a cura Claudio Di Scalzo
Vittore Carpaccio: Il sogno di Sant'Orsola - cm 274 x 267 - Gallerie dell'Accademia, Venezia
Leonardo Sinisgalli
Un tiepido vento bianco ha spinto piano le porte e ha favorito la discesa dell’arcangelo, ne ha inclinato la esile freccia verde. La vergine dorme nella sua stanza aperta, la corona appoggiata ai piedi, la testa appoggiata alla mano. Il suo sonno è tondo come un uovo, un uovo che un’unghia non riesce a scalfire. Il suo corpo si allunga teneramente sotto i panni rossi, si allunga nel riposo, cresce bianco come una pianta nella penombra. C’è un libro che è rimasto aperto sul tavolo e nessuno ci dirà mai quali rime costeggiano i segreti di Orsola, quali versi l’hanno percorsa prima di dormire.
Sotto il baldacchino la vergine sogna dritta e attenta: l’angelo non le porta una spada ma una freccia più pungente da spingere decisa nel cuore. È inutile tentare con la nostra mano di ghermire un uccello nel sacco. Vedete, Carpaccio ci ha lasciato due porte, due finestre e una parete aperta per farci guardare. Ma chi oserebbe penetrare nella stanza sontuosa? Questa stanza è come una gabbia, come una grande uccelliera: non ci resta che guardare e ascoltare.
A spingerci oltre ci accadrebbe, come accade in sogno, di cadere miseramente, di scuoterci, di svegliarci e fare buio per sempre sulla nostra meraviglia. Ci verrebbe un accidente, come quando si entra nella notte in una camera oscura e si rompe un vaso o si rovescia l'olio del lume.
da Horror Vacui