e i pittori D’Art Brut come Macréau.
Che rovescio incredibile!
Ma questa pratica proposta ieri come oggi – che poi è un sogno una chimera una follia ma è bello per me crederci e restarci fedele - la so protetta dal santo di casa Nada Pardini e cioè da Arthur Rimbaud. SI TORNA ALLA PAROLA dopo i balbettii come scrive ne “IL MATTINO” (una stagione all’Inferno) con segni nuovi e che dovrebbero venir su a galla da una RIVOLUZIONE. Sennò meglio il silenzio e la cancellazione.
Sennò è meglio come nella pioppeta che ho fotografato nel gennaio 2017, e posta ad illustrazione de IL MATTINO con il ritratto di un Rimbaud con la bombetta, stare tronco spezzato tra tanti dritti e ben nutriti dalle linfe culturali.
Questa mia vicenda di lotta nei segni che dura da cinquanta anni, iniziai a diciassette anni, mi piacerebbe che qualche sceneggiatore o fumettista compagno ricavasse un fumetto. Per stare tra le mani di ragazzi simili a me in una camera verdolina degli anni cinquanta accosto ad un granaio, ad un camion OM 42 diesel.