Cds: "Bambino e Cardellino accanto al Golgota"
Vecchiano 10. IV. 2011
Epistolario di Karoline Knabberchen e Fabio Nardi
Canzoniere di KK
Fabio Nardi
FRAMMENTO DI CONFESSIONE
… mi hai amato Karoline perché son stato accanto al Golgota fin da bambino. Ho fatto lo stesso con te. Scoprendo la spina sul tuo seno. La tosse. E ancora ci amiamo. Tanto distanti. Che sembra follia anche una lettera come questa scritta ventotto anni dopo. Rileggo quanto scrivesti sull’Esercizio del Cristianesimo di Kierkegaard. Commosso. Felice perché un giorno aiutato da te fui, in alcune pagine con immagini, Il Posatore di Croci. E delle fotografie rivelarono come il Bambino ritto sulla Sedia e sul ciliegio più alto fosse stato sulla Croce. Mi hai amato per questo, nella sofferenza, nell’umiliazione. Oltre che nella spensieratezza. Lo scrivo in questa vigilia della Pasqua del 2011. Ascolta ancora la mia voce, il becco vicino, accogli la piuma che perdo nel volo scomposto da un ramo all’altro…
Tuo Fabio Nardi
manoscritto di Karoline Knabberchen
(Guarda-Engadina 1959 - 1984 Lofoten-Norvegia)
STARE SULLA CROCE IN CONTEMPORANEITA’ COL CRISTO
"Esercizio del cristianesimo" di Søren Kierkegaard
(…) E Lui, L’Umiliato, era l’Amore. (…) Ma no, tu vuoi essere sincero con te stesso e se qualche buon parlatore, in buona o in malafede, cercherà di ingannarti parlando con affascinante eloquenza della passione di Cristo o ponendosi con garbo presso la sua Croce - come spettatore per portare di là uno sguardo sul mondo, sulla storia, sull’umanità - tu non ti lascerai ingannare, non è vero? Tu penserai che se ci si pone o ci si mette sul serio accanto alla sua Croce, bisogna farlo nella situazione della contemporaneità; e ciò che altro significa se non di dover soffrire realmente con lui? Non si tratta di proporre soggetti di meditazione ai piedi della Croce, ma di essere noi stessi inchiodati a una croce accanto a lui, e lì riuscire a meditare! Pensa perciò - per la serietà della cosa o perché ne possa risultare una cosa seria - non a Cristo, ma anzitutto a soprattutto pensa a te stesso (Luc. 23, 28-30), di diventare tu stesso, nel tuo pensiero, contemporaneo con Lui. (…) Cosa penseresti d’un amante che non volesse legarsi all’amato se non dopo ch’egli avesse superato tutte le difficoltà e trionfato di tutti i pericoli? Che ne diresti se l’amata non potesse amare lui se non nella gloria? E’ mai questo un amare? Lo sarà anche, ma è un amare se stessi: è mai un vero amore, questo? Immagina due amanti: lui, l’uomo, ha dovuto nella vita attraversare vicende di una varietà indescrivibile: gli è toccato restare solo al mondo, povero sconosciuto a tutti, disprezzato, insultato. Ed ecco che poi la situazione si cambia: la sua causa ha trionfato ed ora è oggetto dell’ammirazione universale, corteggiato da tutti. E’ allora ch’egli fa la prima conoscenza della ragazza che diventa l’oggetto del suo amore. La ragazza quindi non ha nessuna colpa se non ha partecipato alle sofferenze con lui, poiché al tempo di quelle sofferenze neppure lo conosceva; ma se essa è l’amante ideale - si tratta di un’esagerazione, ma è l’esagerazione dell’amore - non si rimprovererà quasi come una specie di infedeltà, o almeno troverà il suo amore molto imperfetto per il fatto di non aver conosciuto l’amato al tempo delle sue sofferenze, vergognandosi quasi di dover partecipare soltanto alla sua gloria?
Ma nel caso di Gesù Cristo nessuno può dire di aver imparato a conoscerlo anzitutto nella sua altezza: perché chiunque lo impara a conoscere, lo impara nell’umiliazione e se impara a conoscerlo in verità lo fa solo nella sua umiliazione. E nemmeno si può dire con verità che non si può partecipare alla sua umiliazione, perché ormai essa è passata ed è passata da lungo tempo. No, se tu diventi suo contemporaneo nel suo abbassamento e se quello spettacolo ti spinge a voler soffrire con Lui: allora - e Cristo si fa garante per te - ti si offrirà certamente l’occasione di poter soffrire in somiglianza con lui.