CDS: "canagnello" - tecnica mista su carta - Tellus a colori - 25.XII.2013
Claudio Di Scalzo
CANAGNELLO
(Canzoniere di Karoline Knabberchen)
Se vedo un agnello sprofondare nella neve, che annaspa, perché sotto le zampe c’è il fossato gelato, e rischia di annegare se non venisse soccorso, e questo animale in pericolo l’abbozzo con muso tra il rosso dell’angoscia e il giallo del Natale, come risultato della vista - di cane da gregge delle mie espiazioni? - nel mattino di vita alpina, cosa sto disegnando? Quale estetica del gelo traccerei se rimanessi qui impassibile? Ma se dal reale di una corsa nella neve della piana, alle braccia che sollevano l’agnello, alle mani che si tolgono unti peli dalle dita posando il fradicio animale sulla paglia, torno alle matite alle crete, il dolore a cui mi sono ravvicinato, da Canagnello, palpitazione accosto a palpitazione, allora questo disegno non è soltanto un disegno. Intuisco, scosso, che non ho più bisogno, riconoscendomi animale che custodisce nello stesso segno il belato e l’abbaiare, di qualche sparso correlativo oggettivo né di chiedermi che rapporti abbia con l’estetica, con la teologia, con il male con il bene. So che vedendo un agnello mentre annegava sono corso a tirarlo via dal ghiaccio. E nel farlo ho salvato anche me stesso, In un giorno che più non ricordo in un mese che più non ricordo in un anno che più non ricordo ma ricordo ch’era Natale anche se finiva agosto perché quando sulla culla del nostro essere s’eleva la croce e non riconosci che il sangue macchia le bende di quanto di divino sgoccia sul tuo corpo e in quello di chi ami, perché non seppi riconoscere il belato che a me si rivolgeva né il corpo intirizzito di chi amavo in pericolo, avendo i sensi istupiditi ed ottusi, vista e mani non adatti, ciò rivelò e rivela ch’ero adatto solamente alla rappresentazione e non alla salvazione. Invece, oggi, la mia Karoline posso posarla sulla paglia mentre mi guarda riconoscente. Fradicio anch’io, però mi asciugherò, lo sono stato fradicio per decenni. Mi asciugherò. Perché Rina Rètis mi dice, sei un Canagnello, dovevi soltanto leggere il Vangelo in modo da mutarti in quanto a te si chiedeva. Senza rischiare di farti inghiottire da scrittura fantasma, che poi in essa ci rimase la donna che più ti aveva amato. E’ accaduto oggi. Ora raggiungimi, esci dalla baita alpina che voglio stringerti le mani, qui, su questo lungomare dove accanto una all’altra c’è la chiesa di sant’Antonio nuovo e la chiesa ortodossa di San Nicola, e la chiesa serbo-ortodossa e quella valdese. In ognuna di queste case troveremo un filo di paglia per noi sulle labbra. Per dirci quanto dobbiamo rivelarci, senza parlare, dopo un piccolo miracolo alpino.