CDS: "Chi era Edgar Allan?" - 9 febbraio 2013
POE E POEMA NEL DOPPIO
Per ora, mi chiamerò William Wilson. La pagina onesta che mi sta di fronte non verrà bruttata dal mio vero nome. Già troppo è stato oggetto di spregio, di ripugnanza, troppo è stato detestato dal mio sangue. Forse che i venti iracondi non hanno recato fino agli estremi limiti del globo la fama di un’infamia senza uguale? Rifiuto tra i rifiuti! Forse che non sei morto per il mondo? E la tetraggine di una nube densa e sterminata non si frappone eterna tra le tue speranze ed il cielo?
Questa è la voce leggendaria di chi fu preda di una segnatura tremenda e insanabile: la scissione del proprio io e di azioni nefaste che si moltiplicano in un gioco, orribile, di rispecchiamenti. A modularla sulla pagina facendola intonare a un certo Wilson fu Edgar Allan Poe. Lo scrittore americano non solo va letto, a partire da uno dei suoi racconti, preso a caso fra i tanti, ma bisogna farlo dimorare nella nostra biblioteca. Le pagine di Poe vanno tenute vicine con la stessa premurosa assorta dedizione che mostra l’erba novella sull’orlo del crepaccio. E’ uno scrittore che offre la vertigine perché esplora profondità capaci di donare echi di rivelazione. Il lettore di Poe, dei racconti dove compare il male, può contemplarsi dal di fuori nello smarrimento del peccato. Tanto William Wilson non è che uno specchio. Tutto parte nell’incipit da un nome condito con l’interrogativo. I nomi sono sempre imprigionati in qualcosa e la nostra stessa vita non riesce mai a scioglierli del tutto, ma quello del protagonista s’invischia nel delitto sul proprio doppio. Ride del nostro stesso riso William Wilson, frequenta gli stessi umori di noi tutti, perché la "sdoppiezza" è un grappolo che ci riguarda. Il racconto è una formula per morsicarci le labbra appena vediamo qualcuno che ci somiglia.
Sull'Olandese Volante, per la sua Biblioteca sui flutti, NARRAZIONI (dunque anche narrazioni di personaggi di biografie di opere) ospita l’uomo nato a Boston il 19 gennaio 1809, e forse è trascurabile la data della sua morte alle tre del mattino del 7 ottobre 1849 visto che come Baudelaire vivrà ancora diciotto anni. Ma questa è un’aggiunta spiritistica e un po’ argentina! che ha lo scarso valore di un post scriptum mai scritto. (cds)