"Cubismo tenue"
Karoline Knabberchen (1959-1984)
Foto Fabio Nardi
Karoline Knabberchen
PUNTO D’ARRIVO?
(da Filosofia da baita)
A volte medito, per puro gusto del paradosso, di recensire filosofi improvvisati di strada, che non scrivono libri che biascicano loro meditazioni negli incontri casuali dedicandole ad avventori di luoghi pubblici compresi gli orinatoi; costretta da questa vocazione ad aggirarmi in trattorie bar moderni pub; forse visitare filosofi carcerati che la chiusa acceca sul mondo come gli uccelli da richiamo; in conclusione aggirarmi presso un'umanità perduta. È roba irrecensibile questa?
Sarebbe la degna conclusione del mio gioco "Marca Schiller", eh già, la prorompente bellezza della teoria schilleriana, dell’Arte come prassi svincolata dalla Legge Morale vivendo Libertà; scrisse proprio così, controllate se non vi fidate; assimilabile alla Libertà Divina però non “seria”: senza alcuna remunerazione, manco di fama carriera, per svagarmi con le “apparenze” della vita ai margini. Unica mia variante è che non potrei svincolarmi dal "Bisogno" fisico, consigliato sempre da Schiller, perché amo uno di questi filosofi ciancianti vernacolo seppure studi all’Università di Pisa.
Sta scadendo l’affitto alla vocazione di studiosa della filosofia che un giorno versai. Lungo questo viottolo che porta al mare. Dimentico anche il pianto assieme ad Agostino. Ci sono sagome da sala operatoria nel paesaggio marino in giro. Stordita ascrivo quanto mi resta del linguaggio all’esercitazione obbligatoria di chiedere mangiare o bere o il tuo sesso. (Febbraio 1983)
ULTIMA FERMATA
1
Trovato lo spazio ove curo nevrosi
d’immaginata realtà
vivo trauma dell’avventura
sapendo il finale
2
Sulle labbra in equilibrio dinamico
frase citazione da Fichte
evoca il guizzo d’esorcismo
(domestico riscatto filosofico)
della resurrezione come larva
3
Dall’ultimo Schelling inedito
accolgo rivelati passi strascicati
nella sera vecchianese. L’amante
(in Val di Serchio nato)
fotografa laddove la vita si riflette
senza rivelare quanto Male
Dio sparse sulla Terra
avendolo in sé.
4
Febbraio è il mese dove il poco sole
sui pavimenti malmessi d’un cascinale
suggerisce quanto è Peccato quanto è Grazia
che insidia la Scelta. Questo val per me
Kierkegaard: convulso aliare di palpebre
sugli occhi sfatti dalla notte.
5
Il Caso nell’amore è ingordo.
non ha alcuna estetica da seguire.
Anche se fosse hegeliano
a rovesciarlo con Marx
non c’è dialettica materialista
che salvi dal dolore dell’abbandono
dalla pericolosità del colpo di fulmine.
E più il Caso non si sazia col soggetto
più sussurra carnose meraviglie
ed echi da grumi di armonie sugli scogli.
6
La scienza m’avverte con misure
inoppugnabili che l’orizzonte è curvo.
Mi viene incontro
(dalla linea marina?)
un limo d’inconscia umiliazione
risacca che sgromma residua dialettica.
Anche l’orizzonte del Bello di Schiller
come Natura formata desiderosa
di donare con cultura e arte sviluppo morale
sembra vada dritto allo scopo estetico
invece curva in qualche “boiata” consumistica.